La controriforma della scuola superiore varata dal governo Berlusconi è un ulteriore colpo inferto alla istruzione pubblica. Già la legge Tremonti-Gelmini sulla stabilizzazione della finanza pubblica nel 2008 ha deciso per il triennio 2009-11 il taglio di 8 miliardi di euro, 87.000 docenti e 44.500 componenti del personale tecnico-amministrativo. Inoltre, ha cancellato di fatto il tempo pieno, con un danno per i giovani e un aggravio di spesa per le famiglie. Adesso arriva un nuovo provvedimento che umilia il nostro sistema scolastico. E’ un provvedimento regressivo tanto per gli insegnanti quanto per gli studenti: gli elementi principali sono infatti la limitazione dell’orario scolastico e le 45000 cattedre che scompariranno entro il 2013. Lo studio della seconda lingua al liceo linguistico avrà il 33% di ore in meno – un paradosso evidente – e, se è vero che il tempo riservato alla lingua straniera aumenta al liceo classico, diminuisce nei licei scientifici, dove si pone fine allo studio della seconda lingua comunitaria per tutto il quinquennio. Lo studio delle lingue diminuisce anche alle elementari, dove sono stati tagliati i fondi per gli insegnanti specialistici.
Un altro aspetto, non solo dannoso ma anche irrispettoso delle famiglie, riguarda il contributo volontario versato dai genitori: da anni serve a finanziare l’ampliamento dell’offerta formativa che ciascun istituto decide in autonomia. Adesso diventa una voce di bilancio certa e prevedibile nei tempi di incasso e il ministero autorizza le scuole a utilizzarlo per le spese ordinarie a compensazione della carenza di finanziamenti statali. Di fatto si tratta di una nuova tassa, non solo di ammontare fisso, ma indipendente dal reddito.
Altro che riduzione delle tasse come predica Berlusconi!
Il nostro sistema scolastico si trova a subire un provvedimento di profilo fortemente negativo, che comporta un minor numero di ore di apprendimento, una minore offerta formativa e di attività di laboratorio, nessun investimento sull’innovazione e sulla formazione dei docenti.
L’azione del governo di destra è miope e irresponsabile. Umilia i professori che svolgono una funzione educativa e formativa fondamentale per la società e le giovani generazioni. La destra li manda a casa o mortifica la loro preparazione e la loro passione.
L’istruzione non può essere considerata un capitolo di spesa su cui fare risparmi per assestare i conti pubblici. La scuola è un settore altamente strategico su cui un paese che punta al futuro deve investire. Dalla formazione dei nostri giovani dipende la capacità dell’Italia di essere all’altezza della sua tradizione culturale, antica e contemporanea, e all’avanguardia nel campo delle scienze. Abbiamo bisogno di una scuola più qualificata per tutti, con adeguate risorse finanziarie, con la stabilizzazione dei docenti. Sono necessari interventi per la sicurezza e la funzionalità delle strutture scolastiche. Dobbiamo incentivare i nostri ragazzi con borse di studio e libri gratuiti per i dieci anni della scuola dell’obbligo.
Sono questi i presupposti indispensabili per realizzare uno sviluppo sostenibile, diverso da quello invasivo, individualistico e speculativo che ci ha portato alla drammatica crisi economica e sociale in cui ci troviamo.
L’istruzione è la base per la crescita di un Paese: senza istruzione l’Italia rimarrà sempre fanalino di coda rispetto ai paesi del G20. Siamo gli unici che nella crisi economica hanno tagliato sul sapere. Vorrei capire che futuro possiamo dare ai nostri ragazzi in queste condizioni. Questa ottusità del governo lascia sbigottiti. Da noi gli insegnanti vengono umiliati sia attraverso stipendi da fame sia a causa delle carenze degli strumenti che gli mettiamo a disposizione. Io sono convinto che noi abbiamo fior di docenti, che hanno un’ottima preparazione per garantire un’offerta formativa di qualità. Ma se gli togliamo gli strumenti per poter esercitare la loro professione, come potremo andare avanti ?
