Il tasso di disoccupazione a gennaio ha toccato quota 8,6%. Molti lavoratori rischiano di non vedersi rinnovata la cassa integrazione. Il presidente Napolitano ha dichiarato che «la perdita di posti di lavoro e la disoccupazione devono rappresentare, in questo momento, una delle principali preoccupazioni del nostro Paese e ragione di impegno prioritario per le nostre classi dirigenti». E la maggioranza di destra che fa? Approva un Disegno di legge di iniziativa del governo con cui si crea ulteriore confusione nella normativa in materia di lavoro e, soprattutto, si allentano le protezioni sociali per i lavoratori.
Il collegato alla legge Finanziaria in materia di lavoro – approvato definitivamente dal Senato la settimana scorsa – introduce importanti novità sulle controversie tra lavoratori e datori di lavoro: i contratti collettivi possono prevedere che le due parti in disaccordo stabiliscano di ricorrere ad un arbitrato al posto del giudice del lavoro. Il fatto grave è che si stabilisce che questa possibilità di sostituire il giudice con un lodo arbitrale si possa inserire anche nel contratto individuale, fuori dai confini degli accordi collettivi. Che questa sia una facoltà esclusiva del lavoratore non sminuisce la pericolosità del provvedimento: è del tutto evidente che in sede di assunzione o rinnovo del contratto l’azienda possa “imporre” al lavoratore di inserire quella clausola, approfittando dello sbilanciamento dei rapporti di forza. E’ altrettanto evidente che un collegio arbitrale esterno dà meno garanzie di tutela al lavoratore rispetto ad un giudice del lavoro.
I danni purtroppo non si fermano qui: se così sarà pattuito nel contratto, l’arbitro, nel dirimere la controversia, potrà decidere ”secondo equità”, cioè potendo non rispettare una serie di diritti garantiti dalle leggi approvate in pagine importanti della storia italiana, quali lo statuto dei lavoratori, dopo lunghe e significative battaglie.
In questo modo si mina alla base la natura protettiva del diritto del lavoro. Detto più chiaramente: il governo sta progressivamente smantellando – neanche tanto di surrettiziamente – il protocollo del 2007 sul welfare e le normative di ‘Industria 2015′, due importanti atti del governo Prodi, approvati per combattere la precarietà del lavoro e per sostenere lo sviluppo. Questa ultima controriforma arriva dopo una lunga serie di interventi mirati che hanno favorito l’aumento della precarietà, indebolito la lotta al lavoro nero e gli incentivi per l’innovazione.
Da due anni l’Italia fa i conti con una crisi economica che produce risultati drammatici: è stato colpito il potere d’acquisto dei salari, è diminuita l’occupazione, hanno chiuso migliaia di piccole aziende e negozi, molti studi professionali hanno dovuto ridimensionare la propria attività. Secondo Confindustria ne usciremo completamente nel 2017.
Alla richiesta degli italiani di interventi forti e immediati Il Governo e la maggioranza di destra rispondono con una pressione fiscale ancora più forte su lavoratori dipendenti e pensionati e aumentando la ricattabilità di quei lavoratori che ancora il posto non lo hanno perso.
E’ ora di far sapere alla destra – anche con il voto alle prossime elezioni regionali – che non è questo il modo di governare l’Italia.
Domani si va in piazza e il Pd chiede che non si attacchi Napolitano. Ok, ma posso dire la mia umilmente? spero che Napolitano rimandi alle Camere questa porcata (tale è) dell’arbitrato. Chiti, le sue critiche le condivido, ma non dobbiamo avere paura di chiedere al Presidente della Repubblica di fermare provvedimenti che puzzano di incostituzionalità.
Sono convinto che ce la possiamo fare. Togliendo Lombardia e Veneto possiamo vincere ovunque. Anche Campania e Calabria non le giudico perse come leggo sui giornali e in Lazio la Bonino è in vantaggio.
