Le violenze scoppiate nei giorni scorsi a Rosarno sono il frutto di una situazione gravissima e una sconfitta per tutta l’Italia. La ribellione violenta degli extracomunitari esasperati e la successiva caccia all’uomo scatenata contro di loro dalla popolazione locale sono il sintomo di un malessere non sottovalutabile che riguarda il lavoro, l’integrazione, la dignità, il rispetto tra le persone.
Sono significative le parole del Papa: «Un immigrato è un essere umano da rispettare e con diritti e doveri, in particolare nell’ambito del lavoro dove è più facile la tentazione dello sfruttamento, ma anche nell’ambito delle condizioni concrete di vita».
Le cause del malessere erano ben note a tutti da tempo, anche all’estero: un anno fa la Bbc trasmise un reportage dagli accampamenti di Rosarno, raccontando una realtà di incredibile miseria e degrado.
Questa forma di schiavitù è diffusa nel lavoro nei campi in tutte le regioni del sud: anche questo è noto da anni.
Secondo fonti sindacali e giornalistiche, il cambiamento del sistema di distribuzione dei sussidi europei all’agricoltura ha stretta relazione con quanto avvenuto. Nella zona di Rosarno ci sono centinaia di aziende agricole che vivono fondamentalmente sui sussidi comunitari. Mentre fino all’anno scorso questi venivano erogati sulla base della quantità di agrumi forniti alle industrie di trasformazione, un tot al quintale, adesso le sovvenzioni arrivano sulla base della superficie coltivata. I produttori non hanno così più convenienza a raccogliere gli agrumi, in quanto il mercato paga 5 centesimi al chilo prodotti i cui costi di raccolta toccano gli 8 centesimi e i sussidi arrivano in base agli ettari coltivati. Quindi, la mano d’opera non serve più, o serve in misura molto ridotta, e il mercato illegale del lavoro ha risposto alla necessità di allontanarla da quelle zone, approfittandone anche per liberarsi delle personalità più sindacalizzate e attente alla conquista di diritti per i lavoratori agricoli stagionali stranieri.
L’economia agricola meridionale si regge in parte non marginale sullo sfruttamento disumano della manodopera di uomini extracomunitari, regolari e non, che scappano dalla disperazione del loro paese per piombare in un regime di servitù. Trattati come merce, prelevati all’alba da sfruttatori senza scrupoli per andare a lavorare nei campi fino a sera in cambio di pochi spiccioli, vessati e costretti a riposare in accampamenti di fortuna e in condizioni inconcepibili per esseri umani. Dietro a questo sistema inaccettabile c’è spesso la mano della criminalità organizzata. Tutto ciò è inammissibile in qualsiasi parte del mondo, ma ancor più scandaloso in un paese democratico, civile e sviluppato.
Sbaglia chi, come qualche esponente del governo e della maggioranza, riduce la questione semplicemente alla necessità di chiudere le porte ai clandestini. Così si sposta il problema: molti anni fa il caporalato sfruttava i nostri connazionali, adesso tocca agli stranieri perché sono pochissimi gli italiani disposti a lavorare nei campi. Inoltre, la condizione di irregolarità degli extracomunitari facilita lo sfruttamento da parte del caporalato.
Il problema allora prima che la provenienza degli uomini riguarda il sistema criminale che li sfrutta: ciò che manca, come ha sottolineato il Presidente Napolitano, sono la legalità e la solidarietà. Bisogna colpire e eliminare il lavoro nero sottopagato, il maltrattamento fisico e psicologico, l’assenza di diritti dei lavoratori. E’ altrettanto doveroso che chi lavora legalmente nel nostro Paese e partecipa al nostro benessere possa avere un’abitazione dignitosa e venga messo in condizione di integrarsi nella comunità.
Qualcuno ricorda l’inchiesta di fabrizio gatti su l’espresso? è quello che si finse clandestino a lampedusa passando vari giorni dentro il cpt e raccontando nefandezze assurde. Nel 2006, mi pare, si finse extracomunitario in cerca di lavoro sui campi vicino Foggia. Il suo racconto contiene tutto quello di cui si parla oggi per la schiavitù di Rosarno e che, come dice lei Senatore Chiti, non è nulla di nuovo. Abbiamo la schiavitù in casa e lo sappiamo pure!