Ancor peggio del processo breve, delle ronde e dello scudo fiscale i tagli all’istruzione sono il danno più grande che possiamo fare al Paese. Facciamoci sentire affinchè il governo ci ripensi. Facciamolo per il futuro dei nostri figli.
ma avete visto la trasmissione dell’altra sera (credo domenica scorsa) su raitre? non è Report ma una simile. hanno fatto un reportage sullo strazio che vivono i docenti quando vanno alla famigerata assegnazione delle cattedre…col cuore in gola e spesso la speranza stroncata
Sono felice che anche il vice presidente del senato si renda conto che il ministro Gelmini è il più grave danno che Berlusconi ha fatto all’Italia negli ultimi 20 anni. Sono d’accordo con chi ha scritto che questa agghiacciante serie di tagli che chiamano “riforma” è peggio del processo breve e din tutte le leggi ad personam.
Senatore Chiti, è vero che il governo dopo i tagli di 8 miliardi e di oltre 100 mila posti di lavoro alla scuola pubblica adesso addirittura aumenterà i finanziamenti alle scuole private?
Stanno spaccando il paese in due, attraverso la logica che solo per i facoltosi sarà possibile accedere all’istruzione. E questo non farà che aumentare le disuguaglianze e portarci nel baratro. Che tristezza.
Ecco a cosa porta la riforma della signora Gelmini: in alcune scuole i docenti si sono già riuniti per organizzarsi in vista dei tagli in arrivo l’anno prossimo. Per salvare gli insegnanti di ruolo della scuola, viene utilizzata la quota di autonomia riservata dalla riforma all’istituto per sottrarre ore alle materie in cui intere cattedre o spezzoni d’insegnamento sono dei precari. In questo modo possono assegnare delle ore in più alle materie dove l’insegnante di ruolo invece le perderebbe per via dei nuovi quadri orari
Gentile Senatore Chiti:
sono qui a sottolineare i trastici tagli inferti dalla prossima riforma delle scuole superiore facendoli passare come una oculata razionalizzazione. Mi riferisco in modo particolare all’ istruzione tecnica e professionale, in quest’ultimo caso sono stati enucleati nei primi due anni 14 ore di materie professionalizzanti sostituendole con solo tre ore di laboratorio tenute da un docente tecnco-pratico. Tenendo presente la tipologia di scuola/e il bacino di utenza si accentua il fossato che già separa questi studenti dalle conoscenze richieste dal mondo delle aziende. Spero che voglia evidenziare queste scelleratezze frutto di una logica dedica solo ai conti ragionieristici del ministro Tremonti. Purtroppo i danni arrecati dalla scuola sono irreversibili in quanto vanno ad intaccare intere generazioni e i cui risultati purtroppo si fanno sentire a distanza di molti anni quando non è più possibile recuperare!!!!
Senatore Chiti vorrei un suo commento sugli attacchi di veltroni alla gestione Bersani. Tra l’altro non è la prima volta che lo fa. Ma dire che il Pd di Bersani non è radicato nel territorio e che è lontano dai problemi dell’Italia mi sembra francamente troppo: se c’è stato un pd salottiero e lontano dai problemi del paese è stato proprio quello di Veltroni. Ma come si fa ad essere cosi ipocriti ?
Si commenta da solo: da TUTTO SCUOLA
N. 429, 22 febbraio 2010
1. L’istruzione potrebbe disporre di 7.734 milioni in più se…
Vent’anni fa le Amministrazioni Pubbliche (centrali e territoriali) del nostro Paese spendevano per l’istruzione l’equivalente di 38.335 milioni di euro (38,3 miliardi), pari al 10,3% dell’intera spesa pubblica.
Da quel momento, però, secondo i dati pubblicati dall’Istat, le spese per l’istruzione, pur aumentando in valore assoluto di anno in anno, hanno rappresentato una minor quota percentuale rispetto alla spesa pubblica complessiva.
