«Siamo, in periodi come questi, la provvidenza. Ed e’ la realtà». Lo ha detto il ministro Sacconi parlando della destra al governo in due periodi delicati come quello successivo all’attentato alle Torri Gemelle e quello attuale caratterizzato dalla crisi economica. A queste parole, leggermente immodeste, si aggiungono le frequenti rassicurazioni del governo basate sul fatto che da noi rispetto alla crisi andrebbe meglio che nel resto d’Europa.
Nel frattempo, però, apprendiamo che nel 2009 il settore della grande e piccola distribuzione alimentare ha subito un calo superiore al 3%. Gli italiani, quindi, comprano meno anche generi alimentari di prima necessità. Nello scorso anno la spesa complessiva di beni e servizi è diminuita dell’1,8% e il biennio appena trascorso è stato, assieme al 1993, tra i periodi più difficili per la spesa reale delle famiglie italiane, le quali nel 2009 hanno visto diminuire il loro reddito disponibile del 2,8% rispetto al 2008.
Questi sono solo alcuni dei tanti dati sulla nostra situazione reale che, al contrario del governo della destra, gli italiani conoscono bene. Quest’anno è iniziato con un tasso di disoccupazione dell’8,5%. A febbraio sono state registrate 395.000 persone occupate in meno rispetto a un anno prima, 428.000 in meno mettendo a confronto l’ultimo trimestre del 2008 con l’ultimo del 2009. Dalla fine del 2008 alla fine del 2009 i senza lavoro sono aumentati di 369.000 unità, superando ampiamente la quota di 2 milioni.
Un segnale allarmante ci arriva dal tasso di occupazione: 57,5% nella media del 2009, sceso ulteriormente al 56,8% a febbraio 2010. Una posizione di retroguardia in Europa, il cui obiettivo è il 77%. Questo significa due cose: in Italia troppe persone che aspirano ad avere un lavoro non ce l’hanno ed è molto diffuso il fenomeno del lavoro nero. Lavorare irregolarmente significa ricevere, nella maggior parte dei casi, una retribuzione inadeguata e non avere garanzie e tutele per la pensione, le ferie, la malattia, la maternità, gli infortuni sul lavoro.
Il giorno dopo la diffusione di questi dati da parte dell’Istat, il ministro Brambilla annunciava il varo di un Ddl per il rilancio del gioco del golf in Italia: questione di sensibilità!
Anche sulla base di questi dati, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico prevede che l’Italia – insieme a Irlanda, Spagna e Polonia – subirà più di altri gli effetti della crisi, rilevando inoltre che, mentre nell’area Ocse il tasso di disoccupazione scende leggermente (da 8,8% a 8,7%), in Italia e Francia continua a crescere.
L’Ocse ha anche rivolto un invito esplicito all’Italia: ridurre le tasse sul lavoro e le pensioni, porre fine ai condoni fiscali. E’ quello che il Pd chiede da due anni ed esattamente il contrario di quanto ha fatto il governo. La destra non ha varato provvedimenti per spostare il carico fiscale dalle buste paga dei lavoratori alle rendite: ha, invece, approvato il condono sui capitali illecitamente custoditi all’estero.
Chi governa l’Italia ha il dovere di impegnarsi al massimo per poter dire «abbiamo fatto tutto quanto rientrava nelle nostre possibilità». Anzi tutti quanti, anche chi è all’opposizione, dobbiamo impegnarci a fondo, senza risparmio. Può la destra asserire che ha contrastato la crisi con ogni mezzo? No. Perché si poteva e doveva aiutare le famiglie, quelle a reddito medio e basso, a mantenere il proprio potere d’acquisto; si doveva sostenere le migliaia di imprese in difficoltà, così da evitare la perdita di centinaia di migliaia di occupati; si dovevano estendere la cassa integrazione e gli ammortizzatori sociali a lavoratori che in Italia – a differenza di altri paesi europei – ne sono privi.
Non vediamo nessun piano per portare l’Italia fuori dalla crisi né dare avvio ad uno sviluppo sostenibile.
