È passato poco più di un mese da quando Bersani mi ha nominato commissario del Pd del Lazio: il comitato regionale era da cinque mesi senza segretario e, per la verità, anche la gran parte delle federazioni aveva coordinatori o forme di coordinamento. L’esperienza dal punto di vista personale, è intensa, impegnativa ma anche di grande interesse: entrare nella realtà della Capitale e della regione arricchisce. Mi piace frequentare le realtà territoriali: finora ho incontrato i gruppi dirigenti di tutte le federazioni, i coordinatori dei Circoli della federazione di Roma, ho partecipato a diverse assemblee di circolo.

È utile capire la discussione che c’è tra gli iscritti, i rapporti esistenti con i cittadini: è una dimensione fondamentale per tutti noi che spendiamo un impegno a livello nazionale, sia nel partito che nelle istituzioni.
Certo non possiamo nasconderci le difficoltà. Il Pd nel Lazio in meno di due anni, ha registrato alcune severe sconfitte: al comune di Roma prima e alla regione poi. Un uno-due pesante dopo aver governato per anni regione, provincia, comune di Roma e quasi il 100 per cento dei municipi della Capitale, che per densità abitativa corrispondono ai comuni italiani di medie dimensioni.
Il Pd non ha saputo approfondire le ragioni delle sue sconfitte. Non si è capito in tempo che si era chiusa una fase alta di governo del centrosinistra, quella delle giunte Rutelli e Veltroni, grazie alla quale Roma e il Lazio sono stati in grado di parlare al paese, dando vita ad un vero e proprio modello.
È necessario ora costruire un progetto nuovo, incentrato su una sinergia inedita tra Roma e la sua regione.
Senza il Lazio, Roma non può svolgere pienamente la sua funzione di capitale d’Italia.
In questo senso vanno  pensati il nostro progetto di sviluppo, di mobilità, i centri di eccellenza universitaria, la riforma del welfare.

La destra non ha invece un progetto né per Roma né per il Lazio: ne cavalca al massimo mediocri spinte di contrapposizione, ne favorisce, consapevolmente o meno, spinte centrifughe.
Su questo teatro decadente si svolge la recita – talora convergente, talora dissonante, sempre inadeguata – del sindaco Alemanno e della presidente Polverini.
L’unità del Pd si realizza su questo terreno, quello della opposizione forte e di merito e della costruzione di un progetto alternativo per Roma e per il Lazio.
Quando in un partito non si discute, e non si è coinvolti nelle decisioni, finisce che ognuno si organizza come crede. Il mancato confronto interno ha accentuato, a mio giudizio, il problema della iper-frammentazione correntizia, che oggi limita e blocca le nostre potenzialità. Un grande partito come il Pd deve contenere al suo interno la diversità di culture e di esperienze, non solo di opinioni. Senza pluralismo il Pd non potrebbe vivere: anzi non può vivere nessun partito moderno.
Bisogna però fissare un punto: sono gli organismi dirigenti, eletti democraticamente dai congressi, le sedi delle decisioni. Le correnti ossificate, irrigidite, permanenti rappresentano un’esperienza negativa: impoveriscono e mortificano il pluralismo. Contengono in sé l’immobilismo di posizioni, diventano uno  scontro tra fazioni. Tutto si chiude in lotte interne ad un partito: il resto, i problemi prioritari delle persone, il rapporto con la società diventano secondari, se non irrilevanti.

Invece abbiamo il dovere di impegnarci su di essi e non di chiuderci al nostro interno.
A Roma e nel Lazio vi sono tanti giovani, donne e uomini, già in grado di assumere responsabilità di rilievo nella vita del Pd: il mio augurio è che rifiutino il correntismo come mezzo per emergere.
Il loro contributo può e deve essere quello di un diverso stile di far politica.
Nel corso delle mie visite nei circoli territoriali del Pd di Roma e della regione ho incontrato un partito di popolo, persone di tutte le età, serie, impegnate, con la passione della politica: davvero una risorsa  sulla quale contare.
Il Partito democratico del Lazio sta affrontando appuntamenti importanti e decisivi: i congressi dei circoli e delle federazioni provinciali; il 19 dicembre le primarie per scegliere i candidati a sindaco del centrosinistra; tra gennaio e i primi giorni di febbraio, quelle per eleggere il nuovo segretario regionale. È necessario accompagnare ai congressi iniziative politiche sui temi che sono al centro della vita quotidiana dei cittadini, in particolare il lavoro, la mobilità, la sanità, la scuola. Nell’assemblea nazionale a Varese abbiamo approvato un insieme di proposte programmatiche per il Paese: dal fisco alla green economy, dal lavoro – tornato ad essere la priorità delle priorità – alla scuola, dall’università all’impresa, solo per fare degli esempi. Le proposte programmatiche del Pd devono ora essere calate nel territorio, fatte vivere tra i cittadini, i soggetti sociali. Anche per questo motivo, il 10 novembre abbiamo incontrato le forze produttive della regione, alle quali abbiamo esposto le nostre idee per il rilancio dello sviluppo e le nostre valutazioni critiche sull’attività di governo della destra alla regione e a Roma. Il confronto con le parti sociali e il mondo della cultura e della ricerca è per noi una via maestra dell’azione politica.
Vogliamo non farne un episodio isolato, ma una costante.

Il Partito democratico a Roma e nel Lazio ha ancora un vasto consenso: se saprà sviluppare una opposizione forte, nelle istituzioni e nelle società, alle amministrazioni di destra; se saprà costruire un progetto di governo nuovo e alternativo, tornerà a essere protagonista alla guida della Regione e delle amministrazioni locali più importanti.
Intanto, di fronte ai fallimenti della destra, dobbiamo valorizzare le esperienze che al comune di Frosinone e alla provincia di Rieti, vedono insieme il centrosinistra e l’Udc.
È questa la nostra strada, a Roma, nel Lazio ed anche in Italia.