Il Partito democratico è la scelta che dà il senso all’impegno politico delle nostre generazioni. Su di essa abbiamo investito tutto. Abbiamo bruciato le navi dietro di noi: non esiste per gli ex Ds, gli ex Margherita, gli ex riformisti liberaldemocratici una casa alla quale poter fare ritorno. Meglio dunque cancellare la parola ex dalle menti e dai cuori, concentrandosi sul Partito democratico, sulle scelte da compiere, le sfide da affrontare, sul rinnovamento culturale e organizzativo da realizzare.
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Adoro i libri. Adoro sfogliarli, guardarli e toccarli. Non sempre mi piace leggerli. Un libro per essere letto deve esser piacevole. Inauguro pertanto una rubrica nella rubrica dedicata ai libri da divorare: gnam, gnam slurp. Inizio con un libro politico. Un libro edito da Donzelli scritto da un amico del giudice Antonino Caponnetto: Vannino Chiti, per questo ne parlo. Il titolo è un programma: la sinistra possibile. Il sottotitolo pure: il Partito democratico alle prese col futuro. Conosco Vannino dal 2001 quando venne a casa di Nino insieme al fidato Nardella per parlare di sicurezza in Toscana. Scoprii che erano amici e che Nino lo considerava una persona perbene. Il libro difende la nostra Costituzione quando cita il Calamandrei che nel discorso agli studenti del 1995 affermava: “la Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro l’impegno (…) la propria responsabilità. Per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza della classe politica (…). Triplo gnam. Il libro parla di politica nei contenuti, non di guerre e divisioni sui nomi. Non di inutili correntizzazioni. Gnam. Il libro analizza le principali forze politiche presenti dalla Lega Nord all’Italia dei Valori. Gnam. Il libro chiede al centrosinistra di tornare ad essere credibile. Gnam, gnam… Slurp. Il libro è un atto di amore nei confronti del Pd ma ne elenca anche i difetti, quali la mancanza di unità e di sedi e metodi di confronto nei quali si verifichino le analisi, si definiscano le diverse opzioni. Vannino chiede al Pd di non svolgere un congresso basato solo sui nomi o sugli organigrammi in quanto non è questa la strada per recuperare il consenso di una società delusa dalla politica. Come non essere d’accordo con tutto ciò? A proposito di delusioni, anch’io ne ho una piccola nei confronti dei tre candidati alla segreteria del Pd, intervistati sui gusti musicali hanno scelto Bersani i Led Zeppelin, Franceschini De Gregori e Marino i Chicago. Ok bei gruppi ma oggi non ascoltate niente? Tutti in castigo ad ascoltare Eminem.
Recensione di Salvatore Calleri, Presidente della Fondazione Antonino Caponnetto, pubblicata dal quotidiano ‘Il Firenze’.
Chiti usa la parola sinistra
Vannino Chiti ci sta stretto, nel congresso del Pd. Il vicepresidente del senato, ex ministro e già presidente della Toscana e poi a lungo coordinatore dei Ds durante la segreteria Fassino, è uno di quei non pochissimi dirigenti del partito che indugiano nello schierarsi tra i tre contendenti alIa segreteria. La lettura del suo nuovo libro, La sinistra possibile (Donzelli, 15 euro) è perciò utile a togliersi alcune curiosità. Dato che questo è uno dei temi congressuali, alimentato anche da un non piccolo dibattito su Europa, va detto subito che Chiti non è uno di quelli che trovano sbagliato chiamare il Pd con il nome “sinistra”.
Naturalmente, Chiti usa questa parola chiedendosi cosa essa significhi oggi, respingendo l’idea di un’immobilistica (e perdente) fedeltà «alla tradizione» e provando a riempirla di nuovi contenuti. E tuttavia, scrive, «non mi convince lo scolorire i progetti, le identità, le diversità culturali e ideali in un reciproco avvicinamento tra destre e sinistre, progressisti e conservatori».