Nel 2008 la spesa complessiva per l’istruzione ha toccato la considerevole cifra di 71.801 milioni di euro, con un aumento di oltre l’87% rispetto al 1990 (ovviamente i valori assoluti non tengono conto dell’inflazione).
Nello stesso periodo, però, la spesa pubblica complessiva ha avuto una percentuale di aumento maggiore, pari ad oltre il 107% di quanto impegnato nel 1990.
In poche parole le spese per l’istruzione hanno registrato una minor incidenza nell’impegno pubblico, tanto che quella percentuale del 10,3% della spesa per l’istruzione è andata da quel momento diminuendo fino a diventare nel 2008 pari al 9,3%, cioè un punto percentuale in meno rispetto a quella del 1990 ( http://www.tuttoscuola.com/ts_news_429-9.doc ).
Se quella percentuale del 10,3% conseguita nel 1990 fosse stata mantenuta per tutti gli anni successivi, l’istruzione avrebbe potuto disporre complessivamente nel periodo di ben 80 miliardi di euro in più. Per il solo 2008, ultimo anno di rilevazione, l’istruzione avrebbe potuto disporre di 7.734 milioni di euro in più (7,7 miliardi), l’equivalente, cioè dell’intera manovra finanziaria sulla scuola per gli anni 2009-2012, ma di segno opposto: invece di avere a disposizione quasi 8 miliardi in più l’anno – come sarebbe stato se si fosse confermata l’incidenza della spesa del 1990 – si è deciso di fare un taglio aggiuntivo di quell’importo (che andrà verosimilmente a ridurre ulteriormente l’incidenza della spesa per l’istruzione sulla spesa pubblica totale).
N. 429, 22 febbraio 2010
Bravo Ambrosinus, il tuo è un appello per una causa molto importante. Come osservi tu, dall’istruzione dipende il futuro dell’Italia: la nostra economia, la capacità di fare ricerca e innovare, la possibilità di diffondere il benessere. Dal livello di istruzione delle nuove generazioni dipende anche la capacità della società di vincere le sfide del nuovo secolo, come quella della integrazione degli immigrati.
Non c’è dubbio che gli insegnanti siano una categoria non valorizzata. Il loro è un compito delicatissimo, perché non trasmettono solo conoscenze e un metodo: hanno un peso nella educazione dei nostri figli. In un’epoca in cui spesso lavorano entrambi i genitori, non è esagerato dire che i nostri ragazzi passino più tempo con gli insegnanti che in famiglia. Per questo è un dovere del governo dare ai docenti tutti gli strumenti necessari e anche retribuzioni adeguate, entro i limiti imposti dal dovere di tenere in ordine i conti pubblici. La destra invece sta facendo tutt’altro: tagli indiscriminati, riduzioni di ore e di contenuti. Stiamo facendo risparmi a danno dei giovani! Invece, come dici tu, la crisi dovrebbe essere un’occasione per trovare una via di rilancio proprio investendo nella formazione, nella ricerca e nell’innovazione. Si tratta di saper cogliere le opportunità o, al contrario, navigare a vista annaspando dietro alle urgenze. Noi scegliamo la prima strada.
Caro Francesco, lo strazio, il cuore in gola e le speranze che troppo spesso vengono stroncate devono far riflettere. L’Italia ha un debito con gli eterni precari della scuola. E’ inaccettabile che queste persone debbano vivere in condizioni di incertezza lavorativa, senza sapere ogni anno se lavoreranno e dove eventualmente andranno a insegnare. Bisogna riprendere il percorso di stabilizzazione che aveva avviato il governo Prodi e che la destra ha interrotto. In tre anni prevedevamo l’assunzione di 150.000 docenti e 30.000 non docenti. Il primo anno ne vennero assunti rispettivamente 50.000 e 10.000, ma la fine anticipata della legislatura ci impedì di completare il piano.
