Osservando quali siano stati, negli ultimi mesi, i temi politici che hanno avuto il maggiore spazio sugli organi d’informazione – i titoli da prima pagina – emerge chiaro che qualcosa nel nostro paese non funziona. Il 4 maggio si è dimesso il ministro per lo Sviluppo Economico Scajola. Nelle settimane successive, un medesimo filone di indagine ha più o meno direttamente chiamato in causa il sottosegretario Bertolaso e Denis Verdini, uno dei tre coordinatori nazionali del Pdl. Tra il gennaio e il novembre 2009 il Parlamento ha respinto due mozioni di sfiducia, presentate anche dal Pd, nei confronti del Sottosegretario Cosentino, accusato da alcuni pentiti di essere un fiancheggiatore della Camorra. Le dimissioni di Cosentino, che rimane coordinatore del Pdl Campania, sono arrivate nei giorni scorsi per un’altra vicenda giudiziaria, quella che gli organi d’informazione chiamano “P3”. L’inchiesta ipotizza l’esistenza di una associazione segreta creata allo scopo di condizionare il lavoro delle istituzioni.
Nel frattempo a giugno abbiamo assistito alla assurda nomina del ministro Brancher, dimessosi pochi giorni dopo, senza aver avuto una sola attribuzione di incarichi nel governo, per la tempesta scatenata dal suo immediato ricorso al legittimo impedimento.
Per chiarezza: le eventuali responsabilità penali di questi esponenti politici verranno accertate dalla magistratura e nessuno è autorizzato a considerarli colpevoli di alcunché fino a sentenza definitiva.
Si pongono però alcuni problemi importanti: ragioni di opportunità politica, almeno in alcuni dei casi citati, avrebbero dovuto indurre il governo e la maggioranza o le persone coinvolte direttamente ad assumere decisioni che favorissero la chiarezza e la trasparenza.

Dalla montagna di inchieste che coinvolgono la politica emerge un quadro di malaffare diffuso, di continuo aggiramento delle regole e delle procedure, finalizzato all’arricchimento illecito a scapito dell’interesse dei cittadini.
Inoltre, un governo e una maggioranza impegnati di continuo in confronti interni – contraddistinti da forti contrasti – per decidere come gestire tutte queste emergenze, si trovano a trascurare le vere priorità, i temi importanti per i cittadini italiani. Dal 4 maggio ancora non è stato nominato il nuovo ministro per lo Sviluppo economico, un ruolo chiave per la politica industriale e per affrontare le innumerevoli vertenze in cui migliaia di lavoratori rischiano il loro posto di lavoro a causa delle crisi aziendali. Il 15 luglio l’Istat ha reso noti nuovi dati significativi: il peso della crisi grava quasi esclusivamente sui giovani. Le famiglie italiane in condizioni di povertà relativa nel 2009 sono state 2 milioni 657 mila. Tre milioni di persone vivono in condizioni di povertà assoluta.

Il governo, da oltre due anni, si mostra incapace di fronteggiare la crisi, varando provvedimenti insufficienti a superarla e ad avviare un nuovo sviluppo. Come se non bastasse, il confronto parlamentare su queste misure viene cancellato dal sistematico ricorso ai decreti legge e al voto di fiducia. Niente è stato fatto per tracciare una via di uscita stabile che ci porti verso uno sviluppo sostenibile e duraturo.
L’Italia non ha bisogno di governi poco credibili e autorevoli ma di governi che abbiano un progetto serio per rilanciare l’Italia.
Non possiamo sapere quanto tempo in questa legislatura il governo Berlusconi continuerà a stare in sella, ma una cosa è ormai chiara: ha fallito. Non è all’altezza della sfida posta dalla crisi e non ha un’idea in grado di dare all’Italia un futuro degno.