Approvazione del federalismo fiscale entro l’estate. Attuazione del Titolo V della Costituzione. Senato delle autonomie e nuova legge elettorale non punitiva. Il ministro per le Riforme Vannino Chiti spiega ad Affari i punti sui quali aprire un dialogo con la Lega, «che spero diventi come il partito catalano». Appoggio esterno al governo? «Utile al Paese e anche al Centrosinistra».

Dopo le aperture di Umberto Bossi, è veramente possibile aprire un dialogo tra il Centrosinistra e la Lega?
«Il problema realistico che dobbiamo porci in questo momento è quello di quale confronto serio avviare con la Lega, all’interno di un dialogo che la maggioranza vuole avere con le opposizioni. Penso che ci sia la possibilità e il reciproco interesse a sviluppare un confronto sul tema delle riforme, in modo specifico sull’attuazione del Titolo V della Costituzione e sul federalismo fiscale».

Parliamo di federalismo fiscale…
«Siamo impegnati e stiamo lavorando per presentare all’inizio del prossimo anno il testo sul federalismo fiscale, approvandolo entro l’estate, in modo che se ne tenga conto nella nuova legge Finanziaria. Con tutte le opposizioni, ma in particolare con la Lega, data la sua sensibilità, questo può essere un tema centrale per un confronto costruttivo, leale e alla luce del sole».

E in secondo luogo?
«Le commissioni Affari Costituzionali di Camera e Senato hanno condotto un’indagine conoscitiva sul Titolo V e ne sono emerse conclusioni che vanno nella direzione dell’orientamento, della volontà e dell’azione che il governo vuole svolgere».

Cioè?
«La priorità è l’attuazione del Titolo V. E quindi, all’interno della cornice costituita dall’approvazione del federalismo fiscale, si può procedere a un confronto e a un impegno comune per l’attuazione del Titolo V».

Ma non finisce qui…
«Esatto. In terzo luogo c’è la questione della nuova legge elettorale. Tutti riconoscono che quella in vigore è pessima, il professor Sartori ormai la definisce ‘porcellum’ traducendo la celebre espressione di Calderoli. C’è chi come me vuole cambiarla per via parlamentare, considerando il referendum una sollecitazione importante e positiva, ma non la soluzione. Che è bene che la dia il Parlamento».

Però…
«C’è chi non vuole il cambiamento della legge elettorale e punta solo sul referendum. Quando Forza Italia risponde alle proposte di un confronto per impostare una nuova legge dicendo che il confronto si può fare solo se dopo si fanno nuove elezioni, è come dire semplicemente ‘no’. Niente al mondo porta a ritenere che un Parlamento che modifica con il concorso di maggioranza e opposizione una legge elettorale, anche se a metà legislatura, debba finire il suo percorso. E’ un assurdo. A livello di Unione europea le indicazioni che vengono è che le leggi elettorali non si cambiano negli ultimi giorni della legislatura».

E allora qual è il problema?
«Ci sono alcune forze nell’opposizione di Centrodestra che vogliono usare il referendum, se ne rendano o meno conto, come una pistola alla tempia dell’Udc e della Lega. E invece credo che anche il tema di una nuova legge sul voto sia un terreno di confronto trasparente, che bisogna realizzare con tutte le forze di opposizione. Naturalmente anche con un contributo della Lega Nord».

Ci sono altri temi di dialogo con il Carroccio?
«Oltre che su federalismo e legge elettorale, la Lega può dare un contributo per la riforma del sistema parlamentare. Abbiamo bisogno che una delle due Camere, al di là di come venga eletta, non dia la fiducia al governo ma esprima il rapporto con i territori».

Ha in mente una soluzione?
«Potrebbe essere il Bundesrat tedesco, naturalmente all’italiana. Perché, oltre ai governi regionali, da noi ci sono anche i sindaci delle grandi città e delle aree metropolitane. Le soluzioni sono due: o un Senato eletto direttamente dai cittadini, come negli Stati Uniti, oppure espressione dei governi delle regioni e delle più rilevanti città. L’importante però è che la seconda Camera esprima non le funzioni di fiducia e di controllo del governo ma i rapporti con le istituzioni territoriali. Anche su questo la Lega può dare un contributo forte e di sollecitazione».

Pensa che il Carroccio possa recuperare quel ruolo di ago della bilancia che aveva prima del 2000?
«La Lega, anche per il suo radicamento territoriale prevalentemente nelle realtà del Nord, può essere un interlocutore per un confronto sulle scelte che riguardano queste aree, in cui ha funzioni importanti nei governi regionali e locali. A questo siamo interessati, alla luce del sole. E poi ho un sogno…».

Quale?
«Che la Lega non sia una costola di uno schieramento; da molti anni infatti è una costola ordinata e spesso obbediente del Centrodestra, ma esprima un ruolo e una funzione come quello che hanno in Spagna alcuni movimenti autonomisti, in particolare quello catalano».

Un’ipotesi che alcuni nella Lega avanzano…
«Bene. Quando ero presidente della Regione Toscana e della Conferenza delle Regioni ho avuto frequenti e ottimi rapporti con l’allora presidente della Catalogna Pujol, leader della Ciu, che non è né di Centrosinistra né di Centrodestra, ed esprime una funzione forte di presenza e spesso di governo in Catalogna, anche se ora è all’opposizione. Poi negozia con i governi nazionali nel Parlamento di Madrid nel merito delle questioni che riguardano la Catalogna e i rapporti tra stato centrale e realtà territoriali».

Il risultato?

«Su quella base, poi, costruisce appoggi esterni e collaborazioni, che si tratti di governi di sinistra guidati da Gonzàlez o di centrodestra guidati da Aznar. Non spetta a me decidere la collocazione della Lega, ma penso che sarebbe nell’interesse non del Centrosinistra ma dell’Italia che si desse questo ruolo, questa fisionomia e questa funzione».

E’ possibile ipotizzare un appoggio esterno della Lega al governo Prodi in cambio del federalismo?
«Se ci fosse un’intesa su alcune priorità programmatiche, condivise dal governo e dall’Unione in modo trasparente, e sulla base di questo la Lega desse un appoggio esterno o anche semplicemente un sostegno su singoli provvedimenti concordati, credo che sarebbe utile al Paese e certamente anche al Centrosinistra. Senza ingessature pregiudiziali».

Che relazione ha con i parlamentari del Carroccio?
«Per ovvi motivi ho rapporti con i deputati e con i senatori della Lega. Al di là delle differenze e dei punti di intesa, ho una stima personale nei confronti di Roberto Maroni, che non viene da ora ma dagli anni in cui svolgevo altre funzioni. Non ho alcuna difficoltà di questo tipo».