Attenti al corto circuito tra il bisogno di lavoro degli stranieri e il disagio che la loro condizione arreca agli italiani. La sinistra non deve commettere lo storico errore di pensare solo ad accogliere
Terribii le immagini della furia dei neri contro le cose degli italiani, terribili quelle del pogrom contro di loro. Gli stranieri creano disagio è vero. Lo stesso disagio che noi italiani abbiamo creato negli americani, nei tedeschi e in tutti i popoli che ci hanno “accolto”. I racconti della mia bisnonna, 30 anni in belgio, sono terribili: servitù, malattie, violenze di ogni genere, anche stupri, che era inutile deninciare alla polizia. E la degradazione, (alcolismo, violenze famigliari), la violenza, la criminalità portate da noi. Tutte le emigrazioni sono uguali, creano rancore, sfruttamento, disagio. Portano ricchezza e malessere. Da lei, onorevole Chiti, vorrei sapere come pensa che si possano affrontare queste situazioni. Io cedo che sono fenomeni che planetari che non si poccono negare né contrastare ma che si devono gestire. Mi rivolgo a lei perché frequento abstanza i blog dei politici e apprezzo il suo perché non sembra la solita vetrina, vedo che rispode sempre in modo non generico, ma un momento di dialogo con chi interviene. Grazie, Mario.
Ci sono due aspetti da considerare. Il primo riguarda la condizione e il contesto di illegalità, in alcune zone permanente, del nostro meridione,che genera situazioni di schiavitù verso i lavoratori grazie al totale controllo da parte della criminalità organizzata.
Poi c’è la rivolta degli abitabti di Rosarno: in questo caso gli immigrati a mio parere hanno soltanto la colpa di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Mi spego meglio, gli immigrati in quel contesto hanno rappresentato l’anello debole della vicenda, più debole anche dei rosarnesi, già loro dimenticati dallo stato da decenni. IL problema della rivolta a Rosarno riguarda un problema storico ed endemico dell’Italia. Quello della questione meridionale e della criminalità organizzata. E la popolazione che vive in quei luoghi, con le infiltrazioni criminali, con il permanere di stato di illegalità, con l’assenza dello Stato, non può che reagire come in una lotta di sopravvivenza.
Il lavoro. Più e reale opportunità di lavoro per i giovani, per i disoccupati e per le donne. E far rispettare le regole sanitarie e quelle a tutela dei lavoratori a chi assume manovalanza per il settore agricolo. In questo modo a Rosarno non sarebbe mai accaduto nulla.
Serve assolutamente non alimentare anche il altri luoghi tensioni e situazioni di disagio, in Italia altre Rosarno per ora invisibili potrebbero esplodere specialmente al sud. Serve la presenza dello Stato, diritti per i lavoratori e osservanza delle regole da parte di tutti.
Buonasera a tutti e al senatore Vannino Chiti. Nessuno fino ad ora ha parlato di un fatto gravissimo avvenuto durante i giorni della rivolta a Rosarno: le vergognose e inammissibili dichiarazioni del Ministro Maroni sulla tolleranza zero verso gli immigrati. Dare la colpa di quanto è accaduto al fatto che è mancata la tolleranza zero verso i clandestini è semplicemente allucinante. Primo perchè è un semplice accanirsi contro l’ultima ruota del carro, contro i più deboli, e questo è tipico della Lega. Ma soprattutto è allucinante perchè tutti sanno, anche il Ministro MAroni, che quegli immigrati erano all’80% regolari con permesso di soggiorno. Quindi vorrei capire come un Ministro dell’Interno abbia potuto lo stesso giorno della rivolta uscirsene con tanta irresponsabilità.
