Il Vice Presidente de Senato replica a Confindustria
«Serve uno sviluppo diverso, basato sull’innovazione»

Vannino Chiti, vicepresidente del Senato, presidente dal 1992 al 2000 della Toscana guidando giunte di centro-sinistra, la leader regionale di Confindustria Antonella Mansi sostiene che il modello toscano della crescita lenta da «fattore virtuoso si è trasformato in patologia».

Lei concorda con l’analisi degli imprenditori?
«Intanto bisogna capire di cosa si parla. L’Italia, secondo la presidente di Confindustria, è in crescita svelta? Il problema non è la Toscana ma l’Italia: i dati di gennaio dicono che rispetto a un anno fa la produzione industriale è calata del tre per cento. L’Istat dice che il Pil è stato rivisto al ribasso, cioè l’Italia perde il 6,4 per cento nei due anni 2009-2010. Ancora, l’Ocse – prendo istituti apolitici – dice che ci sono paesi che dalla crisi usciranno con una ricchezza diminuita, e i quattro paesi europei che stanno in questa situazione sono Irlanda, Spagna, Italia e Polonia. Non si possono fare queste sortite preelettorali. La Toscana in questa crisi complessiva ha salvaguardato, per ora, una coesione sociale».

Ed è sufficiente?
«L’Italia e la Toscana devono premere sull’acceleratore di uno sviluppo che inverta la tendenza, non ci faccia perdere ricchezza, come dice l’Ocse; ma per fare questo bisogna che ci sia uno sviluppo che abbia caratteri e indirizzi nuovi, non semplicemente che ci si muova più rapidamente. Lo sviluppo della Toscana e dell’Italia deve saper guardare all’Europa, e l’Europa dice che bisogna investire sull’innovazione e sulla ricerca e trasferirla alle piccole e medie imprese. E questo è il tema della Toscana, che deve puntare sull’istruzione e sulla formazione permanente, sull’accesso al credito e sullo snellimento della burocrazia, e che deve infine puntare sulle energie rinnovabili. La Toscana ha le condizioni per dare il colpo di acceleratore. Questa sortita sull’immobilismo toscano non ha nessun fondamento, perché la Toscana non ha immobilismo, mentre vedo quello del governo nazionale: si pensa a leggi ad personam e non si fanno politiche e non si cercano intese sulle questioni che interessano lo sviluppo e l’occupazione».

A proposito di efficienza, sul New York Times c’è una column sul l’aeroporto di Peretola, emblema dell’Italia bloccata.
«Rispetto ai primi anni Novanta, Peretola ha saputo migliorarsi e ripartire, ci sono stati interventi e una modernizzazione che l’ha cambiato radicalmente, ma è altrettanto vero che non è sufficiente per il potenzia le che ha e per quello che dovrebbe servire, a una città come Firenze, alla sua dimensione e al suo ruolo, che è più grande della dimensione per attrazione turistica e significato culturale. Non ci deve essere un asse Firenze-Bologna in termini aeroportuali che sostituisce una capacità di coordinamento, di integrazione, di complementarietà di un sistema toscano Pisa-Firenze».

Matteo Renzi sul caso liste nel Lazio ha detto che quelli del Pdl sono dei «cialtroni», ma non per questo si deve andare in piazza a manifestare. Lei ci andrà?
«Sono impegnato a Cortona in un’iniziativa di campagna elettorale presa un mese fa. Però la manifestazione di domani (oggi, ndr) è sollecitata dalle organizzazioni di base del Pd e del centrosinistra, il gruppo dirigente nazionale l’ha assunta per dare un riferimento e uno sbocco all’indignazione diffusa nelle file del centrosinistra e fra i cittadini. Non si può procedere con l’arroganza, con i trucchi, calpestando le regole e pensando anche gli italiani siano dei fessi, perché si calpestano le regole, si praticano trucchi e si vorrebbe dare la colpa agli avversari. Non esiste in un paese democratico un capo del governo che faccia l’agitatore politico. Detto questo, attaccare il presidente della Repubblica è vincere il campionato dell’irresponsabilità. Le situazioni del Lazio e della Lombardia non erano uguali. Quale che sia l’errore irresponsabile, nessuno può volere elezioni senza che ci sia un candidato e un intero schieramento in campo; non è la stessa cosa che non avere una lista in una provincia. Per quanto tutte e due le cose siano frutto di un comportamento dilettantesco, sarebbe stato meglio riconoscere le responsabilità proprie, chiedere scusa ai cittadini e chiedere alle forze politiche come risolvere il problema; non saprei immaginare una democrazia che in Toscana o in Emilia affronta le elezioni senza il candidato del centrosinistra, e altrettanto non lo potrei immaginare per la Lombardia. Ma questa era la strada, non l’aggiramento delle regole».

Tornando alle regionali, che pensa della proposta di Enrico Rossi di tanti piccoli Cie?
«Se c’è un tentativo dello Stato centrale di appropriarsi di competenze che sono di Regioni o di Comuni, allora è giusto che si ricorra alla Corte costituzionale; invece quando ci sono competenze che sono proprie dello Stato centrale, bisogna gestire le leggi che esso si è dato. Credo che i Cie debbano essere realizzati in modo che abbiano un livello di qualità più alto possibile, perché devono servire a registrare l’identità delle persone e non possono essere qualcosa di disumano: questo credo sia l’intento della proposta di Rossi. Un no ideologico ai Cie, pensando di essersi salvata la coscienza, quando poi gli immigrati vengono scarrozzati in pullman per centinaia di chilometri in regioni vicine, non risolve nessun problema».

Senta Chiti, in Italia si dice spesso che c’è un gran bisogno di riforme, ma poi maggioranza e opposizione non riescono mai a mettersi d’accordo.
«Non è vero, al convegno di Firenze sulle “Riforme per l’Italia”, la settimana scorsa, c’è stato un confronto con costituzionalisti ed esponenti di tutte le forze politiche e una convergenza sulla necessità di alcune riforme istituzionali, come la riduzione dei parlamentari. Sul rafforzamento del governo, il senatore Sandro Mazzatorta, vicepresidente del gruppo Lega Nord, ha detto che la Lega non intende assecondare un disegno presidenzialista ed è d’accordo per un governo parlamentare. Eppoi c’è stata l’intesa su una nuova legge elettorale che restituisca collegi uninominali o proporzionali con sbarramento, ma che dia ai cittadini sia il potere di scegliere maggioranze di governo sia di scegliere i propri rappresentanti nelle istituzioni».

David Allegranti