Anche sul modello di partito Chiti, che da coordinatore dei Ds si è occupato a lungo della fase “istruttoria” prima della nascita del Pd, sembra avere le idee molto più chiare di quanto la sua collocazione “indecisa” al congresso lascerebbe intuire. Intanto, scrive, un partito deve avere, e in qualche modo deriva da, un’idea della forma di stato e di governo che intende promuovere. Lo statuto del Pd, in questo senso, rappresenta un compromesso tra il “presidenzialismo” fondato sul rapporto diretto tra il leader e il Popolo delle primarie, e il”parlamentarismo” del partito strutturato, con una sua vita associativa interna e con gli iscritti protagonisti. Chiti propende, in campo istituzionale, per un modello parlamentare di tipo tedesco o spagnolo, che considera più adatto alla storia e alle caratteristiche dell’Italia.
Riguardo al partito, dì conseguenza, il suo no alle primarie per la scelta del segretario è piuttosto netto. Segretario che peraltro non è giusto identificare per statuto con il candidato premier («questo aspetto non trova alcun riferimento in alta esperienza europea o mondiale: deve essere affrontato e a mio giudizio modificato»), che invece Chiti ritiene giusto individuare attraverso primarie aperte a tutta la coalizione. L”indecisione” di Chiti, alla fine, sembra motivata dalla preoccupazione di non personalizzare il confronto e mantenerlo sui temi più che dalla difficoltà di scegliere da che parte stare.
Chiara Geloni
Recensione pubblicata su ‘Europa’ del 31 luglio 2009
Chiti: ci mancano idee forti
PISTOIA. E’ già da qualche tempo nelle librerie l’ultimo lavoro del vicepresidente del Senato Vannino Chiti, il nuovo libro-riflessione “La sinistra possibile – Il Partito democratico alle prese col futuro”. «Esprimo un disagio – spiega Chiti nel presentare l’opera – che credo non sia soltanto mio: nella politica italiana, da troppo tempo, c’è un di più di conflittualità, a volte di vera e propria contrapposizione, tra gli schieramenti, e al tempo stesso di scontri prevalentemente personalistici all’interno di essi. Si tende spesso a ricondurre questo stato di cose alla caduta delle appartenenze, alla modernità della politica. E’ tuttavia una spiegazione che non convince, specie se si guarda ad altre democrazie dell’Occidente, basti pensare agli Stati Uniti, nelle quali il confronto, anche duro, si lega in modo esplicito a proposte programmatiche e a sistemi di valori alternativi».
Secondo Chiti, quindi, «è la debolezza delle proposte, la non chiarezza e coerenza dei comportamenti, a produrre quell’eccesso di conflittualità che allontana le persone dalla politica, rendendo sempre più esile la partecipazione alla vita delle istituzioni democratiche. E’ da qui che è necessario ripartire per una nuova, forte proposta».
«Le ultime elezioni europee – conclude Chiti – con la sconfitta delle sinistre, ci dicono che tutte le forze progressiste hanno bisogno di un profondo rinnovamento culturale e politico. In Italia è necessario mettere a fuoco non soltanto la critica alla destra ma anche gli errori e i limiti che determinarono la caduta del governo Prodi e la fine dell’esperienza dell’Unione».