Siamo due calabresi, non di Rosarno ma della provincia di Reggio. Conosciamo molto bene questa situazione noi e tutti i conterranei. Siamo stati migranti noi calabresi, non siamo razzisti. Siamo solo una regione povera, avvelenata e sempre in lotta per sopravvivere. Come noi lottano anche gli stranieri che si ammazzano nei campi (li vediamo coi nostri occhi) ma la disperazione loro e il disagio nostri ci portano a questo casino. Colpa dell’Italia che non ha saputo gestire l’economia illegale e povera del sud
Sono d’accordo che l’immigrazione vada regolata attraverso flussi, e questi dovrebbero essere decisi da tecnici e non da politici. La politica dovrebbe vigilare sul fatto che non accada mai più ciò che è successo a Rosarno, dove non sono stati rispettati i diritti più elòementari degli esseri umani.
A Davide lanza: sono d’accordo sul fatto che la vicenda di Rosario era nota da tempo. La situazione fra i migranti era colma di tensioni e di forti disagi. Nei mesi scorsi diverse erano state infatti le segnalazioni da parte di giornalisti, delle associazioni, delle organizzazioni non profit, della Chiesa, rivolte alle autorità locali sulla gravità di quello che stava accadendo: migranti che vivono in condizioni degradanti e disumane, sfruttati dalla criminalità e sottopagati. Anche in Italia è necessaria una legge che affronti la questione del diritto d’asilo, diversa per sua natura da quanti vengono da noi per motivi di lavoro. Per questi ultimi è necessario che vengano fatti rispettare i contratti, le regole di retribuzione, che siano costruiti percorsi di integrazione che assicurino ad ognuno i diritti e richiedano ad ognuno il rispetto dei doveri.
In Italia per tutti i cittadini, vi siano nati o meno, il riferimento deve essere la Costituzione, la legalità, il rifiuto della violenza.
A matteo: non credo che in passato la sinistra abbia pensato solo ad accogliere gli stranieri. Le migrazioni sono un fenomeno non eludibile del nostro tempo: possono essere governate ma certamente non possono essere cancellate. Governare le migrazioni significa in primo luogo distinguere tra diritto all’asilo politico e immigrazione vera e propria, regolare o irregolare. È giusto creare le condizioni per una immigrazione regolare: quella clandestina rappresenta un veicolo di sfruttamento e in alcuni casi di schiavitù. Per riuscirci occorrono accordi con i paesi di origine, il rispetto assoluto per la persona, la definizione delle quote necessarie per le attività di lavoro in Italia e l’organizzazione di attività per l’integrazione: corsi per imparare la nostra lingua, la nostra cultura e per conoscere i principi della nostra Costituzione. Se non ci fossero gli immigrati i lavori nelle campagne, nell’edilizia, nelle concerie, nelle tintorie – solo per fare alcuni esempi –sarebbero paralizzati. Il problema per tutti – italiani di nascita o meno – è quello dei rispetti dei contratti, del tenere indissolubilmente legati diritti e doveri.
A Mario: ritengo che tu abbia colto bene la complessità del tema emigrazione: si tratta di uno dei fenomeni mondiali più problematici e controversi, sia dal punto di vista delle cause che delle conseguenze. E la sua caratteristica di fenomeno planetario fa sì che tentare di negarla, descrivendola come un fenomeno solo negativo e da combattere, sia un atteggiamento irresponsabile, ingiustificabile da parte di chi ha responsabilità politiche. Quando si parla di immigrazione, spesso si pensa – o così qualcuno vorrebbe – alla criminalità, mentre tutti gli aspetti positivi, come ad esempio gli effetti sull’economia o sulla natalità di un Paese, non sono mai presi in considerazione. Bisogna essere coscienti che chi emigra, nella quasi totalità, rappresenta sempre la parte migliore del suo paese: partono i più forti, intelligenti e intraprendenti. Lo sappiamo bene, o lo dovremmo sapere, noi italiani: i paesi e le campagne svuotate dall’emigrazione restavano senza le forze più vive, condannati a non poter crescere e migliorare, senza un futuro davanti. Il tuo intervento coglie un punto importante anche quando ragiona sul fenomeno dell’immigrazione facendo tesoro della nostra esperienza storica di popolo di emigranti. La memoria della tua famiglia ti aiuta e la sua storia appartiene a molti di noi: quasi ogni famiglia ha avuto qualcuno che è emigrato, cercando all’estero quella speranza che da