Il Partito democratico è una realtà, una presenza politica non effimera nella società italiana. Le elezioni europee lo hanno confermato. Il loro risultato non ci consegna certo una vittoria, ma ha un significato inequivocabile: il progetto del Partito democratico può andare avanti.
Siamo uno dei partiti progressisti più forti in Europa. Socialdemocratici tedeschi, laburisti inglesi, socialisti francesi hanno registrato un risultato ben più modesto. Solo in Svezia e in Grecia hanno vinto i progressisti. Non è una consolazione: in politica mal comune non diventa mezzo gaudio. Non possiamo dichiararci soddisfatti: in troppe aree del paese, soprattutto al Nord e in Campania, perdiamo terreno. Da qui tuttavia si può e si deve ripartire.

Ne esce rafforzata la necessità di una svolta, di innovazioni profonde nella cultura politica, nei programmi, nella strategia dei partiti progressisti. Occorrerà riflettere bene su questo spostamento a destra dell’Europa, dietro l’incalzare della crisi, le insicurezze e la perdita di benessere che essa genera, le paure nei confronti del futuro. Non è la prima volta nella nostra storia che la crisi spinge a destra, anche se può apparire paradossale: questa crisi è figlia del fallimento della destra, della sua ideologia e dei suoi governi, fondati sul liberismo senza regole e sull’individualismo selvaggio.

Se tuttavia le forze progressiste non riescono ad avanzare una critica anche culturale alle impostazioni della destra e a mettere in campo una alternativa politica e programmatica continueranno a registrare delusioni e sconfitte.
Sono ancora più convinto della necessità di non isolarci ma di lavorare per unire i partiti progressisti e riformisti, intanto su scala europea e nel Parlamento dell’Unione.

Stare insieme ai socialisti e ai socialdemocratici, con la nostra autonomia culturale, non significa puntellare i muri di una casa già costruita, non sufficientemente ampia né politicamente attrezzata per accogliere il nuovo ed espandersi: vuol dire perseguire l’obiettivo della realizzazione di un nuovo edificio per le forze progressiste, andando oltre i confini tradizionali della sinistra, ma non da soli, bensì insieme ai grandi partiti riformisti. Perché il compito è grande e non basta evocarlo: è necessario dar vita ad uno sviluppo che abbia a suoi riferimenti principali la persona e l’ambiente; elaborare un progetto che aggiorni – non dimentichi – l’uguaglianza, ancorandola alle opportunità di vita di donne e uomini.

Il vecchio welfare oggi divide: il nuovo welfare deve saper unire non semplicemente i lavoratori, ma i cittadini, a partire dall’infanzia, perché deve porsi l’obiettivo non di un risarcimento del danno o del rischio, condizionato positivamente dalla forza organizzativa e contrattuale, ma quello della realizzazione di una uguaglianza delle opportunità.
Fare coesistere uguaglianza e merito nella società plasmata dalla rivoluzione tecnologica: sta qui uno dei cardini per affermare una sinistra moderna.

Tratto dalla premessa del nuovo libro di Vannino Chiti
“La Sinistra possibile – Il Partito democratico alle prese col futuro”
(2009 – Donzelli Editore)