Roma. “La modifica della Costituzione fatta dal governo Berlusconi è sgangherata, un pasticcio che spezza l’Italia, divide i cittadini e fa compiere passi indietro”. E’ un no al referendum, secco, convinto e motivato, quello del ministro dei Rapporti con il Parlamento e le Riforme, Vannino Chiti. Un no che assume nuovi significati oggi più di ieri, dopo le parole di Bossi che oltre a prospettare la scelta di altri binari su cui muoversi al di fuori di quelli democratici, nel caso vinca il no, rimarca l’esigenza che, almeno nel Nord, prevalga il sì. Affermazioni, queste, che per Chiti sono il chiaro segnale di quello che pensa realmente l’opposizione.

Ministro a cosa si riferisce?
“E’ evidente che hanno nella testa una contrapposizione netta tra Nord e Sud, quando invece l’Italia ha bisogno di un futuro segnato dal massimo della coesione. E non certo di moltiplicare i venti di contrasto e di divisione. Cosa che, con una vittoria del sì, avverrebbe per la sanità, per l’istruzione, per il lavoro. Saremmo un Paese diviso su tutto”.

La campagna per il referendum viene definita fiacca. A suo avviso è così?
“Non dipende certo dai leader del centrosinistra. Volutamente il governo Berlusconi ha deciso di fissare la data per il referendum a scuole chiuse, in estate, con i campionati del mondo. Una scelta strategica perché sperano che nel Mezzogiorno non si voti”.

Per quale ragione?
“Hanno paura degli elettori del Sud, perché si sa che il centro vota e vota no, si sa che nel Nord il risultato non e scontato. Il Mezzogiorno, dunque, diventa decisivo”.

Sempre che vada a votare.
“Devono, anche se il precedente governo ha fatto tutto il possibile per evitare che si rechino nei seggi. Il Mezzogiorno deve sentire che è importante, che in gioco c’è la Costituzione degli italiani, i pari diritti che tutti i cittadini devono avere. Il Mezzogiorno, se vince il sì, ci rimette due volte: in termini di coesione e di solidarietà”.

Se vince il no, quali modifiche andranno apportate alla Costituzione?
“Nel programma del centrosinistra è prevista l’introduzione di una modifica all’articolo 138 della carta costituzionale per innalzare a due terzi del Parlamento il quorum necessario per le modifiche alla Costituzione. Questa misura rende obbligatorio, e non una concessione, il confronto con l’opposizione, nessuna maggioranza da sola potrà più modificare la Costituzione. A questo, va aggiunto, il referendum confermativo, perché l’ultima parola spetta al popolo, la Costituzione è di tutti i cittadini”.

Elena Romanazzi