noi pareva impossibile. Anche io ho avuto una zia – la sorella di mio padre – emigrata in Belgio e ho in Belgio cugini e parenti. Tu mi chiedi poi come la politica, ma io aggiungo anche la società tutta, debba affrontare questi fenomeni. Io credo che nell’immigrazione siano molto importanti politiche specifiche, relative alla regolazione dei flussi di ingresso e a seri programmi per l’integrazione. Ma, come la terribile vicenda di Rosarno ci insegna, ritengo sia molto importante il tema dei diritti, delle regole da assicurare a chi lavora, sia nato o meno in Italia. Se i lavoratori immigrati sono preda di uno sfruttamento – che spesso assomiglia a forme di schiavitù – tutto diviene più difficile. Noi italiani dovremmo capire che i diritti dei lavoratori sono inseparabili: non ci sono quelli degli italiani e quelli degli altri. Ci sono i nostri diritti e la nostra sicurezza. Se un lavoratore straniero viene messo in regola e pagato secondo quanto prescrivono leggi e contratti questi non verrà preso al posto di un lavoratore italiano, perché costa meno al padrone e non ha tutele ma perché fa lavori che non sono coperti, che richiedono occupazione, magari perché gli italiani non sono più disposti a farli. Facilitare l’integrazione degli stranieri, la scolarizzazione dei figli, l’accesso alle cure e all’assistenza, vuol dire tutelare loro e gli italiani. Se gli italiani non si sentono tutelati, invece, possono accadere ancora fatti terribili come quelli accaduti a Rosarno. Compito della politica è quello di affrontare questi temi con senso di responsabilità e amore per il futuro del Paese, non cercando facili rendite elettorali fomentando le paure dei cittadini.
Caro Ambrosinus: in buona parte ti rimando alla risposta che ho dato a Mario, che tocca alcuni temi da te proposti. Tu aggiungi due temi importanti: la questione meridionale e la criminalità organizzata. Le differenti velocità dell’Italia sono il problema storico forse più antico del nostro paese e quello che pesa di più oggi. La presenza della criminalità organizzata deve molto all’abbandono e alla sottovalutazione del problema del meridione che le politiche portate avanti negli anni non sono riuscite a invertire. La criminalità prospera per la mancanza di continuità nella volontà politica di combatterla; per carenza della cultura della legalità; e per l’assenza di opportunità di sviluppo con la quale si scontrano gli abitanti di vasti territori del nostro paese. Dopo la deindustrializzazione non si è riusciti a sostituire nuovi motori economici per il sud d’Italia. E oggi molti rappresentanti della maggioranza anziché andare avanti vanno indietro: pensare il sud in difficoltà come un fardello per il nord prospero è un errore madornale per il futuro di tutto il Paese. La forza dell’Italia è quella di essere un ponte tra Europa e mediterraneo, di affacciarsi in un mare sulle cui sponde vivono 400 milioni di persone. Si tratta di un’occasione da cogliere e valorizzare. Purtroppo, questa maggioranza non è in grado, per le contraddizioni al suo interno, di mettere in campo le politiche necessarie a compiere questo importante passo per il futuro del Paese. La destra mette i territori l’uno contro l’altro: cerca di privilegiare alcune aree del Nord e con quello che avanza dare qualche contentino assistenziale (e talora clientelare) al Sud.
Buongiorno Laura, sono d’accordo con te. Legalità e lavoro dovranno essere i pilastri per una ripresa del mezzogiorno. Senza una svolta politica radicale su questi due temi, legati strettamente tra loro, il Sud vivrà una ulteriore accentuazione delle disuguaglianze: aumenteranno precarietà e disoccupazione e inoltre, fatti come quelli di Rosarno potrebbero moltiplicarsi. Con la crisi economica, il mezzogiorno sta registrando un calo dell’occupazione disastroso, anche rispetto ad altre zone del Paese. Occorrono quindi misure urgenti da adottare nell’immediato. Il Pd sta incalzando il Governo e ha presentato proposte concrete sull’emergenza del lavoro in Italia, in particolare nel meridione. Proprio questo sarà il tema che affronterò nel prossimo editoriale sul blog. Concludo dicendo che gli atti di violenza avvenuti a Rosarno due settimane fa sono il sintomo di un malessere da non sottovalutare che riguarda, oltre il tema del lavoro, anche l’integrazione, la dignità della persona, il rispetto tra culture diverse.
