di Vannino Chiti

Il 1° maggio, Festa del lavoro: è l’occasione per riaffermare il diritto di milioni di donne e di uomini ad un lavoro riconosciuto nella sua dignità.
In questo giorno così importante, voglio richiamare l’attenzione sulla grave situazione del reddito dei lavoratori dipendenti, che dal 2008 a oggi si è ancora ridotto. Secondo gli ultimi dati, le famiglie italiane, dentro la crisi economica, avranno anche nel prossimo futuro,  un reddito reale molto più basso. Una previsione negativa confermata di recente dal governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, che ha parlato di “calo dei consumi delle famiglie sotto il peso dell’erosione del reddito disponibile”.

Inoltre, come ha sottolineato l’ultimo rapporto dell’Organizzazione per la cooperazione sociale ed economica, l’Italia è, tra quelli avanzati, il paese dove più forte è la disuguaglianza di reddito fra chi è ricco e chi è povero. L’Italia ha salari più bassi rispetto alla media OCSE, mentre il reddito dei ricchi risulta tra i più alti dei paesi avanzati.
Una delle conseguenze più negative è quella di una società chiusa, statica, sostanzialmente priva di mobilità. Ciò significa che i figli degli operai sono destinati a trovare un’occupazione simile a quella dei padri, così come i figli dei professionisti o dei lavoratori autonomi.
Dobbiamo sconfiggere la povertà – questo è lo scopo che una forza riformista deve avere – e creare una società aperta, nella quale siano realizzate uguali opportunità per tutti e non la nascita, ma il merito determini le differenze.

Si stanno riaffacciando forme di povertà che non conoscevamo da molto tempo: i lavoratori sono costretti ad indebitarsi per andare avanti.
Accanto al problema dei redditi e dei salari, vi è la situazione dei precari.
La precarietà ha alimentato un sentimento di insicurezza tra i cittadini e soprattutto tra i giovani, che sono i primi a pagare l’incertezza di un lavoro temporaneo, mentre si dovrebbe scommettere sulle loro capacità, professionalità e sul talento. Ciò che occorre è puntare finalmente sulla voglia di fare di una generazione che vuole guardare alla propria vita con speranza e dare alcune certezze al suo  futuro.
Il Governo della destra ha abbandonato le politiche per superare il lavoro precario.

Il centrosinistra con Prodi aveva iniziato un’opera di redistribuzione a favore dei ceti meno abbienti, con le risorse ricavate dalla lotta all’evasione fiscale e dalla ripresa dello sviluppo. Nei primi due mesi del 2009 invece le entrate tributarie dell’erario sono state in calo di 4 miliardi rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Infine una parola su una delle questioni più tragiche, che segnano la civiltà e il progresso di un paese: le morti sul lavoro.
Sono ancora troppe. Non ci si deve rassegnare. E’ necessario che la legge sulla sicurezza nei luoghi di lavoro sia attuata con impegno e rigore, che migliorino e siano resi più efficaci i controlli. Soprattutto deve nascere una cultura nuova, che rimetta al centro la dignità del lavoro e la priorità della persona. E’ indispensabile una rivoluzione di valori in tutti noi: la priorità è la persona e l’economia è al suo servizio. Non può essere il contrario. Questo è l’impegno che ci dobbiamo assumere, di fronte al dolore dei familiari per la perdita di loro cari a causa di incidenti sul lavoro.

Di fronte a tante sfide, vecchie e nuove, quello di cui i lavoratori hanno bisogno è l’unità, prima di tutto quella sindacale.
Non ci possiamo permettere le divisioni tra CGIL, CISL, UIL. Per affrontare positivamente le questioni del diritto al lavoro, della dignità di chi lavora, della sicurezza sul lavoro, del reddito, del superamento del precariato, l’unità sindacale è una necessità.
Oggi non ci sono più motivazioni di natura politica che spingono ad essere separati: i bisogni e le speranze dei lavoratori sollecitano l’unità.
Questo è il mio augurio ed il mio impegno in questo primo maggio.
Un saluto affettuoso a tutti i lavoratori, quale che sia la loro età, siano nati o meno nel nostro Paese. Stiamo uniti, non ci perdiamo d’animo. Riusciremo a farcela. Un mondo più giusto, è possibile.
Buon primo maggio.

Vannino Chiti