L’Italia è la patria della cultura e dell’arte, detiene un inestimabile patrimonio storico e archeologico. Siamo inoltre un paese da sempre solidale, che si distingue per la generosità dei suoi tanti volontari: quello che chiamiamo Terzo Settore è un soggetto fondamentale del nostro modello sociale, della coesione della nostra società. Questa affermazione, tanto vera quanto sotto gli occhi di tutti, sembra non essere condivisa dal governo di destra: il disegno di legge di stabilità colpisce indiscriminatamente il settore della cultura e quello del non profit.
Sono previsti tagli ai musei, alla manutenzione e alla conservazione dei beni culturali, al mondo dello spettacolo, che subisce una riduzione del 40% al Fondo Unico. Il cinema, la musica, la danza, i teatri, i musei, i numerosi siti archeologici rappresentano una straordinaria ricchezza che ha reso grande l’Italia nel mondo. Sono una eccezionale potenzialità per lo stesso sviluppo. Minacciandone la sopravvivenza la destra dimostra di considerare questo immenso patrimonio solo un costo e non una risorsa. La cultura in Italia produce oltre 40 miliardi di euro del Pil e occupa 550 mila lavoratori, cui va aggiunto tutto l’indotto.

Anziché operare tagli autolesionisti, bisogna varare norme che rafforzino l’industria cinematografica; è necessario affrontare il problema della conservazione e della valorizzazione dei siti archeologici, molti dei quali si trovano in condizioni di preoccupante degrado. Dopo aver assistito alla vergogna del crollo dell’Armeria dei Gladiatori di Pompei, registriamo la preoccupazione per siti archeologici come la Domus Aurea e il Colosseo. Martedì scorso il Sole 24 Ore denunciava che i templi di Selinunte rischiano di crollare, necessitano di interventi «urgentissimi» per cui servono 150 mila euro. Per mettere in salvo tutta l’area è stato presentato un progetto da 11,8 milioni. É urgente promuovere nuove assunzioni e stabilizzare i giovani che già operano nel settore della conservazione dei beni culturali con impegno e competenza. Investire in cultura significa riattivare settori decisivi per il rilancio dello sviluppo del nostro Paese.

Se questo è il quadro per il mondo della cultura, non sta certo meglio il terzo settore. Il governo – nella legge di stabilità – ha ridotto ad appena 100 milioni il tetto massimo per il finanziamento del 5 per mille, rispetto ai 400 stanziati l’anno precedente.
In questo modo si prendono in giro i contribuenti italiani, si svuota la loro libertà di decidere sul come destinare una parte delle loro tasse. Sono due terzi quelli che hanno scelto di sostenere apertamente le migliaia di associazioni di volontariato che beneficiano del 5 per mille.
Il taglio è un colpo al cuore al terzo settore, tanto più grave per la tenuta di interventi di solidarietà e di giustizia, in una fase di crisi economica  grave, che porta con sé l’emergere di nuove povertà e di marginalità sociali.
Mercoledì scorso, con una lettera pubblicata dal Fatto Quotidiano, il ministro Tremonti si è preso un impegno esplicito. Bene: attendiamo ora fatti concreti e cioè che lo stanziamento per il 5 per mille torni ad essere di 400 milioni.

Due anni fa su iniziativa dell’Intergruppo Parlamentare per la sussidiarietà presentammo un disegno di legge bipartisan per rendere stabile il meccanismo del 5 per mille. Tutto è bloccato perché il governo non ha ancora quantificato le risorse per la copertura.
La cultura, l’arte, la solidarietà sono il “petrolio” dell’Italia. Il governo, espressione di una maggioranza di destra profondamente divisa, agisce non solo in contraddizione con le affermazioni roboanti che fa, ma soprattutto contro l’interesse generale del nostro paese.