Caro Lorenzo Conti, hai ragione. Serve una sempre maggiore presenza dello Stato. I cittadini non devono sentirsi abbandonati, i servizi devono funzionare, le forze dell’ordine essere presenti sul territorio e venire dotate dei mezzi per portare avanti i loro compiti. Le regole, poi, vengono spesso viste come un impaccio quando invece sono esattamente il contrario: la legalità è una garanzia per tutti. Per questo, il rispetto dei diritti di tutti, lavoratori italiani e stranieri, stagionali o meno, è l’unica garanzia di sicurezza e di tutela che va realisticamente perseguita. Il problema più serio, da affrontare con efficacia, è quello della immigrazione non regolare: è all’interno di essa che riscontrano più percentuali di criminalità. Gli immigrati regolari hanno un tasso di criminalità lievemente inferiore rispetto a quella degli italiani nati in Italia.
A Maria Rosaria: il governo ha fallito clamorosamente le sue “politiche migratorie”, se di tali si può parlare. Ha tagliato i fondi alle forze di polizia, che anche in questa situazione hanno saputo dimostrare la loro professionalità e capacità. Hanno istituito le ronde fai da te, che poi sono state disertate e ritenute dannose da parte di tutti gli amministratori. Stanno delegittimando la magistratura e sfasciando il funzionamento della giustizia. Hanno criminalizzato al massimo l’immigrato tout court, elevandolo a causa di tutti i mali di questo paese. Intanto il governo non applica la normativa sull’immigrazione, non rispetta i tempi per il rinnovo dei titoli di soggiorno, non rispetta i tempi per la concessione della cittadinanza italiana.
Ai due amici che scrivono dalla Calabria dico: carissimi, sono veramente contento del vostro intervento che dimostra ancora una volta come le energie e le intelligenze per capire e risolvere i problemi del sud siano, prima di tutto, quelle del sud. Molti hanno cercato spiegazioni facili per quanto è successo dicendo che gli stranieri sono ingrati e violenti oppure, sul fronte opposto, che gli abitanti della zona di Rosarno sono razzisti. La realtà, purtroppo, non è mai semplice. Persone e territori abbandonati, senza certezze e senza sicurezza, possono reagire nel modo sbagliato. Lavoratori che vengono a cercarsi la vita, per loro e le loro famiglie rimaste in patria, possono indirizzare la loro rabbia in modo cieco e sbagliato. Resta il fatto che si sarebbe dovuto intervenire prima che l’esasperazione dei migranti divenisse disperazione e rabbia. Prima che la malavita rimestasse nel torbido per i suoi interessi. Prima che i calabresi si sentissero nel mirino e reagissero nel modo sbagliato. Ora è importante che le forze vive e responsabili della Calabria riescano a trovare nella politica interlocutori seri, disposti a risolvere i problemi e non a crearli. Rincorrere voti esasperando paure e incertezze è irresponsabile. Si deve ricercare un confronto serio, proporre soluzioni, realizzando una cittadinanza che si fondi sulla legalità, sulla non violenza, sul rigoroso rispetto da parte di tutti dei diritti e dei doveri.
Buongiorno Morpheus. Quello che e’ accaduto a Rosarno nei giorni scorsi è la conferma che la politica ha fallito perché ha consentito per anni che più di mille lavoratori vivessero in condizioni di degrado. E’ una vergogna e ci riporta indietro nel tempo, a quando eravamo noi a cercar fortuna nel mondo e, forse, in alcuni casi, subivamo la stessa sorte. Tutti dobbiamo impegnarci affinché non possa ripetersi più, in nessuna zona d’italia, quanto avvenuto in quei due giorni a Rosarno. E’ impensabile, in un Paese che si ritiene civile, tollerare la riduzione in schiavitù di esseri umani. Il lavoro dei migranti, come confermano le associazioni di categoria, è indispensabile all’economia e un’eventuale restrizione dei flussi da parte del Governo penalizzerebbe le aziende sane che si troverebbero senza la manodopera di cui hanno bisogno.