La disoccupazione in Italia continuerà ad aumentare e a fine 2010 ci saranno 480 mila persone occupate in meno rispetto al 2008. É la previsione del Centro studi di Confindustria. Le conseguenze della crisi economica continuano a colpire l’Italia e in particolare le categorie più esposte: i lavoratori, i giovani e le famiglie a reddito medio-basso. Lo studio, diffuso lo scorso 16 settembre, aggiunge che il ricorso alla cassa integrazione rimarrà alto per tutto il 2010 e che la ripresa dell’occupazione non arriverà prima del prossimo anno. Attualmente, secondo le rilevazioni dell’Istat, il tasso di disoccupazione è all’8,5%. Confindustria prevede che alla fine del 2011 questo dato raggiungerà il 9,3%. Una previsione fortemente negativa e seria, se si pensa alle gravi conseguenze prodotte dall’aumento della disoccupazione negli ultimi due anni. Se consideriamo il fatto che il Fondo Monetario Internazionale ha stilato una previsione di crescita dell’1% per il Pil italiano nel 2011, dobbiamo constatare che una ripresa solida è lontana dai nostri orizzonti. Confindustria prevede un dato un po’ più ottimistico – + 1,3% per il Pil nel 2011 – e aggiunge che procedendo con questo passo, «i valori medi del 2007 non si raggiungeranno prima del 2013, dato anche che è più di una impressione che ci sia stata una perdita permanente di attività e domanda. Alla fine del biennio 2009-2010 sarà del 3,7% il minor prodotto da recuperare».
Secondo l’Istat, a luglio si è registrata un’impennata nel numero di inattivi, cioè le persone che in età tra i 15 e i 64 anni hanno smesso di cercare lavoro: sono quasi 15 milioni, con un incremento di 76 mila persone rispetto a giugno. Va sottolineato un aspetto riportato dall’Istituto di Statistica italiano: questo alto livello di inattivi – il più elevato dall’inizio delle serie storiche dell’Istat, cioè dall’anno 2004 – è dovuto anche all’«effetto scoraggiamento».
Quando tanti cittadini hanno perso la speranza di trovare un lavoro regolare, di poter concorrere al progresso della società col proprio impegno quotidiano, significa che un paese attraversa una crisi profonda. É necessario un cambiamento di politiche e un forte impegno perché tutti possano avere un lavoro dignitoso.

Confindustria ha delineato uno scenario a tinte fosche per l’immediato futuro e ha ricordato che senza riforme la disoccupazione continuerà ad aumentare. É la prova del fallimento del governo di destra, che ci ha accompagnati durante la crisi economica con politiche del tutto insufficienti e seguendo l’agenda delle priorità personali del Presidente del Consiglio. Adesso, dopo due anni durissimi e con un quadro per il futuro che resta negativo, il governo e la maggioranza sono ancora impegnati nella ricerca di soluzioni alle loro divisioni interne. Si assiste anche al tentativo di un allargamento della maggioranza attraverso “l’acquisto” di parlamentari, con promesse di future candidature  o di posti nel governo.

É semplicemente una vergogna. Un parlamentare, come ogni persona, può cambiare opinione, ma il suo dovere, in quel caso, è quello di dimettersi. Questo dovrebbe essere un punto fermo, sempre: tanto più oggi che le liste bloccate dei partiti alle elezioni impediscono ai cittadini di scegliere i propri rappresentanti in Parlamento. Il rispetto per le istituzioni e per i bisogni degli italiani devono essere le linee guida di chi ha la responsabilità di governare. E lo devono essere anche per il Pd, forza decisiva per una alternativa di centrosinistra.
Anche noi dobbiamo imparare a  discutere senza apparire come divisi, in un confuso litigio. Non è così ma le apparenze in politica – e ancor più nella società dell’informazione – sono sostanza.
Chi guarda a noi vuole un Pd forte, unito, con un programma chiaro di alternativa a questa destra.

Dobbiamo ripartire con proposte innovative attorno a obiettivi di sviluppo sostenibile, per un welfare dell’uguaglianza delle opportunità, per una cittadinanza fondata sui diritti e sui doveri.
L’Italia è più grande della mediocre rappresentazione che ne fa questa destra: è possibile, se ci rimbocchiamo le maniche, avere un altro futuro. Il Pd deve saper dare questa fiducia, chiamare a questo impegno.