La destra che ci governa sta fallendo la sua prima missione: aiutare l’Italia a resistere alla crisi e al tempo stesso rilanciarsi da protagonista nel mondo, collocandosi nel gruppo di testa dei Paesi capaci di realizzare un nuovo sviluppo. Ed è su questo terreno che il Pd e il centrosinistra potranno candidarsi a governare l’Italia.
Andiamo bene, questi dati me li ero persi! Io spero sinceramente di non dover vivere in un’epoca di regressione! Potrei rimpiangere di dover vivere questi decenni sfortunati
Credo che a questi vadano aggiunti il calo del pil e l’impennata del deficit/pil, che però è giusto dire che dipende soprattutto dal calo del pil prima che dall’aumento della spesa.
Gentile senatore Chiti, complimenti per la vittoria del pd in Toscana. Ho letto una sua intervista sul Qn, lei ci crede a un’intesa sulle riforme? grazie
ho ascoltato attentamente il discorso del ministro tremonti a confindustria. A me pare che sia stata l’esposizione di una politica di rigore di fronte al rischio crollo dei conti pubblici. Rigore che ha meritatamente contraddistinto la politica precedente del centrosinistra. Cosa si poteva fare di più? La mia non è una domanda polemica, non voto berlusconi.
La vera presa in giro è che si continua a parlare del nulla: riforme istituzionali, riforma della giustizia etc.
Certo, tutte cose importanti e necessarie. Ma in questo momento la gente sta perdendo il lavoro, e di riforme gli importa molto poco.
E vedo caro Senatore che lei è l’unico che continua a parlare del lavoro e dell’occupazione. Purtroppo il resto della classe politica sembra molto distante da questo. Poi non ci si lamenti se aumenta l’astensionismo alle elezioni.
Non voglio alimentare polemiche ma credo che anche nei commenti dovremmo evitare di usare demagogia. Non è che la politica non vuole aiutare i disoccupati e preferisce parlare delle riforme tanto per parlarne.
Le riforme prima di tutto rimetterebbero in pari l’Italia rispetto al resto d’Europa, visto il gap che abbiamo. Ma soprattutto andrebbero proprio in soccorso di quei lavoratori che ora sono in difficoltà. Come si fa a non capire questo?
Mi spiace Lucas ma non hai capito cosa volevo dire. Sinceramente non credo che delle riforme che entreranno in vigore tra 5 anni possano risolvere il problema del lavoro. Il problema è oggi. Il lavoro si sta perdendo adesso, non tra 3-4-5 anni.
Per cui ritengo che si faccia bene a parlare di riforme, ma che nel frattempo si faccia qualcosa per chi sta perdendo il lavoro adesso.
Cari Ambrosinus e Lucas, a me pare che diciate quasi la stessa cosa. Ricordiamoci che in uno Stato che funziona ci sono organi per fare tutto. Facessero le tanto chiaccherate riforme, si occupassero di lavoro tasse e stipendi. E pure di tanto altro! Vogliamo dimenticare i trasporti? l’energia? inquinamento? SOno pagati tantissimo per occuparsi di tutto ciò
Io mi domando: in tempi di crisi l’inflazione è crollata e quindi non si può dire che il costo della vita sia salito. Allora perchè le famiglie spendono meno? solo per la crescente disoccupazione? o incide molto un condizionamento psicologico?
Caro Matteo, la tua riflessione ci porta a pensare ai pericoli che corre l’Italia e con essa le generazioni che saranno protagoniste nei prossimi anni. Il nostro Paese rischia il declino. E’ necessario un processo coraggioso e innovativo per rilanciarlo e dargli una prospettiva di sviluppo nel lungo periodo.
A soffrire sono tanti settori: il nostro sistema industriale ha bisogno di avere i mezzi per modernizzarsi e sostenere gli standard imposti dalla globalizzazione, ci è richiesto competere sul campo della qualità e dell’innovazione.
Condizione necessaria per uno vero e solido sviluppo è anche la formazione dei nostri giovani. Le politiche del governo di destra per la scuola e l’università rischiano di creare gravi danni al paese, di compromettere il futuro: la formazione è un settore strategico per la sua crescita.
