La settimana scorsa è arrivata una buona notizia: 520 dipendenti del call center Answers di Pistoia – 436 dei quali, donne – non perderanno il loro posto di lavoro. L’imprenditore Costamagna ha rilevato l’azienda in affitto, impegnandosi ad acquistarla entro alcuni mesi. Da questa settimana la Answers si è rimessa in moto. E’ stata una vertenza straordinaria dal punto di vista dell’impegno collettivo, una partita difficile che è stato possibile vincere con determinazione e con l’unità: si sono spesi in primo piano Comuni, Provincia e Regione, rappresentanti della politica nazionale, il Vescovo di Pistoia Bianchi, i comuni cittadini.
La Cgil è stata protagonista decisiva, mettendo tutto il suo peso in questa lotta.
I lavoratori e le lavoratrici del call center hanno presidiato insieme la sede dell’azienda per tre lunghi mesi, sopportando disagi e sacrifici, forti delle loro ragioni e della loro unità.
L’esito positivo di questa vertenza deve essere un esempio per i tanti lavoratori impegnati in tutta Italia a difendere il loro lavoro e la loro dignità.
Nelle stesse condizioni dei lavoratori della Answers si trovano i dipendenti della ex Eutelia (Agile) e della Phonemedia. Migliaia di donne e uomini che da mesi non ricevono lo stipendio e che vedono sfumare la sicurezza di un futuro sereno per colpa di avventurieri senza scrupoli, che stanno dietro alla Omega, proprietaria delle tre aziende. Questo gruppo le ha rilevate, abbandonandole poi a se stesse, senza alcun piano operativo.
Una condotta scellerata, volta esclusivamente ad alleggerire queste aziende dai debiti – ma nessuna di esse si trovava in difficoltà tali da far presagire lo stato di crisi – e dai costi, per trattenere la liquidità. Gli unici a pagare sono i lavoratori che si trovano anche con la beffa di non poter accedere agli ammortizzatori sociali, perché le imprese non hanno attivato le procedure di mobilità e, in alcuni casi, hanno persino respinto le dimissioni presentate da lavoratori, che cercavano rifugio nell’indennità di disoccupazione.
Salvata la Answers adesso si deve fare altrettanto con ex Eutelia e Phonemedia. Il primo passo necessario è il commissariamento, per consentire di salvare le commesse, ridare una gestione trasparente ed efficiente alle aziende, un riferimento ai lavoratori. Purtroppo i tempi si allungano: nei giorni scorsi, di fronte ai giudici che dovevano decidere sulla richiesta di amministrazione straordinaria, gli avvocati della Omega hanno proposto la soluzione del concordato preventivo sia per ex Eutelia-Agile che per Phonemedia. I sindacati hanno giustamente risposto che è una strada percorribile solo dopo la nomina di un commissario straordinario. Per Ex Eutelia-Agile il Tribunale di Roma ha fissato il suo pronunciamento per la fine di marzo.
Del 24 febbraio è la notizia della sentenza del Tribunale di Novara su Phonemedia che ha accolto praticamente tutte le richieste dei lavoratori: i giudici hanno deciso, infatti, il sequestro preventivo di Raf – la societa’ da cui dipende anche il gruppo Phonemedia – e la nomina di un custode. Nello stesso tempo saranno avviate le procedure per la messa in cassa integrazione straordinaria dei dipendenti. Adesso spetta al Ministero per lo Sviluppo Economico la nomina di un commissario straordinario per l’azienda. Bisogna sottrarre la sorte di migliaia di lavoratori dalle mani ignote di Omega e aprire loro la strada della cassa integrazione.
Il successo nella vertenza Answers e la positiva sentenza del Tribunale su Phonemedia, dimostrano che, con l’impegno di tutti, in particolare delle istituzioni locali, con l’unità di lavoratori e cittadini si possono vincere battaglie che sembrerebbero impossibili.
Certo occorrerebbe anche un governo che metta al primo posto, nella sua agenda, la crisi, il diritto al lavoro, lo sviluppo.
La destra invece ha ignorato per tanti mesi la priorità del lavoro e adesso cerca di intervenire improvvisando soluzioni.
Cominci piuttosto ad accogliere la proposta di legge presentata dal Partito Democratico per anticipare gli stipendi ai lavoratori che si trovano in situazioni come quella del gruppo Omega.
Che bella notizia quella dell’Answers…allora qualcosa ancora si può fare! ma quanti miracoli come questi si devono fare? c’è un paese in ginocchio!
Buongiorno. Il non voglio aspettare fine marzo! Muoviamoci tutti prima. Possiamo stare a pendere dalle labbra di un tribunale?
