TEMI. Il vicepresidente del Senato ai presuli italiani: non cedete a una destra che esercita un «protettorato morale» in cambio di voti. E auspica sulla bioetica «maggioranze qualificate, come si fa per le riforme costituzionali».

Per gli interventi legislativi che hanno un profilo bioetico servono «maggioranze qualificate come si fa per le riforme costituzionali», è necessario «un patto fra le forze politiche»; è questa la strada giusta per evita re strumentalizzazioni e tornaconti elettorali di breve periodo. La Chiesa, poi, non dovrebbe cedere a una destra che esercita su di essa una sorta di «protettorato morale» chiedendo in cambio voti e consenso e aggiornando così «un improponibile potere temporale». Da parte sua invece il Pd deve andare oltre la concezione di un partito che sappia accogliere credenti e non credenti per costruire un «nuovo umanesimo» che guardi alla «libertà religiosa» e alle fedi come elementi essenziale della modernità e non quali residui di «sopravvivenze arcaiche». La religione, di conseguenza, non può essere ridotta a esperienza privata ma si confronta con le altre culture e tradizioni presenti nel Paese. Sono questi alcuni dei punti qualificanti della lettera che Vannino Chiti, esponente di spicco del Pd e vicepresidente del Senato, ha indirizzato ai circa 250 vescovi italiani. Il tentativo, spiega Chiti al Riformista, è quello di far ripartire il dialogo fra i democratici e il mondo cattolico, a cominciare proprio dall’episcopato.

Temi comuni
, spiega l’esponente del Pd, ve ne sono: l’ultima enciclica di Ratzinger, intanto, la Caritas in veritate, con la sua critica agli «spiriti egoistici del capitalismo» e la richiesta di un welfare delle opportunità per sostituire quello, superato, del «risarcimento»; poi c’è la scelta di dare la cittadinanza ai figli degli immigrati nati nel nostro Paese – esigenza ribadita proprio ieri dal Papa – e la certezza che la «centralità della persona e la difesa della vita» sono temi che il Pd deve includere nel proprio orizzonte politico e culturale. Soprattutto però, sullo sfondo di questa offerta di dialogo, emerge il grande nodo dei temi bioetici: il testamento biologico è alla Camera e il dibattito in corso promette scintille. Su questo aspetto Chiti chiama i vescovi al confronto: «L’autodeterminazione della persona non può essere sostituita dall’autorità dello Stato», il rischio è lo Stato etico e totalitario. Ma se appunto la Chiesa ha scelto la sussidiarietà come strumento con il quale cambiare le istituzioni e la politica, allora «questa libertà e responsabilità dei cittadini, non può essere fatta valere nel campo dell’economia e del sociale ed essere revocata in quello dell’etica» in favore di un «dominio dello Stato». Poi, nella lettera, Chiti compie una interessante invasione di campo, e cita le parole che Paolo VI indirizzava al cardinale Villot: «Pur escludendosi l’eutanasia, ciò non significa obbligare il medico a usare tutte le tecniche di sopravvivenza che gli offre una scienza infaticabile creatrice, in tali casi non sarebbe una tortura inutile imporre la rianimazione vegetativa, nell’ultima fase di una malattia incurabile?», quindi Montini spiegava come il dovere del medico sia quello di calmare le sofferenze invece di prolungare a qualunque costo la vita.

L’esponente del Pd spiega poi al Riformista che leggi su simili materie devono essere soggette a revisioni: tra vent’anni quello che vale oggi può non essere più vero – «non ci deve essere imperativo meccanico per il medico» – si pensi ai trapianti d’organi e alla decisione della comunità scientifica di accettare la morte cerebrale come criterio condiviso per la fine della vita; un evento relativamente recente che ha rivoluzionato i trapianti. Ancora, il rapporto con il medico da parte del paziente e dei famigliari è decisivo, e su questo punto il ragionamento dell’esponente del Pd incontra quello della Chiesa. Sul tema della vita, d’altro canto Chiti, ha scritto ai vescovi parole chiare: «Nessuno di noi ha il diritto di decidere della vita o della morte sua o di altri, ma ad ognuno di noi deve essere riconosciuta la responsabilità una volta che il cammino verso la morte sia intrapreso di scegliere qua li interventi sanitari accogliere o rifiutare». Chissà come la pensano i vescovi. «Alcuni mi hanno risposto» spiega Chiti. C’è, infine, il tema di una legge sulla libertà religiosa: «Sarebbe utile – osserva l’esponente del Pd – perché viviamo in una realtà multireligiosa, e lo Stato deve creare le condizioni affinché l’esperienza religiosa possa esprimersi. I partiti, se vogliono il bene dell’Italia, dovrebbero stabilire che le questioni della libertà religiosa e della bioetica vanno tenute un passo fuor dalla contesa politica per il governo del Paese».

Francesco Peloso