Fa rabbia sentire come i vari gasparri e capezzone debbano per forza sempre ribaltare soudoratamente la realtà, come nel caso della manifestazione di ieri e come nel caso delle liste del Lazio.
Mi domando come sia possibile credere a quello che dice Capezzone con la sua voce da predicatore quando 2 anni fa sosteneva il governo prodi.
Ancora una volta il governa si dimostra nemico dei lavoratori. Oltre a non fare nulla per chi perde lavoro con la crisi, oltre ad aver bloccato la cassa integrazione per il 2011, adesso quest’ultimo colpo mortale alle spalle dei lavoratori dipendenti.
Questi signori del pdl ormai sono indifendibili, dobbiamo mobilitarci contro questo governo nemico dei lavoratori.
Caro senatore Chiti,
sono d’accordissimo con quello che scrive questa settimana. Mi domando dove vuole arrivare Berlusconi. Siamo il paese dove gli operai devono salire sui tetti per cercare di far valere i loro diritti e per attirare l’attenzione della stampa.
Siamo il paese dove alcune aziende non pagano stipendi da mesi ai dipendenti che ormai stazionano sotto il parlamento per cercare aiuto. Le persone sono disperate. I negozi chiudono cosi come le piccole aziende e le ditte individuali. Stiamo disperdendo la nostra forza. Se continuano a ignorare i problemi e soprattutto le soluzioni la coesione sociale verrà meno e se questo dovesse accadere non oso immaginare cosa potrebbe succedere.
Berlusconi è il primo responsabile e la cosa che più dà fastidio è sentirsi dire che va tutto bene.
Speriamo che Napolitano intervenga… Aggirare le tutele previste dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori è un atto di prevaricazione che non possiamo accettare…
Grazie!
Sergio, mi intrometto per dire che mi risulta che la cassa integrazione sia stata aumentata da 12 a 18 mesi per il 2011. Forse non è ancora una novità approvata definitivamente ma così ho sentito.
Faccio parte di quella ormai numerosissima schiera di lavoratori che sta perdendo il lavoro a causa della chiusura della piccola azienda in cui lavora…Mia figlia ha solo 4 mesi, e ora dove lo trovo un altro lavoro??? Peccato, non ne conosco politici….resterò disoccupata, a guardare gli altri godersi il loro posto di lavoro senza alcun merito se non quello di “conoscere qualcuno”. In questi momenti mi vergogno di essere siciliana….ed italiana!!!!!!!!!!!
Cara Maria Luisa, la fermezza del Partito Democratico nel non rivolgere appelli al presidente Napolitano non è dovuta ad alcuna forma di timidezza o paura, ma solo dalla consapevolezza delle competenze, dei poteri e dell’indipendenza del Presidente della Repubblica. La Costituzione assegna al Quirinale il compito di verificare, in prima istanza, l’ incostituzionalità d’insieme delle leggi approvate dal Parlamento. Non ha i medesimi compiti della Corte Costituzionale, altrimenti si avrebbero semplicemente dei doppioni. I suoi compiti si fermano qui, non spetta al Presidente della Repubblica giudicare dal punto di vista politico il contenuto dei provvedimenti. E’ su questo concetto che, a mio avviso, spesso si sbaglia nel chiamarlo in causa. Non è il suo caso, cara Maria Luisa, dato che lei fa riferimento proprio alla possibile incostituzionalità. Ma un decreto che si presenta come interpretativo a vizi palesi e di insieme di costituzionalità? In ogni caso, Giorgio Napolitano non ha, mi creda, bisogno dei nostri suggerimenti per svolgere il suo alto compito, data la competenza e l’esperienza istituzionale, l’assoluto rigore con cui ricopre il suo incarico. Dunque la cosa migliore da fare è rispettarne l’autonomia e condurre le nostre battaglie in Parlamento e fuori per contrastare con la massima determinazione i provvedimenti sbagliati e dannosi che la destra impone al Paese.