Il sindacato dorme da mesi, non possiamo aspettare loro! mettiamoci in moto noi, i lavoratori sono capaci di fare fronte comune! Il piano mi sembra sempre più chiaro, vogliono farci morire lentamente
E’ ora che Berlusconi ci apra le porte del palazzo. Dobbiamo fare qualcosa insieme, senza aspettare che i tribunali decidano sulla nostra sorte. Ci sono i lavoratori in ballo e serve l’intervento delle isitituzioni
Senatore Chiti lei ha ragione, anche io ho sono lietissimo dell’epilogo di questa vicenda, ma non è possibile che si debba andare in un tribunale per far valere un sacrosanto diritto di un lavoratore.
Il mio pensiero è messo in evidenza nella parte finale dell’editoriale del senatore Chiti: la mancanza di sviluppo, la mancanza di programmazione, di idee di rilancio: insomma alla politica è mancata la politica. Si galleggia in avanti e indietro, senza uno straccio di piano organico a queste aziende in difficoltà che nel settore delle telecomunicazioni aumentano sempre più. Il mio pensiero senatore è semplice: questo governo non fa nulla per la crisi, e le poche cose che fa le fa quando è troppo tardi.
Ho lavorato per 2 anni in questi call center vicino Milano, dove svolgevamo recupero crediti e promozione di servizi finanziari al telefono. Avevamo un contratto terribile: niente ferie pagate, niente malattie pagate, stipendio da fame pagato a ore e non petevamo superare le 6 ore di lavoro giornaliere. Io ho trovato utile un simile impiego solo perchè mi consentiva di avere qualche euro in più durante i miei studi, ma appena laureato ho immeediatamente abbandonato quell’ufficio. Il problema è che oltre agli studenti lavoratori in quel call center vi erano anche moltissime donne, alcune con figli a carico, altre senza marito, che dipendevano unicamente da quel misero reddito che non superava mai i 500 euro mensili. Questa è la vera tragedia. Se penso che oggi quelle persone hanno addirittura perso quella misera retribuzione, se penso che oggi visti i licenziamenti queste persone non hanno nemmeno quei 500 euro per vivere, mi domando questo paese in quale direzione sta andando.
Con 2 anni di ritardo il Re di Arcore ha iniziato a capire che la crisi esiste davvero, non era un invenzione di Repubblica.
Ma continuano a dire che i disoccupati in Italia sono meno che in europa: come se un disoccupato italiano si debba sentire sollevato del fatto che in europa c’è chi se la passa peggio. A parte che in europa ci sono forme di sostegno per i disoccupati che da noi non esistono, ma a parte questo come si può dire a chi è senza lavoro: Ehi guarda che sei fortunato, in europa sono moltissimi i senza lavoro, qui invece ci sei solo tu!!!!
Caro Matteo, certo che qualcosa si può fare. Non si tratta di miracoli, ma di risultati scaturiti da un impegno serio e costante, dalla volontà e dall’unità di lavoratori e istituzioni. Un paese che ha a cuore le sorti dei suoi cittadini e del suo sistema economico deve fare squadra per difendere gli interessi dei lavoratori e del tessuto produttivo.
Il paese è in ginocchio, hai detto bene. La disoccupazione è arrivata all’8,6%, presto saranno tanti i lavoratori che si troveranno senza la copertura della cassa integrazione, oltre che senza il loro lavoro. Ogni settimana chiude qualche azienda che non ce l’ha fatta a superare la crisi e ad affrontare la difficoltà di accesso al credito e stanno chiudendo tanti negozi. Di fronte a un paese che chiede aiuto, il governo deve mettere in campo una seria politica anti-crisi, aiutare tutti i lavoratori in difficoltà, in particolare i precari e quanti secondo l’attuale legislazione non sono tutelati dalla cassa integrazione. E’ necessario inoltre sostenere le aziende che hanno bisogno di liquidità per investire sul loro futuro.
Ma possiamo farcela: abbiamo doti, potenzialità, voglia che – se sollecitate – aiutano il nostro popolo a uscire migliori da questa crisi.
Rispondo a Lorenzo, Giacomo S. e Sos Agile.
Comprendo il vostro desiderio di scendere in piazza per richiamare l’attenzione sul dramma lavorativo dei dipendenti dell’Ex Eutelia-Agile. Diverse manifestazioni sono state fatte nei mesi e nelle settimane scorse e altre se ne possono fare. Le manifestazioni dei lavoratori, la loro volontà di non arrendersi, di contare sono, in democrazia, decisive. E’ superfluo sottolineare che le lotte giuste e vincenti sono quelle che si svolgono in modo pacifico, nel pieno rispetto della legalità. Andate in piazza e fate sentire la vostra voce al governo che continua a sottovalutare l’emergenza lavoro.