C’è un altro aspetto preoccupante e pericoloso: la tensione per la “lotteria” delle assegnazioni di cattedre crea una malsana competizione e profonde divisioni all’interno della categoria degli insegnanti. E’ un pericolo che poi si trasferisce sugli alunni, che potrebbero subire le conseguenze della scarsa serenità con cui i docenti arrivano all’agognata cattedra. E il governo, anziché lavorare per migliorare la situazione, qualche mese fa ha introdotto un altro provvedimento che va nella direzione sbagliata: il decreto “salva precari”. Una discriminazione tra i precari, con un meccanismo per cui alcuni dei docenti rimasti senza cattedra scavalcano i colleghi attraverso una corsia preferenziale apposita. L’Italia ha bisogno di politiche che uniscano e i cittadini ci chiedono sostegno, non nuovi elementi di instabilità.
Caro Marzio, non so quale sia il più grave danno recato all’Italia dai governi Berlusconi. Certamente con le coalizioni di destra in questi anni abbiamo fatto tanti passi indietro in diversi campi e accumulato un ritardo pesante rispetto ad altri paesi europei. Ogni volta che governa la destra i conti pubblici peggiorano senza che, quanto meno, si utilizzi la maggiore spesa per investimenti in settori chiave quali l’istruzione, la formazione, la ricerca. Nonostante abbia avuto forti maggioranze parlamentari, la colazione di Berlusconi non ha varato alcuna riforma strutturale che facesse progredire l’Italia, ma solo leggi di interesse personale del premier o di pochi altri.
Approfitto qui per rispondere anche ad Ambrosinus sul tema dei provvedimenti varati dalla destra: L’estinzione del processo (meglio chiamarlo così), le altre leggi ad personam, lo scudo fiscale – che in realtà è un condono in piena regola – sono alcuni dei danni prodotti dalla destra, che governa senza curarsi del bene del paese, dell’interesse generale, ma perseguendo gli interessi particolari e cercando di fronteggiare le mancanze non con politiche serie ma con campagne propagandistiche. Una parte degli italiani ci casca, ma il paese arranca e arretra.
Caro Lucas, nei provvedimenti più recenti non sono previsti aumenti di finanziamento alle scuole private. Ciò non toglie che la strada percorsa dal governo porti alla spaccatura del paese. Si dividono i docenti, che si trovano costretti al “mors tua vita mea” nell’assegnazione delle cattedre ai precari o nella lotta per il mantenimento del proprio spazio all’interno delle scuole. Inoltre con la controriforma Gelmini si rende di fatto obbligatorio il contributo volontario dei genitori. Si introduce pertanto una tassa nuova e iniqua, in quanto il suo ammontare non è proporzionato al reddito. Questo aggravio di costi può creare difficoltà a quelle famiglie che già lottano ogni giorno per arrivare a fine mese con dignità. Creare disuguaglianze nell’accesso all’istruzione è una grande ingiustizia.
Ridurre anziché aumentare la qualità dell’istruzione è in politica una grave responsabilità.
Cara Michela, la vicenda che lei racconta conferma quanto dicevamo prima: questa politica al ribasso che il governo riserva all’istruzione crea divisioni e pericolose lotte per la sopravvivenza. Al di là del fatto che quanto lei ci racconta sia un episodio isolato o succeda in diverse scuole, è un segnale d’allarme. E’ triste apprendere che alcuni docenti utilizzano l’autonomia, uno strumento nato per valorizzare le specificità degli istituti, per assicurarsi una posizione migliore a danno dei precari che arriveranno (o forse che non arriveranno mai) l’anno prossimo in quella scuola. Ecco le conseguenze prodotte da politiche miopi e profondamente sbagliate.
Un paese che punta al futuro con ambizione non riduce ma, semmai, aumenta l’offerta scolastica.
Caro Jfet, ha detto bene: non possiamo permetterci di allontanare ancora di più gli studenti dagli standard di preparazione che sono assicurati nei più avanzati paesi europei e che il mercato richiede. Questo era già un gap che andava colmato e invece la riforma Gelmini peggiora la situazione. Non possiamo lasciare questa pesante e negativa eredità all’Italia che verrà, perché, come dice lei, le conseguenze non si esauriscono ora ma condizioneranno i prossimi decenni.
