L’Italia vive una fase di forte difficoltà economica: molti dati testimoniano una situazione di sofferenza della maggior parte degli italiani. Di fronte a questa realtà il governo non vara misure di sostegno ma, anzi, impone al Parlamento il voto di fiducia su una manovra che peggiorerà ulteriormente le condizioni di vita dei lavoratori dipendenti, dei pensionati, dei cittadini che hanno redditi medio-bassi.
Al tempo stesso, non investendo in un nuovo sviluppo, il governo priva di futuro i giovani.
In base ai dati diffusi dall’Istat lo scorso 8 luglio, nel 2009 la spesa per consumi delle famiglie italiane è diminuita dell’1,7% rispetto all’anno precedente. In particolare, gli italiani hanno ridotto del 3% la spesa per i generi alimentari e le bevande. Per far fronte alla crisi, si risparmia sui beni di prima necessità! Nello specifico: la percentuale di famiglie che dichiara di aver diminuito la quantità e/o la qualità dei prodotti alimentari acquistati è pari al 35,6%. Tra queste, il 63% dichiara di aver diminuito solo la quantità, mentre il 15% di aver diminuito anche la qualità. La diminuzione riguarda la spesa per pane e cereali, oli e grassi, frutta e ortaggi, zucchero e caffè.
Anche in questo caso a pagare il maggior dazio è il sud Italia, dove la spesa media si è ridotta da 482 a 463 euro.
Tra gli altri tagli cui hanno fatto ricorso le famiglie spiccano i servizi sanitari e i trasporti: si spende meno per medicinali e visite mediche ed è diminuita la spesa per l’acquisto di carburanti.
Secondo la Confederazione italiana agricoltori, due famiglie su cinque sono state costrette a tagliare la spesa alimentare, tre su dieci comprano soltanto prodotti in offerta, sei su dieci hanno cambiato il proprio menù.

Nei giorni scorsi l’Istat ha diffuso anche gli ultimi dati relativi al lavoro, aggiornati al mese di maggio. Anche qui, nulla di positivo. Mentre il tasso di disoccupazione complessivo è dell’8,7%, quello relativo ai giovani continua a crescere e si avvicina addirittura al 30%: attualmente è al 29,2%. Sono numeri drammatici: 1/3 dei nostri giovani non trova un lavoro e non può programmare il proprio futuro.
Le persone che sono in cerca di occupazione sono 2,173 milioni, in aumento del 15,5% rispetto al maggio del 2009.

In questo quadro, da parte della destra è irresponsabile imporre una manovra che graverà quasi esclusivamente sui bilanci di Regioni, Comuni e Province:  i tagli imposti a loro ammontano a 14,8 miliardi, il 57% del totale. Saranno a rischio le misure di sostegno alle piccole imprese e i servizi da erogare ai cittadini a livello locale: asili nido, scuola, trasporti pubblici, ambiente, sanità, assistenza.
Le critiche delle Regioni e delle Autonomie Locali sono giuste: così la situazione è ingestibile.
Nelle aspettative del governo 6,7 miliardi di euro dovrebbero arrivare dal rientro dei capitali dall’estero e dalla lotta all’evasione fiscale. Ci si poteva pensare prima, dal momento che in questi due anni abbiamo registrato 5 miliardi di minori entrate fiscali, che non si giustificano solo con la crisi economica. È mancata una seria lotta all’evasione. I capitali illegalmente esportati all’estero sono stati “graziati”: hanno pagato per il rientro una misera tassa del 5%. Una delle proposte avanzate in questi giorni dal Pd è di portarla al 10% ma il governo non ci sente.

Ai ministeri si tagliano appena 3,4 miliardi – il 14% dell’ammontare complessivo della manovra – e in maniera lineare, senza cioè neppure la capacità di scegliere le priorità. La fiducia posta al Senato conferma l’incapacità del governo di farsi carico di un confronto: con le opposizioni, con le forze sociali, con le Regioni. Il Paese ne avrebbe bisogno, per ritrovare la fiducia, rimboccarsi le maniche, uscire  dalla crisi. Ma il governo di destra non è all’altezza: non ha un progetto per l’Italia e scambia l’arroganza per autorevolezza.