Con l’accoglimento della richiesta del concordato preventivo avanzata da Omega e’ stata di fatto bloccata la definizione di insolvenza presentata dai sindacati. Così la vicenda dei circa 1.800 dipendenti dell’ex Eutelia, che da mesi sono senza stipendi, rischia di allungarsi ulteriormente.
Come dice Sos Agile, serve l’intervento delle istituzioni. Il Partito Democratico ha già sollecitato il governo affinché vari un provvedimento urgente con cui far rientrare la vicenda nelle fattispecie della disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, scongiurando lo smembramento dell’azienda e il licenziamento dei dipendenti.
E’ possibile. E’ giusto. Bisogna incalzare il governo, da mesi assente, immobile, confuso, preso solo dalle vicende giudiziarie di Berlusconi.
Caro Giacomo, io non ritengo che ci sia un piano per far morire lentamente la battaglia dei lavoratori di Agile. La situzione in cui si trovano è frutto della condotta scellerata degli speculatori della Omega. Vi è, come ho detto, una colpevole latitanza del Governo, ma non c’è un disimpegno del Pd o della Cgil.
Non so se nella tua accusa al sindacato ti riferisci a qualche episodio in particolare. Io penso che i sindacati svolgano un ruolo prezioso, fondamentale per la difesa dei diritti dei lavoratori.
Come dicevo nel post, anche nell’ultima vertenza della Answers di Pistoia la Cgil ha svolto un lavoro decisivo, mettendo in campo impegno e competenza. Non ho motivi per pensare che lo stesso non possa accadere per altre battaglie per il diritto al lavoro e la dignità professionale. Se ritieni che i rappresentanti sindacali stiano commettendo degli errori, confrontati con loro. Il primo pungolo per chi rappresenta gli interessi dei lavoratori deve venire proprio dalla base. Il confronto e la trasparenza sono elementi indispensabili per il buon funzionamento della nostra democrazia. Penso sia indispensabile l’unità lavoratori, sindacati, istituzioni per poter ottenere risultati positivi come quello della Answers.
Caro Morpheus, fortunatamente l’ epilogo positivo della vicenda degli oltre 500 dipendenti Answers è arrivato grazie al lavoro svolto fuori dalle aule di tribunale, con la conclusione di una trattativa per la cessione dell’attività a un imprenditore interessato ad investire. Io ritengo che il percorso giudiziario e la vertenza debbano procedere parallelamente. E’ doveroso che la magistratura accerti eventuali reati commessi e tuteli i lavoratori da eventuali abusi perpetrati nei loro confronti. Sarebbe però una grave carenza della società se questa fosse l’unica strada da percorrere. Il compito delle istituzioni nazionali e locali, dei sindacati e del mondo imprenditoriale è quello di discutere per trovare la soluzione migliore nell’interesse di tutte le categorie coinvolte. Proprio per questo è opportuno e urgente che da un tavolo tecnico venga fuori una soluzione costruttiva per l’ex Eutelia-Agile, per Phonemedia e per tutte le aziende in cui sono a rischio i posti di lavoro.
E’ comunque una conquista del mondo del lavoro che i diritti vengano tutelati anche – sottolineo anche – in ambito giudiziario.
Cara Dilemma, come darti torto. Quel che manca è proprio la politica. Finora al governo è mancato l’ascolto dei bisogni e delle preoccupazioni dei lavoratori, la consapevolezza delle difficoltà con cui si confrontano ogni giorno migliaia di imprenditori. E’ mancato un approccio responsabile da parte del governo. Si doveva fare una analisi della situazione già quando la crisi si preannunciava in tutta la sua veemenza. Constatati i pericoli che si stavano correndo, bisognava mettere in campo una strategia incentrata su due azioni parallele: una di interventi forti e immediati a tutela dei salari, dell’occupazione, dei consumi e del credito bancario per le imprese. L’altra per pianificare una strategia di lungo periodo che portasse l’Italia a uscire dalla crisi cogliendo le opportunità che essa ci offre: possiamo realizzare uno sviluppo sostenibile, incentrato sulle nuove tecnologie compatibili con l’ ambiente, sul rispetto della persona e dell’etica.
Nulla di tutto ciò è stato fatto. Il governo, come dici tu Dilemma, si è limitato a improvvisare soluzioni, a cercare con grande ritardo di porre rimedio a situazioni che precipitavano da molto tempo. Per mesi il Presidente del Consiglio e la sua maggioranza hanno affermato che la crisi era solo psicologica, fomentata dal pessimismo del media. Poi che la crisi – che prima non c’era – era stata brillantemente superata.