Abbiamo bisogno di formare persone, di farne cittadini consapevoli, competenti nella loro professione. Il mercato globale ci impone di essere competitivi sul piano dell’eccellenza qualitativa e della specializzazione. L’Italia è il paese delle piccole e medie imprese, una realtà che ha dimostrato più volte di saper essere dinamica. E’ compito della scuola e dall’università garantire che nelle nostre aziende entrino persone in grado di portare conoscenze e di guidare processi di innovazione. E’ vero che la delocalizzazione è dettata innanzi tutto da motivazioni di risparmio sui costi e dalla subalternità della politica all’economia e alla finanza, ma una buona offerta di professionalità e specializzazioni è certamente un incentivo affinché le aziende rimangano in Italia.
Caro Morpheus, io penso che il Partito Democratico non abbia bisogno di questi dibattiti interni, fatti di polemiche, che producono divisioni anziché una forte iniziativa sui problemi vissuti dai cittadini. Siamo un partito giovanissimo, con una nuova identità e che si sta strutturando con alcune difficoltà, tra cui proprio i troppi dibattiti interni su argomenti autoreferenziali, le troppe polemiche e divisioni tra dirigenti. Non credo nelle correnti e nei posizionamenti interni. Il Pd ha come elemento fondante la “mescolanza” di culture politiche e dobbiamo impegnarci tutti perché questo processo di amalgama si completi. Soprattutto abiamo bisogno di tanti iscritti, di essere presenti sul territorio, di circoli che stanno in contatto con le persone in carne e ossa.
Il compito che oggi spetta al Pd è quello di costruire una proposta di governo alternativa alla destra, capace di affrontare le vere priorità del Paese, di creare opportunità per categorie di cittadini più svantaggiate, di proporre e dar vita ad un nuovo sviluppo che coniughi la crescita con la sostenibilità ambientale. Intorno a questi obiettivi dobbiamo impegnarci tutti, sarà anche il modo migliore per cementare l’unità del partito e farlo vincere alle elezioni.
Cara Roberta, i dati che lei riporta sono molto interessanti. E’ vero, la spesa pubblica è aumentata del 107% e quest’anno si attesterà attorno al 117%. A risentirne sono innanzi tutto i conti pubblici, un pesante fardello con cui dobbiamo confrontarci da molto tempo e che limita molto le nostre possibilità di investire.
Tuttavia, non c’è dubbio che al tempo stesso la scuola pubblica in questi anni sia stata penalizzata. Lo dice il fatto che – come lei evidenzia – in dieci anni abbiamo ridotto dell’1% la quota di spesa pubblica destinata all’Istruzione, ma lo dice anche la realtà evidente a chiunque voglia vederla: i nostri professori guadagnano poco in rapporto all’impegno profuso e all’importanza del ruolo ricoperto; le strutture scolastiche sono spesso fatiscenti; il nostro sistema scolastico lamenta ancora un gap di dotazione strumentale. Dobbiamo incrementare la presenza di tecnologia al servizio della formazione dei nostri ragazzi. Infine, il governo attuale colpisce ancora la scuola tagliando 8 miliardi di euro, sottraendo personale e contenuti all’insegnamento.
Voglio aggiungere un altro elemento: a gennaio dello scorso anno l’Eurispes ha diffuso dei dati sulla scuola pubblica relativi al 2005. In quell’anno la spesa pubblica degli Stati membri della Ue per l’istruzione era pari, in totale, al 5% del Pil. L’Italia, col suo 4,4% del Pil, si collocava al 21^ posto tra i paesi Ue. Dietro di noi c’erano soltanto Repubblica ceca (4,2%), Spagna (4,2%), Grecia (4%), Slovacchia (3,8%) e Romania (3,5%). Questo dimostra che non è vero quanto sostengono il Ministro Gelmini e il governo, secondo cui l’Italia per l’istruzione spende troppo e male.