Se vogliamo che l’Italia sia protagonista nei prossimi anni, dobbiamo puntare sulla via sostenibile allo sviluppo. Cosa stiamo facendo perché questo accada? La destra sembra ignorare questa esigenza. Sono indispensabili forti investimenti in ricerca, una linea complessiva che incoraggi tutto il sistema e crei un circolo virtuoso verso lo sviluppo delle energie rinnovabili, la conversione industriale, una mobilità delle persone e delle merci non più fondata su sprechi e inquinamento, un welfare delle uguali opportunità e non del risarcimento.
Caro Davide, è vero: in un quadro che si presenta complessivamente molto preoccupante, ai dati sull’occupazione vanno aggiunti quelli altrettanto negativi sui conti pubblici. Oltre al pesante peggioramento del rapporto tra il deficit e il Pil, occorre considerare il costante aumento del debito pubblico, che a febbraio è salito a 1.795.066 milioni di euro, rispetto ai 1.788.134 milioni di gennaio e ai 1.708.140 milioni di febbraio del 2009.
E’ un fardello che ci trasciniamo da molti anni e che limita molto la nostra libertà d’azione nella politica economica e nelle scelte di modernizzazione e di equità. Per questo motivo la riduzione del debito pubblico è una priorità assoluta e, più in generale, è indispensabile mantenere il rigore nella gestione dei conti pubblici. Il governo Prodi aveva fatto una seria politica di risanamento. Adesso purtroppo la tendenza si è invertita. Perché, a proposito della sua ultima considerazione sull’incidenza del Pil e della spesa corrente, bisogna sottolineare che quest’ultima è fortemente aumentata nell’ultimo anno. Questa è una grave responsabilità del governo, poiché, a fronte di una spesa corrente che cresce in maniera considerevole, non sono state immesse risorse per difendere i lavoratori, le imprese e avviare un nuovo sviluppo. E ciò in presenza di una crisi che lo richiedeva e lo richiede ancora oggi.
Un governo che aumenta le uscite di denaro pubblico solamente per coprire la spesa corrente e non aiuta l’Italia a resistere alla crisi e a gettare le basi per una ripresa strutturale, dimostra di non essere all’altezza dei compiti e delle sfide che abbiamo davanti.
Cara Irene, la ringrazio. Il merito dell’ottimo risultato del Pd e della coalizione che in Toscana sosteneva Enrico Rossi va a tutti quelli che si sono impegnati perché si costruisse una proposta di governo seria, di forte innovazione.
In riferimento alle riforme, io penso che se c’è davvero la volontà politica in tutti, in primo luogo nella maggioranza, l’intesa si trova. Come ricordavo in quell’intervista, nella scorsa legislatura era stato trovato un ampio accordo, fra le forze politiche, sia per le riforme istituzionali che per una nuova legge elettorale. La domanda è: la destra intende muoversi su questa strada? E in ogni caso, vuole trovare una convergenza tra le forze politiche e in primo luogo con il Pd, che è il primo partito dell’opposizione, o andare avanti di testa sua? In questo secondo caso ci saranno più che le riforme che servono all’Italia, nuovi scontri. Tutti dovranno essere disponibili a cercare un punto d’intesa sacrificando, se necessario, qualche convinzione di principio o di parte. Nessun modello è di per sé perfetto o inaccettabile in via pregiudiziale, a condizione che non si persegua un assemblaggio che produca una democrazia autoritaria. Ad esempio, il presidenzialismo esposto a Parigi da Berlusconi guarda al Sud America di ieri, non alle democrazie avanzate.
Finora si sono avute proposte le più diverse da parte della maggioranza, spesso confuse, non in Parlamento ma sui giornali. Tutto questo può indurre al pessimismo. Le riforme sono indispensabili all’Italia. Per questo abbiamo il dovere di impegnarci a fondo.
Cara Simona, come dicevo nella risposta precedente a Davide, la politica di rigore di questo governo non ha prodotto risultati rassicuranti: se è vero che Tremonti, almeno nelle intenzioni manifestate pubblicamente, tiene la barra dritta sui conti pubblici, i dati dicono che il debito pubblico alla fine del 2009 si è attestato al 115,8% in rapporto al Pil dal 104% al quale lo avevamo lasciato noi ed è in aumento anche in termini assoluti. Della spesa corrente in aumento preoccupante si è detto anche nella risposta precedente. A questo proposito bisogna precisare che questo aumento è giustificato solo in parte minoritaria dalla maggiore quantità di ammortizzatori sociali messi a disposizione dei lavoratori.