Recensione pubblicata su ‘Il Tirreno’ del 30 settembre 2009
Il Pd alle prese con il futuro
«Un partito di cittadini, non di leader». Una forza progressista capace di guardare avanti, cancellando «la parola ex dalle menti e dai cuori». Dove ex sta per ex Ds, ex Margherita, ex riformisti liberaldemocratici. Perché il partito di cui si parla nel libro di Vannino Chiti, La Sinistra possibile. Il Partito democratico alle prese col futuro, è allo stesso tempo «una realtà, una presenza politica non effimera nella società italiana», e un progetto ancora da realizzare. Ministro per i Rapporti con il Parlamento e delle Riforme istituzionali nel secondo governo Prodi, e vicepresidente del Senato nell’attuale legislatura, Chiti propone così una rifiessione sull’identità e sul futuro del Partito Democratico, partendo da un bilancio autocritico di ciò che non ha funzionato nell’esperienza governativa del centrosinistra, composto da una coalizione frammentaria ed eterogenea, e spesso colpevole di astrattezza. La nuova strada da percorrere va dunque verso il superamento delle personalizzazioni – un capitolo è dedicato giusto al «partito personale» di Di Pietro – e delle varie correnti interne, per rilanciare invece la concretezza delle idee e dei temi. Chiti non si nasconde le difficoltà – al momento della stesura del libro era ancora di là da venire lo strappo rutelliano di questi giorni – eppure la sua è un’iniezione di ottimismo e di fiducia per tutti gli animi scoraggiati dalla politica: ecco, allora, che in un contesto in cui la crisi economica ha spostato paradossalmente l’Europa a destra – e in Italia verso una destra che l’autore definisce camaleontica, populista e solo apparentemente moderata – il «rinnovamento culturale e organizzativo» di un partito realmente riformista non può che passare attraverso la forza delle proposte. «Far coesistere uguaglianza e merito nella società plasmata dalla rivoluzione tecnologica»: per Chiti «sta qui uno dei cardini per affermare una sinistra moderna».
Senza trascurare nuovi temi come la questione ambientale, «oggi tutt’uno con quella sociale» e la necessità di progettare il cambiamento con «lo sguardo rivolto al completamento della costruzione dell’Unione Europea». Avanzare «proposte precise e nette» su questi temi è l’unico modo per riavvicinare la politica alle esigenze dei cittadini e portare a compimento la «transizione infinita» della democrazia italiana.
Fabrizio Coscia
Recensione pubblicata su ‘Il Mattino’ del 29 novembre 2009
Mi riservo una seconda lettura per verificare un mancato approfondimento del disagio dei giovani,laureati e non,costretti ad un precariato umiliante a cui bisogna suggerire e approntare risposte e comportamenti concreti.
Il libro si legge tutto d’un fiato,ha il piglio narrativo simile ad una voce fuori campo che si ascolta in un documentario storico ed il lettore si sente raccontare “addosso” il travaglio degli ultimi quindici anni di ciascun uomo di sinistra che si è reso conto di dover accettare come interlocutore di ogni giorno i migliori democristiani di una volta. Insomma il Suo libro rispecchia il pensiero della gente per bene precisando in modo corposo alcuni o molti concetti condivisi.
Mi compiaccio per aver raccontato l’arrabbiatura con Prodi e l’immediata reazione manifestata con la mancata partecipazione alla riunione volutamente e significativamente disertata.
Così si comportano gli uomini che hanno dignità.
Questo passo del libro mi da lo spunto per sottolineare quanto segue:Mirian Mafai sulla prima pagina del Tirreno di qualche giorno addietro,Franco Marini in Sala Maggiore,Lei nel libro,riservate parole lusinghiere per Gianni Letta. Il caimano addirittura lo propone per il Quirinale.
Si ricorda,senatore, del Gianni Letta già direttore di giornale e moderatore di tribune politiche quando subì quella volgare aggressione verbale da Craxi,insolente e offensivo, senza accennare a nessuna reazione anzi subendola come uno schiavo? Saranno passati una trentina d’anni,ma a me,estraneo,ribollì il sangue nelle vene .
Se Le manca questo ricordo si procuri alla Rai la registrazione della Tribuna e capirà che tutti noi ci aspettiamo che il PD non può consentire che sulla sedia di Pertini si possa sedere chi non ha la DIGNITA’ per farlo. E ‘ possibile che in tanti anni di fronte alle molteplici intemperanze di mister B. non abbia mai manifestato un gesto o una parola di disapprovazione o di disagio?
Mi abbia.
Mario Troise
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