Signor Presidente della Camera dei deputati, Signori ministri, signore presidente e vice presidente della Commissione Parlamentare per l’Infanzia, gentili signori e signore e cari bambini che siete questa mattina qui con noi: il 20 novembre del 1989 fu approvata dalle Nazioni Unite la Convenzione dei Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, ratificata dall’Italia nel 1991; una data importante, una tappa fondamentale lungo la strada delle conquiste democratiche e dell’ampliamento dei diritti (nella storia dell’umanità). Infatti la Convenzione è il primo accordo internazionale, esclusivamente dedicato ai bambini e agli adolescenti, che tutela i diritti dei minori. In essa furono sanciti nuovi principi e nuove norme internazionali: fu affermato “l’interesse superiore” del minore, in tutte le situazioni che lo riguardano.
Non sempre è stato così e purtroppo non è ancora davvero così nella vita concreta dell’umanità.
Per secoli, del resto, i maltrattamenti e lo sfruttamento dei bambini nel nostro Paese, così come negli altri paesi del mondo, non sono stati adeguatamente puniti e neppure perseguiti dalla legge. I bambini venivano considerati quasi una proprietà dei loro tutori.
La Giornata Nazionale per i Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza è un’occasione importante per riflettere sui diritti violati, da quello supremo alla vita al diritto al nutrimento, alla salute e all’istruzione. Anch’io rivolgo un pensiero, come faceva il Presidente Fini, alle tante situazioni di emergenza e di guerra, ultima nel tempo e prima per gravità quella del Congo. Quest’anno però la Giornata Nazionale in questa sede ha come tema centrale l’accoglienza e l’integrazione dei minori stranieri nel nostro Paese.
Prima di svolgere alcune considerazioni più specifiche, voglio però sottolineare la mia condivisione della scelta di istituire anche in Italia il Garante per i diritti dei bambini e degli adolescenti. Ieri il Consiglio dei ministri ha approvato un disegno di legge che si colloca in continuità con iniziative del Governo della scorsa legislatura e alcune proposte di legge sono state presentate dalle forze di opposizione. Dunque vi sono le condizioni non soltanto per ricercare un’ampia convergenza, ma anche per arrivare ad una iniziativa congiunta di maggioranza ed opposizione. Questo è il mio auspicio e questo del resto ieri richiedeva il ministro Carfagna in vista di una possibile e rapida conclusione dell’iter.
Prima dell’avvio di questa iniziativa l’onorevole Mussolini e l’onorevole Serafini ci dicevano come quella di oggi potrebbe e dovrebbe essere anche un’occasione per ripensare e riorganizzare gli strumenti, sia parlamentari che di coordinamento governativo, rispetto al tema della tutela dei diritti dei bambini e degli adolescenti.
Il dossier della Caritas del 2008 stima in circa 3 milioni gli immigrati regolarmente presenti in Italia e di questi i minori non comunitari ricongiunti nel corso del 2007 sono ben 32.744. Il 2008 è stato addirittura l’anno record per l’ingresso di immigrati nel nostro Paese. Fino a qualche anno fa la popolazione immigrata era costituita da una prevalenza di persone impegnate in attività produttive – quindi soprattutto lavoratori maschi adulti – mentre ora si assiste ad un progressivo riequilibrio. In questo contesto l’arrivo dei figli dal Paese di origine attraverso le procedure di ricongiungimento familiare o la loro nascita qui in Italia hanno contribuito in modo significativo a determinare mutamenti profondi. Inizia ad emergere la necessità di un inserimento meno marginale nella società e in seno alle comunità di immigrati di primo arrivo sono nate nuove aspirazioni e aspettative per l’affermazione sociale dei figli. Si manifesta anche un fenomeno serio, da affrontare con urgenza, che voglio richiamare in questa circostanza: per i bimbi nati da genitori stranieri si registra una mortalità nel parto o nei primi mesi di vita quasi doppia rispetto a quella dei figli di genitori italiani. Ciò dipende dalle condizioni materiali di vita, cioè dalla povertà, ma anche dalle conoscenze e dalla cultura, dalla conoscenza dell’accesso ai servizi che sono disponibili. Allora, se vogliamo parlare in modo non retorico di diritto alla vita, occorre intervenire ora e subito in questo campo, richiedendo un impegno eccezionale in primo luogo al Governo, ma anche alle Regioni, che hanno la competenza primaria in questo campo, e alle ASL. Parlare di integrazione sociale significa concepire l’immigrazione come un fenomeno di lungo respiro, che attraverso varie fasi giunge ad una piena cittadinanza basata sul rispetto reciproco tra culture diverse e sulla possibilità reale per l’immigrato di partecipare e contribuire attivamente alla vita della società in condizioni di parità di diritti e di doveri tra quanti vivono nello stesso Paese.
