L’Europa ha perso 4 milioni e 300 mila posti di lavoro dall’inizio della crisi allo scorso giugno. Lo ha comunicato la Commissione Europea il 23 novembre, aggiungendo che l’Italia rimane molto lontana dall’obiettivo della strategia di Lisbona: dovremmo portare il tasso di occupazione al 70% entro il 2010 mentre ci fermiamo appena al 58,7%.
Nello stesso giorno il Direttore Generale del Fondo Monetario Internazionale Strauss-Kahn ha detto che è difficile sostenere che la crisi sia passata, dal momento che la disoccupazione è ai massimi storici e continuerà a crescere.
E’ la perdita del lavoro l’emergenza principale che dobbiamo contrastare.
Nelle settimane scorse avevo sottolineato come fosse poco significativo, ai fini della conclusione della crisi economica, il dato positivo del ‘superindice’ dell’ Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico relativo alla ripresa dell’economia italiana. Nuovi dati dell’Ocse confermano quella mia convinzione: se da un lato si registra una prima lieve ripresa del nostro Prodotto interno lordo, dall’altro continua ad aumentare il dato di chi si trova senza lavoro. Nel terzo trimestre di quest’anno cresciamo dello 0,6% rispetto al precedente e stiamo sopra la media dell’Unione Europea, ma il nostro tasso di disoccupazione è passato dal 6,8% dell’anno scorso al 7,6% di quest’anno, con una previsione dell’8,5% per il 2010. Altre previsioni ipotizzano addirittura che il prossimo anno si arrivi al 10%. Il Segretario della Cgil Epifani alcuni giorni fa quantificava in 570.000 i posti di lavoro persi negli ultimi 12 mesi; di questi 300.000 sono precari.
Perdere il lavoro è un dramma personale e familiare, non solo dal punto di vista economico: il lavoro è fonte di sostentamento – spesso appena o non sufficiente – ma anche di dignità, di realizzazione personale e di integrazione sociale.
Chi governa un paese nel quale il lavoro disponibile per i cittadini diminuisce e quello che c’è spesso è privo delle dovute tutele e garanzie ha il dovere di porre questo allarme al primo posto della sua agenda e di lavorare con ogni energia per invertire la rotta.
Non è quello che sta facendo il governo di destra in Italia. L’Esecutivo e la maggioranza intendono presentare, all’interno della Finanziaria, alcune misure dedicate al welfare, tra queste un premio per le agenzie per il lavoro che ricollocano i disoccupati o i lavoratori in mobilità e un aumento dal 20 al 30% dell’indennità di disoccupazione per i lavoratori a progetto.
Finora di questa indennità più che modesta hanno usufruito appena duemila persone. E’ urgente che i benefici degli ammortizzatori sociali siano estesi alle centinaia di migliaia di precari rimasti senza occupazione e che l’entità degli aiuti sia più dignitosa.
Il Pd ha indicato tre misure urgenti: riduzione del carico fiscale sui redditi medio-bassi; misure per dare liquidità alle aziende; possibilità per i comuni con i bilanci non in deficit di dare il via ad opere pubbliche.
Più in generale dobbiamo spostare gli equilibri e il peso fiscale sulle rendite, che in questi anni si sono irrobustite a scapito del mondo del lavoro.
Per questi motivi la soluzione non sta nei provvedimenti minimi e di facciata adottati dal governo, in presenza di una crisi occupazionale enorme, che necessita di politiche forti, serie e incisive.