di Vannino Chiti

Ci sono voci riguardo alla elezione dei vice presidenti dei gruppi parlamentari del Pd che non mi piacciono affatto. Spero siano infondate ma se avessero conferma mi vedrebbero contrario.
Di cosa si tratta? La elezione dei vicepresidenti – ove necessario anche passando per modifiche ai regolamenti dei gruppi – verrebbe fatta corrispondere di fatto all’appartenenza alle mozioni congressuali. Sa rebbe una strada profondamente sbagliata, a mio giu dizio negativa per il presente e per il futuro: favorireb be la trasformazione delle mozioni in correnti cristallizzate. Terminato un congresso, le mozioni vengono meno: restano gli organismi dirigenti, le donne e gli uomini che, nel partito e nei gruppi parlamentari, por tano avanti le loro idee, prendendo atto dei risultati che iscritti – e per noi anche elettori, avendo fatto la scelta delle primarie – hanno determinato.
La moltiplicazione di correnti organizzate, non ha niente a che vedere con la gestione plurale. Nei gruppi parlamentari ciò rappresenterebbe anche un precedente grave.
Si può decidere di avere un solo vicepresidente dei gruppi parlamentari o più di uno, ma non per corrispondere alle mozioni congressuali, bensì in relazione ai compiti da svolgere, alle priorità da affrontare, guardando alle competenze, all’esperienza, all’impegno e all’autorevolezza delle persone. In caso contrario nei prossimi congressi rischiamo di avere, a livello nazionale, ma poi anche regionale e locale, mozioni costruite in previsione di future assegnazioni di ruoli e non sulle grandi scelte da compiere. E’ il contrario di quello di cui abbiamo bisogno. La gestione plurale – uso l’espressione del Segretario – deve essere condizione per esprimersi e decidere con libertà e responsabilità, non per congelare le mozioni in correnti permanenti e rendere il Partito Democratico una specie di loro confederazione.
L’elezione del segretario attraverso primarie di cittadini non è il toccasana virtuoso, che assorbe in sé tutte le potenzialità democratiche di cui abbiamo bisogno: è, al tempo stesso, indispensabile costruire i luoghi di elaborazione, di confronto, di decisione. Gli organismi dirigenti lo sono. Tutti cogliamo l’impegno a valorizzarli che Bersani sta mettendo in atto. I gruppi nel Parlamento – come nelle regioni, comuni e province – possono e devono essere altrettante sedi privilegiate e fondamentali. Gli atti concreti che compiamo non devono andare in direzione opposta. Non possiamo permetterci di deludere i milioni di cittadini che hanno confermato la loro fiducia nel progetto del Pd. In un partito moderno i gruppi nelle istituzioni svolgono una funzione fondamentale: le scelte che si compiono esigono coerenza con l’annuncio di un rinnovamento della politica.