Per rispondere alla sua domanda, io credo che di più si poteva e si doveva fare. Di fronte a una crisi lacerante dal punto di vista economico e sociale, si doveva condurre una politica di assoluto rigore per ridurre la spesa pubblica e utilizzare le risorse attorno ad alcune priorità: redditi dei lavoratori e dei pensionati, sostegno alla piccola impresa, istruzione e formazione. Così fanno gli altri paesi. Le risorse c’erano: bastava non sperperarle nel pozzo senza fondo dell’Alitalia né cancellando ora l’Ici a tutti ma solo ai redditi bassi e medi (come aveva fatto il governo Prodi). I provvedimenti approvati dal governo, oltre che blandi dal punto di vista dell’efficacia, non hanno messo a disposizione risorse ma solo fondi sottratti alle loro destinazioni, come i fondi per le aree sottosviluppate.
Non solo: il governo non ha neppure un piano strategico per superare la crisi e avviare un nuovo sviluppo, che punti su innovazione tecnologica, energie rinnovabili, economia verde.
E’ questo quello che chiede il Pd.
Caro Lucas, hai centrato la motivazione fondamentale per cui sono urgenti le riforme istituzionali: servono ad affrontare i problemi dell’Italia con maggiore efficacia e mettere il nostro paese al passo coi partner europei.
Purtroppo quello che tu escludi – cioè che la politica non voglia aiutare i disoccupati e distolga l’attenzione parlando d’altro – è quello che spesso dimostra di voler fare la maggioranza di destra. Dell’emergenza lavoro si sono occupati poco e in maniera marginale, preferendo dare priorità ad altro – come le leggi di esclusivo interesse del Presidente del Consiglio – e spostando l’attenzione dei media su altri temi. Anche un argomento serio come le riforme è stato strumentalizzato da settori della destra per fare confusione.
Adesso speriamo che sia la volta buona e si possa migliorare le nostre istituzioni nel solo interesse degli italiani, avendo come criteri inseparabili efficienza e democrazia. L’inizio, purtroppo, non è positivo: L’idea di riforma dello Stato sostenuta a Parigi dal Presidente del Consiglio Berlusconi delinea, come ho già sottolineato, un modello di democrazia autoritaria. Su queste basi non è possibile nessuna intesa.
Un governo parlamentare con una guida più forte da parte del Presidente del Consiglio, come in Spagna o Germania; 300 deputati e 150 senatori, cioè meno della metà degli attuali; competenze differenziate tra Senato e Camera; una nuova legge elettorale che permetta ai cittadini di scegliere con il voto le maggioranze di governo e i rappresentanti nelle istituzioni: sono queste, a mio giudizio, le riforme che servono all’Italia.
Caro Ambrosinus, come dici tu alla fine del tuo intervento, nulla impedisce alle camere e al governo di occuparsi delle riforme e «nel frattempo» di fare qualcosa per chi sta perdendo il lavoro. Sono temi diversi, l’uno doverosamente oggetto di un ampio confronto tra le forze politiche e di un approfondito percorso parlamentare, l’altro di diretta competenza della maggioranza e del governo che gli italiani hanno voluto per essere governati.
Ti ringrazio per aver apprezzato la mia vicinanza ai temi del lavoro, ma sbaglieresti a ritenere il dibattito sulle riforme la dimostrazione della distanza della politica dalla gente. Lo è se diventa astratto, autoreferenziale, volto solo a soddisfare interessi di parte. Il distacco tra cittadini, politica e istituzioni c’è: non va sottovalutato ma contrastato anche attraverso quelle riforme che in tanti auspichiamo. Ridurre il numero dei parlamentari e fare le altre riforme di cui parlavo con Lucas è la migliore risposta alla domanda di attenzione e impegno che gli italiani ci chiedono. Il sistema così com’è non funziona, è farraginoso e inadatto a dare risposte in unmondo in cui spesso servono interventi rapidi e di efficacia immediata. Facciamo un esempio: attualmente il modo con cui si provvede a varare provvedimenti urgenti è il decreto legge, la cui approvazione – secondo la Costituzione – si giustifica «in casi straordinari di necessità ed urgenza». L’abuso del ricorso a questo strumento è evidente, addirittura aggravato dal fatto che il governo pone la questione di fiducia sulla sua approvazione. Ma il sistema del bicameralismo perfetto e l’iter di approvazione delle leggi contrastano con l’esigenza di celerità che spesso realmente si pone. Dunque bisogna affrontare questi nodi con riforme serie, condivise, che tengano unite e accrescano democrazia e efficienza.
