FIRENZE. Più che invocare poltrone nazionali, il Pd toscano avanzi «idee, proposte e esperienze in grado di parlare al Paese». Con l’abituale chiarezza Vannino Chiti, pistoiese, vice presidente del Senato, interviene nel dibattito sulla richiesta del Pd toscano di avere maggior peso negli organigrammi nazionali.
Non basta essere dei buoni amministratori. Per diventare leader occorre «coraggio» e capacità di fare «scommesse» (sostiene Chiti).

Il Pd toscano ha chiesto di contare di più a livello nazionale. E’ d’accordo?
«Io penso che per contare a livello nazionale non basti essere dei buoni amministratori e prendere tanti voti, come abbiamo fatto noi in Toscana. Bisogna essere anche capaci di avanzare idee, proposte e esperienze in grado di parlare al Paese. Se lo sapremo fare, peseremo certamente di più».

Da buoni gestori a leader nazionali il passo è lungo?
«Leader è chi sa scommettere, chi ha coraggio e dice cose che “bucano” l’attenzione. Cioè sanno far riflettere».

Il Pd toscano non ha leader ma solo gestori?
«Questo lo dice lei. Io osservo che il Pd toscano non è sotto rappresentato a livello nazionale: la Bindi è presidente del partito, Letta vice, Ventura è vice presidente vicario del gruppo parlamentare, io stesso sono vice presidente del Senato e Domenici è stato presidente nazionale dell’Anci. Infine Martini è stato vice presidente del gruppo socialista del Comitato delle Regioni».

Forse la Bindi e Letta non vengono considerati perché ex Margherita. Insomma sono gli ex Ds che chiedono più potere?
«Spero di no, anzi non credo che sia così: sarebbe una posizione di retroguardia culturale rispetto alla costruzione del Pd E comunque anche gli ex Ds, dal sottoscritto a Ventura, ricoprono incarichi nazionali. Il problema è un altro».

Quale?
«Per contare a livello nazionale bisogna avere idee, ma anche capacità di fare squadra. Ecco, a volte noi in Toscana abbiamo fatto l’errore di non valorizzare le nostre esperienze migliori».

A chi pensa?
«Ad esempio a Rossi. Il neo presidente della Regione è già un leader nazionale nel settore della sanità. Il suo nome è circolato ai tempi di Prodi anche come possibile ministro. Come assessore alla sanità ha ricevuto parole di apprezzamento anche da parte del centrodestra. Da Tremonti a Fazio».

Come diventare leader anche da presidente della Regione?
«Mi auguro che a partire dalla formazione della giunta sappia fare scelte coraggiose e innovative. La Toscana ha bisogno di molto coraggio e innovazione. Rossi come assessore si è distinto a livello nazionale. Spero che altrettanto faccia da presidente».

Anche il Martini del Social forum seppe bucare lo schermo nazionale.
«Proprio così. Claudio fu molto bravo a capire i movimenti no global. Volle e difese il Social forum a Firenze. Molti anche a sinistra storsero la bocca. Lui insistette e vinse. Anche in quel caso la sinistra toscana non seppe insistere e valorizzare l’esperienza di Martini».

Lei è stato il primo, da presidente di Regione, a battersi per il federalismo e per il dialogo con la Lega. Un’occasione persa?
«Temo di sì. Penso che se a livello nazionale, la sinistra avesse portato avanti in maniera coerente il tema del federalismo, forse oggi il rapporto con la Lega sarebbe diverso. Non intendo dire che ci sarebbe sicuramente stata un’alleanza Pd-Lega ma, quest’ultima, non sarebbe stata alleata di ferro della destra».

Anche lei come D’Alema crede che la Lega sia una costola della sinistra?
«E’ un’espressione che non mi appartiene. Penso però che l’alleanza tra la Lega e Berlusconi non sia stata scontata fin dall’inizio. A metà degli anni Novanta si poteva forse far sì che la Lega si affermasse anche in Italia come un movimento autonomo dal due poli con il quale confrontarci sui singoli problemi. Poteva seguire la strada dei movimenti autonomisti in gran parte d’Europa a iniziare dalla Spagna».

Lei, Martini, e oggi chi sono i possibili leader del Pd toscano? Rossi? Renzi?
«La Toscana ha molti dirigenti promettenti nelle amministrazioni locali e nel partito: elemento di particolare novità e interesse i quadri femminili. Credo molto nella necessità di uno stretto rapporto tra Rossi e Renzi. Tra Firenze, la sua provincia e la Toscana».

Molti nel suo partito non è che vedano di buon occhio Renzi. Lei cosa ne pensa?
«Matteo è uno dei più giovani sindaci d’Italia. Ha un grande coraggio e sa cogliere gli aspetti principali di qualsiasi questione. E’ uno che sa andare al nocciolo e su quello costruire una posizione politica da difendere con coraggio».

Mario Lancisi