È inutile nascondere che siamo ad un punto di svolta nell’integrazione europea. La crisi che sta colpendo le economie di tutti gli Stati e dei nostri cittadini  impone una riflessione supplementare sulla necessità di mettere in comune risorse e idee per far ripartire l’Europa. Il mondo globalizzato esige risposte tempestive, rapide, efficaci, che solo un’Europa maggiormente integrata può fornire.
Serve una visione europea comune.
E serve anche il Trattato di Lisbona. In tal senso il recente voto favorevole della Camera della Repubblica ceca è senz’altro un segnale positivo.
Ecco perché da un lato dobbiamo fornire risposte ai nostri cittadini per la crisi che li sta colpendo, dall’altro dobbiamo lavorare insieme per permettere l’entrata in vigore del Trattato, che con le sue modifiche potrà fornire un quadro più coerente all’azione dell’Europa sulla scena mondiale.

Del resto, la ricerca di una maggiore efficienza e rapidità nei processi decisionali, anche e soprattutto nei momenti di crisi, è un elemento costante dei nostri giorni. Ed è presente anche in Italia, dove da tempo si sta discutendo di come superare il bicameralismo perfetto tra la Camera dei deputati e il Senato.
In tutti i progetti di riforma si associa alla Camera Alta, al Senato, un ruolo di raccordo, di coordinamento con le istanze regionali. La modifica che in tal modo si vuole portare a compimento è funzionale a consentire un dialogo politico preventivo tra il legislatore statale e quello regionale sul riparto di competenze, oggi invece devoluto ad un organo esterno al circuito della rappresentanza, la Corte costituzionale, che opera solo in via successiva.
Tale dialogo preventivo, io ritengo, dovrà avvenire anche tra il nuovo Senato e le istituzioni europee, nel momento in cui queste intendano fissare norme giuridiche che, per i noti principi della primauté e dell’effetto diretto, sono destinate a regolare imperativamente la vita dei nostri cittadini.
Un Senato italiano quindi come snodo cruciale di un raccordo verticale tra i vari centri di produzione normativa che garantisca che l’azione dei pubblici poteri avvenga al livello più adeguato al miglior soddisfacimento dell’interesse pubblico.

Nel 2003, la Corte costituzionale italiana, trattando del riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni, aveva evocato il principio di sussidiarietà, affermando come esso agisca quale subsidium quando un livello di governo sia inadeguato alle finalità che si intenda raggiungere e caratterizzandosi per una sua “attitudine ascensionale” e per una sua “vocazione dinamica” che gli consente di operare come fattore di flessibilità in vista del soddisfacimento di esigenze unitarie.
Le stesse affermazioni possono essere trasposte nel raccordo tra ordinamento europeo e ordinamenti nazionali. Solo quando è necessario soddisfare esigenze di carattere unitario, il livello di Governo superiore può legittimamente operare e intervenire.
Il principio di sussidiarietà ha quindi assunto un ruolo centrale quale canone di valutazione della legittimità degli interventi normativi dell’Unione europea. Ed è importante che i valutatori del rispetto di tale principio da parte delle istituzioni europee siano gli attori della rappresentanza politica interna a ciascun Paese, ossia   i Parlamenti nazionali  (insieme, se del caso, alle Assemblee legislative regionali), cui il Trattato di Lisbona riconosce  nuovi poteri, ponendoli per la prima volta a contatto diretto con le istituzioni europee.

Del resto, Parlamento europeo e Parlamenti nazionali hanno da tempo superato l’epoca della contrapposizione e della concorrenza. Molteplici e  sistematiche sono divenute le occasioni di consultazione e di incontro.  La “parlamentarizzazione” dell’Unione è  ormai saldamente avviata su quella  via originale – facente perno sui due pilastri del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali – fortemente auspicata nella  relazione che l’attuale Presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, svolse al Parlamento europeo nel febbraio 2002, nella sua veste di Presidente della Commissione affari costituzionali.
Non  si deve temere, dunque, che un rapporto diretto tra le Assemblee rappresentative e la Commissione europea costituisca un indebolimento dell’architettura istituzionale europea. Al contrario, ne rafforzerà la legittimità democratica. Non solo perché la Commissione europea potrà trarre una valutazione preliminare circa le misure che ha inteso proporre, in modo tale da avere ben chiari da subito gli eventuali problemi. Ma anche perché il dialogo preventivo tra i Parlamenti nazionali e la Commissione europea avrà positivi riflessi sulle relazioni tra Parlamenti e Governi, permettendo ai primi una maggiore consapevolezza degli snodi critici, anche in ragione delle posizioni assunte dalle altre Assemblee rappresentative, nella fissazione degli indirizzi negoziali ai secondi.
Di  questo complesso di innovazioni del Trattato di Lisbona l’Italia è un convinto sostenitore. Ed è per questi motivi che, nell’attesa di una rapida entrata in vigore, il Senato italiano sta procedendo sistematicamente ad  una sperimentazione  anticipata delle disposizioni del Trattato sul controllo di sussidiarietà nel quadro  della cosiddetta “Procedura Barroso”. L’esperienza del Senato, condotta anche, ma non solo, nell’ambito delle attività della COSAC, è stata finora realizzata facendo perno sulle disposizioni  vigenti del suo Regolamento..
La particolarità della nostra “attuazione anticipata” consiste nel fatto che il dialogo instaurato dagli organi competenti del Senato  con le istituzioni comunitarie riguarda sia gli aspetti della sussidiarietà e proporzionalità, sia gli aspetti di merito delle singole proposte normative, permettendo in tal modo di soffermarsi sui due pilastri dell’intervento dei Parlamenti nazionali nella fase ascendente del diritto comunitario. L’uno, la sussidiarietà e proporzionalità, di tipo sostanzialmente critico e cassatorio, qualora se ne riscontri la violazione; l’altro, il merito della proposta, di tipo comunque propositivo, in quanto volto a suggerire alle istituzioni europee i miglioramenti ritenuti necessari.

È una sfida che abbiamo già raccolto come Senato e che vogliamo proseguire, preferibilmente nella cornice del Trattato di Lisbona, perché ci sembra la strada maestra per permettere al progetto europeo di proseguire con rinnovata consapevolezza da parte dei cittadini comunitari e con un rinnovato slancio derivante proprio dalla partecipazione delle istanze rappresentative più vicine alle popolazioni.
La prospettiva è quella di continuare ad offrire ai cittadini di oggi e di domani quello che l’Unione europea ha già realizzato e vuole continuare a portare avanti, anche e soprattutto nei momenti di crisi: pace, prosperità, solidarietà, sicurezza e rafforzamento della sua voce nel mondo.