Secondo la manovra finanziaria varata dal governo, chi ha un reddito alto – 100 mila euro piuttosto che 1 milione – non pagherà nulla in più di prima. È giusto? No. Per poter dire che “non si mettono le mani nelle tasche degli italiani”, il governo non chiede un contributo a chi sta meglio, non impone una tassazione di livello europeo sulle rendite: toglie denaro ai dipendenti pubblici, risorse a Regioni e Autonomie Locali, costringendole a tagliare servizi essenziali per i cittadini o a innalzarne il costo. La conseguenza è che diminuisce il potere d’acquisto di milioni di lavoratori, crescono le spese per i servizi pubblici, aumenteranno le imposte locali.
Senza gli sprechi e gli errori compiuti dalla destra in questi due anni, la manovra poteva essere più leggera: 5 miliardi di euro ci costano le minori entrate fiscali e altri 5 l’incremento della spesa corrente dei ministeri.
Inoltre, mentre l’Italia con molta fatica cerca di uscire dalla crisi, la manovra del governo non contiene provvedimenti di sostegno all’occupazione e per lo sviluppo. Il risanamento dei conti non è alternativo alla crescita sostenibile. La politica di bilancio è parte di quella economica.
Per questi motivi la Cgil ha indetto uno sciopero generale per oggi, sia nel settore pubblico che in quello privato.
I lavoratori italiani sanno che i sacrifici sono necessari e sono disposti a farli ma a condizione che paghino tutti sulla base del proprio reddito e dunque anche i più ricchi.

Il mondo del lavoro chiede che si affronti il dramma della disoccupazione crescente e del precariato, due realtà che minano non solo la serenità delle famiglie, in primo luogo dei giovani, ma il futuro del paese. Quando diversi esponenti del governo dicevano che l’Italia non era in crisi e che stavamo meglio di altri paesi europei, non si accorgevano che quasi un milione di italiani aveva perso il lavoro?
È fondamentale per il paese che i sindacati ritrovino l’unità: le divisioni indeboliscono i lavoratori e le forze politiche progressiste.

Il PD ha presentato le proposte per una manovra alternativa. A suo fondamento sta la scelta per un nuovo sviluppo, per il lavoro e l’attenzione all’equità, senza le quali non ci può essere il risanamento dei conti pubblici.
Vogliamo puntare sulle liberalizzazioni per carburanti, farmaci, professioni, banche, imprese, energia; sulla riforma del fisco, per spostare il carico dal lavoro e dall’impresa sui redditi evasi e sulle rendite da capitale; su di un allentamento del Patto di Stabilità Interno per evitare a Regioni, Province e Comuni pesanti tagli agli investimenti, nei servizi sociali, e nelle politiche di sostegno delle imprese; su nuove forme di aiuto ai giovani precari, che restano senza una occupazione.
La scuola è una priorità: senza formazione e ricerca nessun paese ha un domani degno.

Come ho già sottolineato, per trovare le risorse necessarie il PD indica misure per l’efficienza nelle pubbliche amministrazioni; contrasto all’evasione fiscale e contributiva; allineamento della tassazione dei redditi da capitale – tranne i bot – su un’aliquota del 20%.
Personalmente ritengo che la Cgil abbia ragione nel rappresentare il disagio del mondo del lavoro e nel battersi per sacrifici equi e per un rilancio dello sviluppo su basi nuove. Si doveva non scegliere la via dello sciopero?
Per poterlo fare occorreva un governo realmente impegnato in un confronto con le parti sociali. La destra voleva solo informare delle sue scelte e avere il sì. A prescindere…