La distanza della politica dalla gente è alimentata da altro: dal disinteresse nei confronti della vita quotidiana delle persone, del lavoro, dello sviluppo, della scuola, della sanità.
E’ su questo che il Pd deve saper cambiare marcia.
Cara Carmen, come dice lei e come sottolineavo nelle risposte precedenti, il governo e il Parlamento hanno gli strumenti per affrontare, contemporaneamente, diversi temi importanti. A questo scopo, per esempio, sono concepite le commissioni parlamentari, che già oggi sono, e ancor di più in futuro dovranno essere, il fulcro dell’attività legislativa.
Fa bene a ricordare altre priorità indispensabili per dare all’Italia un futuro da protagonista.
I trasporti sono uno dei principali settori della vita delle persone, dell’economia e un terreno di sfida per la sostenibilità dello sviluppo. Se vogliamo crescere rispettando l’ambiente in cui viviamo dobbiamo investire risorse e energie sul trasporto ferroviario ad alta velocità, su una trasformazione “rivoluzionaria” delle nostre città: il trasporto pubblico ecologico deve diventare una bandiera dell’Italia, come accade già da molti anni in altri paesi.
Occorre l’intermodalità cioè un sistema integrato di strade, porti, aeroporti, ferrovie: non iniziare nuove opere pubbliche, prima di concludere quelle in corso; fare diventare una realtà le autostrade del mare, così da spostarvi gran parte di quelle merci che oggi soffocano le autostrade.
Altrettanto occorre fare in campo energetico: l’energia muove i trasporti, la produzione, i servizi e la vita di tutti noi. Produrre energia come si è fatto finora non è più possibile. Lo sfruttamento degli idrocarburi è destinato a essere superato dalla scarsità di materia prima, dai costi che ne deriveranno e dal devastante impatto ambientale che ha generato. Chi vuole essere protagonista del nuovo mondo sostenibile deve partecipare con grandi sforzi: l’Italia non può, ancora una volta, restare ai margini di questa grande sfida.
Caro Giuseppe, la disoccupazione ha coinvolto direttamente circa un milione di persone in più, durante questa crisi. Il tasso di disoccupazione, se consideriamo anche i tantissimi cassintegrati, ha superato il 10%. Tante di queste persone hanno una famiglia che viveva in buona parte o del tutto con lo stipendio che è venuto a mancare o si è ridotto. E’ un processo di impoverimento che colpisce anche i parenti meno prossimi che quando possono aiutano il familiare in difficoltà.
Si comprende così quanto sia larga la platea di persone duramente colpite dalle difficoltà del mondo del lavoro. Dunque, non è una sorpresa apprendere che le famiglie spendono meno anche per i beni alimentari di prima necessità. In Italia inoltre le tasse gravano principalmente sul lavoro dipendente e sulle pensioni. L’evasione è scandalosa, ben al di sopra degli altri paesi europei. Anche questo pesa, e non poco.
L’inflazione dunque discende da una minore possibilità di consumo, anche di beni essenziali: basti vedere i dati degli alimentari.
E’ probabile che influisca anche un condizionamento psicologico, ma non è la causa prima e bisogna tener presente che tra le persone “frenate” nelle loro spese dal clima generale di sfiducia e preoccupazione ci sono quelli che temono di poter restare disoccupate nell’immediato futuro per via delle difficoltà in cui versa il loro datore di lavoro.
Questa crisi è un fatto molto serio e preoccupante, le cui conseguenze sono pesanti e condizioneranno ancora a lungo la “salute” della nostra economia e della nostra società.