Anche quest’anno, come ogni anno, si ripresenta il problema del finanziamento del 5 per mille, caricando di ulteriore preoccupazione tutto il mondo del Terzo Settore.
Ieri, con una lettera pubblicata dal Fatto quotidiano, il ministro Tremonti si è preso un impegno esplicito. Bene: attendiamo ora fatti concreti e cioè che lo stanziamento per il 5 per mille torni ad essere di 400 milioni, una previsione già al ribasso rispetto alla scelta fatta dai contribuenti.
Lo stesso Tremonti ha fatto riferimento alla circostanza che questa decurtazione è derivata dalla necessità di destinare risorse all’editoria. L’una non può escludere l’altro. Editoria e non profit sono settori che non si possono mettere in alternativa.
Questa emergenza, che si ripresenta ogni anno durante la sessione di bilancio, non avrebbe motivo di esistere se si completasse l’iter del disegno di legge bipartisan, che vede il sottoscritto come primo firmatario al Senato e Maurizio Lupi alla Camera, per rendere definitivamente stabile il meccanismo del 5 per mille. Un Ddl presentato ormai da due anni per iniziativa dell’Intergruppo Parlamentare per la Sussidiarietà. L’intesa fu che il percorso partisse dal Senato: nella Commissione competente fu dato all’unanimità via libera alla procedura legislativa di approvazione della legge, cioè senza passare per il voto dell’aula. Purtroppo, invece, tutto è bloccato perché il governo non ha ancora quantificato le risorse per la sua copertura.
Fino ad oggi il 5 per mille ha avuto, di anno in anno, risorse nella legge finanziaria, scelta che ha provocato numerosi problemi perché cambiano le risorse messe a disposizione e, inoltre, si procede alla loro erogazione con notevole ritardo. Vengono così meno le certezze sia ai contribuenti che ai beneficiari dei fondi volontari. La finalità del Ddl di stabilizzazione è proprio quella di definire una volta per tutte sia i tempi che il “quantum”.
La legge finanziaria del dicembre 2009 aveva previsto uno stanziamento di 400 milioni, rispetto ai 500 circa stanziati negli anni precedenti. Dunque, ben 100 milioni in meno. Non si tiene così conto della volontà dei cittadini che, nella dichiarazione dei redditi dell’anno 2008, per i due terzi avevano scelto di sostenere apertamente le migliaia di associazioni che beneficiano del 5 per mille.
Quest’anno si è toccato il fondo. La legge di stabilità che adesso è al vaglio del Senato riduce di tre quarti il tetto finora stanziato che passa da 400 ad appena 100 milioni.
Il taglio di 300 milioni è un colpo al cuore al Terzo Settore. In un periodo di crisi economica, come quello che stiamo attraversando, che porta con sé l’emergere di nuove povertà e di marginalità sociali, si tratta di un comparto decisivo per la tenuta del nostro modello sociale. Si parla di soggetti senza scopi di lucro, volontariato, università, enti di ricerca scientifica, sanitaria e così via. Il principio della sussidiarietà orizzontale viene così tradito in pieno. Il ruolo del non profit è un elemento portante del nostro welfare e dà lavoro a tanti giovani.
Così si viene meno a un patto che la società italiana aveva stretto con il Terzo Settore. Il governo ha già scelto le sue priorità, sono scritte nero su bianco nella Legge di Stabilità: le onlus e il settore del non profit non sono tra queste. Ancora, è assurdo, e sintomatico della considerazione che l’esecutivo ha di questi temi, che il governo non prenda in minima considerazione una proposta di legge trasversale fortemente voluta da membri di entrambe le camere e da schieramenti politici sia di maggioranza che di opposizione.
Il disegno di legge per stabilizzare il 5 per mille è serio, utile non soltanto alle organizzazioni del Terzo Settore, ma anche a costruire un rapporto di fiducia tra cittadini e Stato.