In riferimento all’analisi svolta dall’Osservatorio civico sul Parlamento italiano, ho appreso che sarei il senatore toscano più assenteista.

Ben vengano le ricerche che consentono ai cittadini una informazione sui lavori del Parlamento ed anche una conoscenza ed un controllo sulle attività degli eletti. La nostra democrazia conosce un rapporto troppo delegato tra cittadini e chi è nelle istituzioni. Naturalmente gli strumenti di indagine devono essere adeguati, altrimenti il rischio è quello di far crescere la sfiducia nei confronti del Parlamento.

Anche i quotidiani nel riferirne dovrebbero verificare che non vi siano superficialità e ignoranze rispetto ai modi di lavorare ed ai regolamenti del Parlamento italiano. È stato necessario un comunicato ufficiale del Senato, che ha precisato  quale sia la funzione dei suoi vice-presidenti.

Chi mi conosce, anche superficialmente, certamente sa che, ai molti difetti che ho, non si possa aggiungere quello del non impegno o del non rispetto delle Istituzioni. Il ruolo dei vice-presidenti è quello di presiedere l’Aula ogni giorno. Al Senato, per prassi, svolgendo quel compito, non si partecipa al voto.  Non partecipare al voto non significa certo essere assenti dall’Aula durante i lavori parlamentari.

Aggiungo che per mia scelta, e capisco ora che possa essere considerata una indubbia e grave colpa, mi risulta spesso difficile – dopo aver svolto il mio turno di presidenza e dunque di arbitro della correttezza dei lavori sia verso la maggioranza che verso l’opposizione –  passare come se niente fosse a condurre battaglie da senatore del gruppo del PD. E’ evidente che questo si può decidere di farlo sui “normali” provvedimenti: su quelli di più grande rilievo  come ad esempio la Finanziaria, il Testamento Biologico, la Riforma della Scuola, la Sicurezza Pubblica, il Federalismo Fiscale, nessuna considerazione può far venir meno la presenza anche nel voto.

Alcuni amici e compagni di partito mi dicono a volte che, questo modo di partecipare ai lavori parlamentari, mi farebbe essere “troppo istituzionale”. Può anche darsi che questa affettuosa critica sia giusta. Ma certamente non sono né un disimpegnato né un assenteista.

Vannino Chiti