Caro Ambrosinus, sono convinto anche io che le elezioni regionali potranno portare un risultato positivo per il Partito Democratico, dal forte significato nazionale. Fermo restando che si tratta innanzi tutto di un giudizio sulle amministrazioni regionali uscenti e sulla credibilità di coalizioni e candidati che si propongono per i prossimi cinque anni.
Il Pd è in campo ovunque con proposte di governo serie. E con coalizioni di centrosinistra, in diverse Regioni con la novità di rapporti nuovi con Udc. La Destra ha visto nominati dall’alto i candidati alla presidenza: altro che autonomie territoriali e federalismo. Berlusconi cerca di spostare la campagna elettorale sulla rissa e la contrapposizione frontale: vuole distogliere l’attenzione degli italiani dalle carenze del suo governo e dagli errori commessi dal suo partito col pasticcio delle liste.
E’ importante invece che si parli dei problemi dei cittadini, del lavoro, dello sviluppo, del welfare; delle competenze che la Costituzione assegna alle regioni. Il Partito Democratico lo sta facendo e per questo siamo fiduciosi. Sentiamo che il vento sta cambiando. Continuiamo a impegnarci tutti per dimostrare che in politica c’è chi non vive chiuso nei palazzi ma ascolta quali sono le priorità dei cittadini e su queste costruisce le sue proposte di governo.
Caro Lucas, il ribaltamento della realtà è una strategia pianificata e messa in atto sistematicamente da Berlusconi e da molti esponenti del suo partito. Si pensa che controllando di fatto tutte le TV si possano “incantare” gli italiani, manipolarne la coscienza e il voto. Così come è un metodo voluto e reiterato l’aggressione verbale contro le opposizioni, la magistratura e perfino gli organi supremi di garanzia come il Presidente della Repubblica e la Corte Costituzionale. E’ un comportamento irresponsabile con cui cercano di dare legittimità alle loro condotte scorrette – l’aggiramento sistematico delle regole, l’assoggettamento del Parlamento agli interessi personali del Presidente del Consiglio – e con cui coprono le carenze di un governo e di una maggioranza che non si occupa della crisi, dell’emergenza lavoro, del sostegno ai redditi, che non mette in campo alcuna politica industriale e di sviluppo per il futuro dell’Italia.
In politica come nella vita di tutti noi, è lecito cambiare idea e quindi anche partito di appartenenza. Ma va fatto sempre nel rispetto dell’avversario e delle idee che si affermava di condividere fino a poco tempo prima.
Ognuno è in grado di valutare le quotidiane esibizioni di Capezzone.
In democrazia vi è una via maestra per esprimere una forte critica ad una azione di governo e politica, quella di utilizzare il voto. Alle prossime elezioni regionali gli italiani possono dare un segnale robusto della volontà di cambiare strada per affrontare la crisi e per riformare – e non indebolire – la nostra democrazia e le nostre istituzioni.
Caro Sergio, hai detto bene: questo governo dimostra di non essere interessato, se non a parole e per propaganda, alla sorte dei lavoratori italiani. Sono circa un milione quelli che hanno perso il lavoro, tanti altri sono in cassa integrazione ordinaria da diverso tempo e il governo si dichiara contrario al suo prolungamento da 12 a 18 mesi, come prevede un emendamento di iniziativa del Pd, approvato all’unanimità dalla Commissione Lavoro della Camera.
Il collegato alla Legge Finanziaria introduce novità che peggiorano le tutele dei lavoratori. E’ pericoloso e sbagliato introdurre norme che allentano le garanzie di cui godono i lavoratori, a prescindere dal fatto che si possano poi determinare realmente situazioni in cui il lavoratore che si trova a firmare il contratto possa “subire” l’obbligo di delegare a un arbitrato eventuali future controversie con il datore di lavoro. Quando un principio viene assunto in legge prima o poi viene attuato: la scelta di adottarlo non è certo un passatempo.
