Molte teorie sono state formulate per tentare di analizzare le ragioni della crisi economica mondiale. Tra queste, l’analisi dell’economista ed esperta di terrorismo internazionale Loretta Napoleoni che, in un libro uscito di recente, descrive la crisi del mercato finanziario – e dell’economia reale – come la conseguenza della politica economica attuata dall’Amministrazione Bush per finanziare la guerra al terrorismo. Nei primi anni 2000, spiega la Napoleoni, il Tesoro americano ha abbattuto i tassi d’interesse per rendere appetibili i titoli di stato da vendere sul mercato finanziario mondiale, con lo scopo di sostenere la spesa militare. E proprio dall’immissione massiccia di questi titoli sarebbe derivato a cascata il fenomeno dei mutui ‘subprime’, la marea di prodotti strutturati e più in generale il meccanismo del debito facile e la bolla finanziaria, poi scoppiata, innescando la miccia della crisi.

A differenza della Napoleoni, Tommaso Padoa Schioppa, riflettendo sulle cause della crisi, ha inquadrato un punto focale nel cambio di direzione negli anni 80, con le politiche economiche della Thatcher e di Reagan. 
All’origine della crisi c’è, in ogni caso, un modello di crescita sbagliato, basato su consumi che venivano finanziati dai debiti, su una finanza senza regole, su una crescita che distrugge l’ambiente e le risorse del pianeta. Il mercato e il denaro sono diventati le divinità del nostro tempo, togliendo ogni valore alla persona ed alla sua dignità.

Il mercato deve essere sottoposto a regole precise. La crisi economica mondiale è il frutto delle politiche e dell’ideologia di liberismo selvaggio, sostenute ovunque – anche in Italia – dalla destra. Per uscirne è indispensabile cambiare strada e cambiare guida politica.
Innanzitutto è necessario riformare e rafforzare gli organismi sovranazionali, dalla Banca Centrale Europea al Fondo Monetario Internazionale, per renderli in grado di gestire le crisi sistemiche e perché siano orientati a favorire uno sviluppo nuovo e sostenibile, non ad imporre il pensiero unico e la dittatura di logiche monetariste. In secondo luogo bisogna mettere al centro degli interventi la lotta alle povertà, alle disuguaglianze, agli squilibri, all’interno di ogni paese e nelle relazioni internazionali.
E’ inammissibile il divario tra ricchi e poveri, anche in Italia.

Infine occorre ridefinire le gerarchie dei nostri valori, per le produzioni, i consumi, la vita.
E’ la persona il riferimento primo delle scelte, sia politiche che economiche. Potrà nascere così una nuova e diversa globalizzazione. Una globalizzazione dei diritti, che accompagni davvero quella della finanza e dell’economia. Del resto la nostra Costituzione l’afferma e ce lo ricorda: la persona, la sua dignità e la sua promozione, sono sempre un fine. Mai un mezzo.