Il riferimento per tutti è la Costituzione come base fondamentale per la nostra convivenza. Possiamo immaginare – ma sinceramente non ci riesco perché c’è differenza tra l’immaginare e il provare direttamente come se lo vivessimo – i sentimenti di smarrimento e di nostalgia per la perdita di luoghi conosciuti, di parenti, di amici, che accompagnano il viaggio dei piccoli migranti verso l’Italia o verso gli altri paesi nuovi, sconosciuti, che diverranno il loro paese, spesso il paese della loro vita. Sono viaggiatori non per scelta, che si trovano quasi sempre catapultati in un’altra parte del mondo all’improvviso, senza che vi sia una preparazione al distacco.
Uno scrittore, Tahar Ben Jelloun, li ha definiti la génération involontaire, “una generazione involontaria”, destinata a incassare colpi. Questi giovani non sono immigrati nella società, lo sono, rischiano di esserlo, nella vita. E’ una generazione involontaria che nei paesi europei è cresciuta notevolmente negli ultimi anni, rendendo questo fenomeno di difficile gestione. I minori immigrati si trovano coinvolti in molteplici passaggi: dal Paese di origine a quello che li ospita, dalla cultura familiare a quella della scuola, dal mondo interno della dimora a quello esterno – e talora conservano anche tratti diversi – dai suoni familiari e affettivi della lingua madre alle parole inizialmente indecifrabili della seconda lingua.
Il Presidente Napolitano, incontrando alcuni giorni fa al Quirinale una rappresentanza di “nuovi cittadini” italiani, di giovani che hanno ottenuto la cittadinanza nel 2007, ci invitava a «procedere con serietà» nelle scelte sull’immigrazione e a rispettare gli «elementari diritti umani, che non possono conoscere barriere». Creare un clima di apertura, questo è stato il suo richiamo, perché gli stranieri che diventano italiani sono «un fattore di freschezza e di forza» per il nostro Paese.
L’investimento più giusto e più grande è quello verso i bambini, che sono in Italia senza essere cittadini italiani: sono i bambini figli di immigrati. Sono qui con un permesso di soggiorno legale, ci ricordava il Presidente: guai a pensare che questi bambini non abbiano gli stessi diritti degli altri. I diritti fondamentali sanciti nella nostra Costituzione riguardano tutti i bambini che si trovano nel nostro Paese, senza eccezione alcuna. Comunque siano entrati in Italia, comunque siano entrati i loro genitori, i loro diritti sono gli stessi dei figli di italiani, in quanto bambini. Impegniamoci tutti insieme nell’adottare rapidamente un provvedimento, che esiste in altri paesi, ad esempio in Francia: un bambino che nasca in Italia da genitori immigrati deve, secondo me, da subito poter assumere la cittadinanza italiana, senza dover aspettare la maggiore età e procedure burocratiche più o meno complesse.
Questo non è tutto, e lo so bene, ma è un inizio che può avere un significato concreto e non soltanto simbolico, anche se conta anche quello. Dunque alle famiglie, a noi tutti come cittadini e come genitori spetta un grande compito: quello di educare. Dobbiamo riscoprire e assumerci questa responsabilità, compresa – e la richiamava il Presidente Fini poco fa – l’attenzione a tutelare i bambini, anche i nostri bambini, da messaggi negativi nuovi, talora legati ai media o alle nuove tecnologie informatiche, che non hanno soltanto potenzialità positive. Dobbiamo saper affermare dei valori condivisi nei comportamenti, non solo nelle parole: l’apertura agli altri e non la paura, il rispetto rigoroso della legalità e la non violenza; tutto questo si trasmette sia con le parole che con la coerenza di quello che facciamo.
Il ruolo della scuola sotto questo punto di vista è primario; è nella scuola che si apprendono le conoscenze e un metodo del sapere che ci aiuta nel corso della vita. Nella scuola gli uni accanto agli altri si vivono esperienze comuni di impegno e di socialità. Qui – dagli asili nido al ciclo della scuola per l’infanzia, e poi a quella elementare e fino a tutta la scuola dell’obbligo – si costruiscono quelle uguaglianze di opportunità senza le quali parlare di valorizzazione del merito diventerebbe poco più che una finzione. Il merito deve essere premiato, certamente, ma consentendo che non ci sia nessuno predestinato all’esclusione per la sua nascita, per la sua origine o per il modo in cui è arrivato nel nostro Paese. La scuola deve anche formare cittadini. In Italia – non capisco perché non lo facciamo – si dovrebbe, come già avviene negli Stati Uniti d’America, ad esempio, far conoscere ai bambini e alle bambine fin dalle elementari il preambolo della nostra Costituzione, perché è il fondamento della loro vita ed è il fondamento dei loro diritti e dei loro doveri. L’impegno nei confronti dei bambini per evitare loro sofferenze, per far vivere loro un’infanzia il più possibile gioiosa, per consentire di diventare adulti esprimendo pienamente la loro intelligenza e la loro creatività, è un dovere per noi tutti. Questo impegno misura la civiltà di un Paese, così come la misura e la arricchisce la capacità di confronto e di incontro tra culture. C’è una frase che alcuni addirittura attribuiscono a Dante, anche se non è così: Tre cose ci sono rimaste del Paradiso: le stelle, i fiori e i bambini. Ho detto che probabilmente non è del grande poeta, comunque a me pare una frase molto bella e soprattutto ci permette una conclusione: che sono i bambini i più importanti