Invece la crisi c’è. Aziende piccole che chiudono o stentanp. Precari che non hanno ammortizzatori sociali. Lavoratori che rischiano di non vedersi rinnovata la cassa integrazione. Negozi che abbassano per sempre le saracinesche. Studi professionali che si ridimensionano. E il governo da mesi è immobile, assente, ossessionato solo dall’ansia di evitare i processi di Berlusconi.
Caro Lucas, grazie per aver reso la sua testimonianza. Il primo elemento rilevante che emerge dalle sue parole sono le condizioni inaccettabili di tanti contratti di lavoro come quello che ebbe lei e che hanno gli operatori dei call center, o molti addetti alla grande distribuzione, fino ai giovani che lavorano nei giovani. Milioni di persone – in gran parte giovani – che formano l’area dei precari. La flessibilità diventa precarietà quando la durata limitata del contratto, le sue condizioni di bassa retribuzione e di salvaguardia di diritti fondamentali, sono imposte da una scelta delle aziende che ritengono di far fronte alla competizione globale risparmiando sul costo dei lavoratori. Questa via alla lunga fa scomparire le aziende, interi settori produttivi.
La via maestra è quella dell’innovazione, della crescita delle professionalità dei lavoratori, della formazione permanente. In questa direzione dovrebbero spingere i governi, ma – come ho detto – non è il caso del nostro. Colpire i diritti e i salari dei lavoratori, la centralità dei contratti a tempo indeterminato colloca l’Italia nella fascia bassa dello sviluppo e le prepara un futuro non positivo.
Il governo Prodi ebbe come obiettivo primario l’estensione di diritti e tutele ai precari. Vennero concretamente compiuti alcuni passi in questa direzione. Purtroppo la caduta anticipata del governo di centrosinistra e la vittoria della destra alle elezioni politiche anticipate interruppe il nostro lavoro.
Il governo di destra non solo non lo ha proseguito, ma ha giorno dopo giorno smantellato le nostre scelte, rompendo ogni argine per l’espandersi del precariato.
Come giustamente sottolinea lei, è drammatico pensare che a quelle condizioni, inammissibili per un paese sviluppato, debbano sottostare in più un gran numero di donne che lavorano per portare alla propria famiglia un po’ di soldi in più.
Sono tante le cose da fare in Italia per rimettere al centro della società il rispetto e la dignità nel lavoro. Dobbiamo sapere che si tratta di un aspetto che riguarda lo stesso principio di legalità. La strada è lunga e il Partito Democratico è impegnato per costruire una proposta alternativa di governo che contenga l’idea di uno sviluppo sostenibile, della centralità del lavoro, di un mercato guidato da regole scritte nella nostra Costituzione.
Controcorrente, la crisi non era un’invenzione né di Repubblica, o di altri organi d’informazione, né delle opposizioni. La crisi c’è da due anni, e ancora oggi ci troviamo a discutere ogni giorno – anche qui sul blog – di aziende che chiudono, lavoratori preoccupati per aver perso il posto, spesso a un’età e con una formazione che non consente loro di trovare un’altra occupazione.
Ma voglio ripeterlo: non chiudono solo aziende industriali o artigianali. Chiudono negozi, si ridimensionano studi di professionisti.
La disoccupazione in Europa non è a livelli molto diversi dal nostro. I dati diffusi dall’Istat lo scorso 1 marzo dicono che in gennaio la disoccupazione nei 16 Paesi dell’area euro ha registrato una leggerissima flessione: 9,9% contro il 10% del dicembre 2009. In Italia il
tasso di disoccupazione e’ passato dall’8,5% di dicembre all’ 8,6%. Nell’area dei 27 paesi dell’Unione Europea il tasso invece è rimasto fermo al 9,5%. In Europa la disoccupazione inizia a scendere, da noi cresce. Seppure le due variazioni siano minime. Il problema è che in Italia c’è un più basso tasso registrato di attività della popolazione, in gran parte dovuta alla piaga del lavoro nero.
Inoltre, come dici tu, in altri paesi europei ci sono maggiori tutele per i lavoratori in termini di ammortizzatori, indennità di disoccupazione, formazione e sono state varate delle vere politiche anti-crisi. Il governo italiano, invece, si è occupato di varare il Lodo Alfano, l’ennesimo condono per il rientro dei capitali dall’estero e adesso è impegnato a far approvare dal Parlamento il legittimo impedimento e l’estinzione del processo. Questione di priorità!