La manovra economica è stata approvata dopo tanta confusione e incredibili incertezze. Questa finanziaria non va bene nel merito, ma il metodo con cui si è pervenuti alla sua versione definitiva è altrettanto negativo.
Martedì scorso il Governo annunciava che il Consiglio dei Ministri aveva approvato il decreto contenente le misure di risanamento economico. Da quel momento abbiamo assistito a un inaccettabile balletto di annunci e smentite sui contenuti del decreto da parte del Presidente del Consiglio e di altri esponenti del governo e della maggioranza. Dal taglio di alcune Province ai ticket sanitari, dalla riduzione dei fondi per la Presidenza del Consiglio alla riorganizzazione della Protezione Civile, molte norme importanti sono state oggetto di confusione, contraddizioni, mancanza di responsabilità all’interno della destra che ci governa.
E’ inammissibile che un provvedimento ufficialmente approvato dal Consiglio dei Ministri sia stato per diversi giorni, fino a sabato scorso, oggetto di trattative e modifiche tra i vari ministri. Il Presidente del Consiglio ha incredibilmente annunciato che non aveva ancora firmato il decreto, inviato però al Presidente della Repubblica, e poco dopo Palazzo Chigi precisava che, invece, Berlusconi aveva apposto la sua firma. Nel governo, sono in pochi non solo a decidere e a contare, ma anche a sapere: la Lega, attraverso lo stesso Tremonti, comanda; gli altri, dopo, tentano di strappare qualche modifica per i loro ministeri.

Se il metodo fa acqua e mostra la mancanza di una strategia per far fronte alla crisi, il contenuto è negativo in molti aspetti. Intanto si continua a raccontare bugie agli italiani. L’Unione Europea ci chiede soltanto conti in ordine: siamo costretti a una manovra da 25 miliardi per le scelte sbagliate del governo Berlusconi-Bossi-Tremonti. In due anni il governo ha aumentato la spesa corrente dei ministeri, senza varare seri interventi anti-crisi, e ha abbassato la guardia sull’evasione fiscale. Oggi deve correre ai ripari. Come? Con una politica iniqua, colpendo ancora una volta i ceti a reddito medio-basso, costringendo Regioni e Autonomie Locali al taglio di servizi essenziali per i cittadini o all’innalzamento del costo per usufruirne. Se si chiedono sacrifici agli italiani i primi a contribuire devono essere i più abbienti: si deve spostare il carico fiscale dai redditi alle rendite.

Il primo obiettivo deve essere il recupero dell’evasione fiscale, che il Governatore della Banca d’Italia Draghi ha giustamente definito la vera “macelleria sociale”. L’occasione doveva essere colta per varare anche misure per il rilancio dell’economia – come ha sottolineato lo stesso Draghi –, alleggerendo le tasse sul lavoro dipendente e sulle piccole e medie imprese, incentivando la ricerca e l’innovazione.

E’ una manovra iniqua anche perché si prevedono tagli indiscriminati che mettono a rischio il futuro dell’Italia. Un esempio viene dal taglio dei finanziamenti agli istituti culturali, che il governo aveva inizialmente varato in maniera indifferenziata e che poi ha dovuto ritirare, accettando il principio logico per cui non può che spettare al Ministero per i Beni e le Attività Culturali valutare, – sulla base di esperti e competenze non di parte, chiediamo noi – come operare la riduzione dei finanziamenti e il taglio di enti inutili, mantenuti da protezioni politiche localistiche.

L’Italia ha bisogno di scelte forti per uscire dalla crisi e rilanciare l’economia attraverso uno sviluppo sostenibile. Il governo di destra non è capace neppure di pensarle: il suo unico intento è di fare cassa a spese dei ceti medi e popolari, dei giovani, del lavoro dipendente, dei pensionati.
La musica è sempre la stessa e a noi non piace.