Vicepresidente del Pd al Senato. Dieci anni alla guida della Regione Toscana. Bersani ha deciso che sarebbe stato a lui a togliere dalle secche il Pd del Lazio, rimasto senza segretario, eletto con le primarie un anno fa. «Il mio è un incarico a tempo, vorrei contribuire a far tornare questo partito alla normalità e vederlo proiettato verso una nuova stagione di governo», spiega il neo-commissario Vannino Chiti, che usa termini medici per descrivere la situazione presente. Diagnosi, cura…

Come ha trovato il “paziente”?
«Il buono è che il Pd che sto incontrando nei circoli è in gran parte un partito di popolo, ci sono persone di tutte le età, e molti giovani che possono svolgere un ruolo di primo piano. Il male è una iperframmentazione ormai slegata dalle mozioni congressuali, che già non avrebbero più ragione d’essere dopo il congresso, e non riconducibile nemmeno ad aree politico culturali».

A che cosa è riconducibile allora?
«Quando in un partito non si discute, ognuno si organizza come crede. E’ avvenuto nel Pd del Lazio dopo la sconfitta alle elezioni comunali di Roma, a cui si è aggiunta due anni dopo la sconfitta alle regionali: è finito un ciclo, lungo e positivo, ora bisogna gettare le basi per aprire una nuova stagione di governo…».

Come si rimette in sesto un partito?
«Nei prossimi giorni partiranno i congressi dei circoli e provinciali, a dicembre faremo le primarie per scegliere i candidati sindaco del centrosinistra. E poi, tra gennaio e i primi di febbraio, quelle per eleggere il prossimo segretario regionale, la data la decideremo insieme. Nel frattempo, si tratta di fare la diagnosi e di cominciare a individuare la cura. Mi rivolgo ai giovani, in particolare: almeno loro non si rassegnino a iscriversi a questa o a quella corrente come via per emergere».

Renzi dice che sono i vecchi del Pd da rottamare.
«Per me un partito è grande se utilizza tutte le forze che ha. Ma se vogliamo parlare alle persone, giovani compresi, dobbiamo cambiare stile, far corrispondere valori, progetti e comportamenti, aprire una prospettiva politica. I congressi devono servire a questo: a restituire la parola agli iscritti (almeno un terzo delle direzioni provinciali saranno formate da loro), a favorire il rinnovamento e ad aprire la discussione sui grandi temi: lavoro, fisco, scuola, ricerca, etc. Lo schema individuato dal Pd a Varese va calato nel territorio. Nel Lazio affronteremo tre temi cruciali: sanità, mobilità e Roma capitale».

I manifesti del Pd dicono: “Polverini vuole chiudere gli ospedali”. Il Pd non li avrebbe chiusi?

«Dobbiamo mettere alle strette la destra sulle promesse non mantenute, sulla sanità come sulla sicurezza. Polverini diceva che non avrebbe chiuso un ospedale. Faciloneria elettorale. Ora ha disegnato un piano fatto con i piedi e non sa nemmeno se troverà il tempo di presentarlo in Consiglio regionale. E tutto incentrato su Roma, che oltre a essere la capitale ospita la Santa Sede e le sue strutture mediche. Mentre ci sono prestazioni che devono essere garantite in ogni provincia. Se la destra romana entra nel merito va a sbattere contro la Lega e su questo dobbiamo incalzarli: la Lega ha un approccio arcaico, il suo è un federalismo da mini-Stato ottocentesco, può al più pensare di portare qualche ministero in giro per l’Italia ma non è in grado di affrontare il tema di Roma capitale. E questo è un punto importante anche per Udc e Fli».