Le nuove norme in materia di lavoro dovrebbero, piuttosto, aumentare le tutele delle categorie più deboli del mondo del lavoro e rendere il mercato in grado di premiare il merito, offrire nuove opportunità ai giovani e possibilità di non essere emarginato a chi ha avuto la sfortuna di essere licenziato. L’impegno del Partito Democratico va in questa direzione, a differenza della destra che si occupa di affari privati del suo leader e quando decide di impegnarsi sul tema del lavoro fa compiere all’Italia passi indietro anziché in avanti. È necessario che i lavoratori siano uniti, che premano perché il sindacato ricostruisca la propria unità d’azione, non lasciando tropo spesso sola la CGIL.
Ed è importante che non si perda l’occasione delle elezioni regionali per far sentire forte e chiara la volontà del Paese. Diamoci da fare perché il 28 marzo anche in Italia si verifichi lo scossone politico che domenica scorsa si è avuto in Francia.
Caro Morpheus, non so dove voglia arrivare Berlusconi. Spero sia davvero vicino e indolore il suo tramonto politico. Temo di sapere dove arriverà l’Italia se lui e il suo governo continueranno ad agire come hanno fatto finora. Come dici tu, siamo a rischio di rottura della coesione sociale, le differenze di reddito e tenore di vita aumentano e cresce il numero delle persone che si trovano sotto o appena sopra la soglia di povertà. E’ inammissibile che i lavoratori in difficoltà, anziché ricevere il sostegno del governo, debbano ricorrere a gesti disperati e eclatanti per avere un minimo di attenzione. Anche la stampa potrebbe essere più presente su questi temi, senza aspettare di salire sui tetti per intervistare i lavoratori che protestano per difendere il loro lavoro, lontani dalle loro famiglie.
Le tv hanno quasi tutte occultato la crisi, il dramma di tanti lavoratori, la situazione sempre più difficile dei precari.
Il testo approvato dalla Commissione Lavoro della Camera accoglie la proposta del Pd di corrispondere lo stipendio, attraverso un fondo Inps, a quei lavoratori che per difficoltà aziendali non vengono pagati (per esempio quelli di Eutelia).
Adesso speriamo che il provvedimento vada avanti fino alla sua approvazione definitiva. Il Partito Democratico compirà il massimo sforzo perché questo avvenga.
Cara Serena, come dicevo prima a Maria Luisa, il Presidente Napolitano è un uomo di alto profilo istituzionale e di grande esperienza. Conosce bene le sue prerogative ed ha sempre un grande equilibrio nel compiere le valutazioni che gli competono. Rispetto della Costituzione, con assoluto rigore, è il principio che ha guidato la sua vita. Ho avuto modo di verificare in prima persona, quando facevo parte del governo Prodi, quanto scrupoloso e serio sia il suo controllo di corrispondenza dei provvedimenti ai principi della Costituzione. Se riterrà di dover rimandare al Parlamento il provvedimento sul lavoro, lo farà motivando adeguatamente la sua scelta. In caso contrario, significa che non avrà riscontrato alcuna chiara violazione della Carta Costituzionale nel disegno di legge collegato alla Finanziaria, per quello che è il suo ruolo, la sua funzione. Ripeto: il Presidente della repubblica non è la Corte Costituzionale. In ogni caso le forze politiche non devono tirare per la giacca o addirittura strattonare il Capo dello Stato. È irresponsabile farlo ed è ancora più grave se questo atteggiamento viene assunto da partiti di centrosinistra.
Spetta a noi che siamo all’opposizione e alla società civile denunciare il contenuto negativo della politica della destra e promuovere iniziative contro questo modo di governare, e insieme avanzare proposte alternative.
Fra due settimane abbiamo un’occasione che in democrazia è fondamentale: quella del voto. Sosteniamo il Partito Democratico.
Caro Marco, quello che dice lei è vero. La proposta di estensione della cassa integrazione ordinaria da 12 a 18 mesi è contenuta in un testo approvato dalla Commissione Lavoro della Camera dei Deputati, col voto di tutti i partiti presenti al voto (Pdl, Lega e Pd, mentre l’Udc e l’Idv erano assenti). Il provvedimento recepisce in parte una proposta del Partito Democratico, che aveva chiesto il prolungamento a 24 mesi. Adesso il testo dovrà essere approvato dall’Aula della Camera e poi dal Senato. Il problema è che il governo, per bocca del ministro Sacconi, ha già espresso un parere negativo su questo punto del provvedimento, preannunciando così l’intenzione di affossarlo. E’ questo che, probabilmente e con ragione, preoccupa Sergio.
Vedremo se i deputati del Pdl e della Lega piegheranno ancora una volta il capo rispetto al dictat del loro governo o sapranno invece ascoltare le richieste che arrivano dai cittadini e dal mondo del lavoro. Vedremo se saranno coerenti con il voto che avevano dato nella Commissione Lavoro.
Cara Virginia, come dice lei, purtroppo sono in tantissimi i lavoratori che pagano a caro prezzo le difficoltà delle aziende in cui sono impiegati. In questi mesi ho conosciuto tante persone che si trovano nella sua stessa situazione. E comprendo il suo stato d’animo.
Io credo che fare politica sia un impegno che richiede grande serietà e voglia di lavorare per risolvere i problemi dei cittadini. Chi governa, a livello nazionale e locale, ha il dovere di comprendere fino in fondo le difficoltà che attraversa il nostro Paese e fare tutto il possibile per invertire la tendenza. Per essere più espliciti: questa crisi affligge l’Italia in maniera drammatica da due anni, colpendo aziende grandi e piccole, negozi, liberi professionisti, lavoratori, pensionati e famiglie. Le cause della crisi sono complesse e la sua genesi è di origine internazionale. Ma ogni governo ha in mano degli strumenti per spostare le risorse economiche verso i redditi medio-bassi e i lavoratori licenziati; per estendere anche a chi oggi non li ha e ai precari gli ammortizzatori sociali; per aiutare chi non riesce a pagare il mutuo; per facilitare l’accesso al credito delle aziende, che senza fondi con cui fare investimenti e innovazione non possono sperare di tirarsi fuori dalla crisi; per garantire alle imprese i pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione per le commesse loro assegnate. Se queste cose non vengono fatte o realizzate in minima parte le persone vengono lasciate sole, di fronte a problemi enormi e che riguardano la vita quotidiana. E allora non si può che domandarsi, come giustamente fa lei, “ora come faccio?”.
La sua amara considerazione sul fatto che non conoscendo alcun politico non troverà un altro lavoro deriva da un sistema, come il nostro, che non è capace di premiare a dovere le capacità e l’impegno e di dare a tutti i cittadini la possibilità di un lavoro dignitoso. A volte è davvero così, in alcune realtà del Paese è “molto” così, però non va bene. Non funziona. Non è giusto. È una “malattia” di cui l’Italia deve liberarsi e dipende da tutti noi, dai cittadini non solo dalla politica.
Ancora una parola sulla crisi: dobbiamo cambiare il nostro mercato del lavoro e il nostro welfare, per premiare veramente le competenze e creare un sistema che sappia offrire opportunità di occupazione. L’Unione Europea chiede che i Paesi abbiano un tasso di attività, per le persone da venti a sessantaquattro anni, del 75% : noi siamo appena al 57. il Mezzogiorno ha potenzialità per se stesso e per l’Italia: ma il governo nazionale e la destra lo considerano solo un utile e comodo serbatoio di voti. Impegniamoci tutti per voltare pagina: contribuiremo a risolvere anche i problemi che ci preoccupano ogni giorno.