Intervista a Telepadania ripresa da La Padania
Ministro Chiti, la Lega apre il Parlamento del Nord per discuterere di federalismo e riforma elettorale. Come valuta questa iniziativa?
«Intanto mi auguro che la Lega torni a parlare di questi argomenti. Spero anche in un contributo costruttivo di proposte perché mi sembra che negli ultimi anni la Lega si sia concentrata di più su altri aspetti. Per quanto ci riguarda stiamo andando avanti con il programma annunciato. Abbiamo iniziato l’attuazione del titolo V che per 5 anni era rimasto nel cassetto, abbiamo varato la proposta che riforma la conferenza Stato-Regioni e in coerenza con il titolo V stiamo lavorando per presentare le proposte d’attuazione del federalismo fiscale. In Parlamento ci confronteremo con tutti e certamente ci confronteremo anche con la Lega».
Se lei fosse invitato al Parlamento del Nord ci andrebbe? E cosa direbbe su federaslimo e questione settentrionale?
«Lei sa che il Governo ha un Parlamento e il Parlamento della Repubblica italiana è qui a Roma, dove ci sono la Camera e il Senato. Detto questo, se la Lega mi invita ad un convegno, ad una assemblea o ad un incontro ci vado volentieri. Del resto di incontri con la Lega ne ho fatti tanti in questo periodo».
Sappiamo del suo mandato esplorativo sulla legge elettorale. Si troverà una sintesi capace di evitare il referendum?
«So quali sono i movimenti della politica nel nostro Paese e quindi sono molto prudente. A volte si prendono degli impegni e poi i comportamenti non sono coerenti. Diciamo che nelle esplorazioni si sono verificate delle convergenze molto ampie per modificare e migliorare l’attuale legge. Vedremo poi se, accanto alla riforma elettorale, si potranno realizzare degli aggiornamenti mirati della Costituzione, ad esempio riducendo il numero dei parlamentari o differenziando le funzioni delle Camere in modo da assegnare alla Camera il ruolo di dare la fiducia e controllare il Governo e al Senato funzioni più particolari. Vedremo se su questa base ci potrà essere un’intesa. In questo senso il referendum potrebbe anche esercitare una funzione di sollecitazione. Ma se, per colpa del Parlamento, il referendum scrive anche la legge elettorale poi non dobbiamo prendercela con i cittadini che promuovono il referendum, quanto piuttosto con le forze politiche che per una serie di miopi furbizie avrebbero privato il Parlamento della possibilità di costruire una nuova legge elettorale».
Se si giungesse ad un sistema elettorale orientato al bipartitismo, non ci sarebbe il rischio di non dare un’adeguata rappresentanza democratica alle istanze del nord e quindi magari di far espodere le tensioni secessionistiche?
«Potrebbe succedere. Oddio, spero che non si creino tensioni secessioniste ma certamente se si va ad un bipartitismo coatto ci sono dei rischi. Quando per legge si vuole determinare il bipartitismo si possono avere due conseguenze negative. La prima è che si creino due listoni forzati. Questo però evidentemente non è bipartitismo, perché un minuto dopo le elezioni da quei due listoni nascerebbero chissà quanti gruppi in parlamento e la governabilità sarebbe ancora più problematica di adesso. La seconda conseguenza negativa, invece, potrebbe essere che una lista ottenga il controllo del Parlamento con il 25-30% avendo la maggioranza dei seggi ad esempio alla camera dei deputati. Lei capisce che se con il 30% si controlla il parlamento, il problema non è del Nord ma del Nord, del Centro e del Sud, cioè dell’Italia. Come fa un paese a funzionare se con il 25% si controlla l’assemblea parlamentare? Non funzionerebbe e ci sarebbero molti rischi perché con una lista con questi consensi, importanti ma ridotti, potrebbe aumentare il distacco tra le istituzioni e i cittadini. Quindi maggioranza e opposizione devono costruire insieme una legge elettorale nuova e positiva. Oggi abbiamo l’occasione di farlo e anche di aggiornare la Costituzione».
Il governo aveva annunciato il federalismo fiscale entro l’estate del 2007 e poi nei giorni scorsi il ministro Lanzillotta ha rinviato tutto alla fine del 2007. Perché?
«Noi vogliamo presentare entro marzo in parlamento la proposta di federalismo fiscale. Questo è il compito del governo. Poi c’è l’iter parlamentare e se l’iter si conclude come è auspicabile entro l’estate, questo poi diventerà attuativo con le disposizioni della legge finanziaria. Quindi abbiamo tre fasi: la proposta del Governo, il confronto in Parlamento, e l’attuazione. Noi vogliamo attuare il federalismo fiscale e faccio presente che nella proposta di modifica costituzionale che poi è stata bocciata dal referendum il federalismo fiscale era accantonato. Responsabilità e autonomia invece devono andare insieme. Prima quindi dobbiamo stabilire quali sono e questo in parte l’abbiamo già fatto con il codice delle autonomie locali e con il titolo V. Poi dobbiamo verificare, e questo è il punto di maggiore complessità, i costi standard delle prestazioni essenziali che i cittadini italiani debbono avere. Alcune realtà non sono autosufficienti, alcuni livelli istituzionali avranno bisogno di ricorrere a quello che sarà il fondo di solidarietà. Non tutte le realtà del paese sono uguali, quindi certe prestazioni potranno avere un costo maggiore in una realtà piuttosto che in un’altra ma ci deve essere un minimo e un massimo, una forbice contenuta e accettata».
La Lombardia continua il suo impegno per chiedere l’attuazione del titolo V e lavora per un federalismo fatto soprattutto di competenze. Prevede uno scontro con il governo?
«La Lombardia sta facendo molti annunci ma intanto non si è ancora data un nuovo statuto. Se uno pensa che il federalismo sia “io chiedo e non rispondo delle mie competenze” non si parte bene. Oltre a chiedere la Lombardia dovrebbe anche dire perché nell’anno di grazia 2007 non ha ancora uno statuto autonomo che assegni determinati ruoli ai comuni e alle province. La premessa essenziale comunque è approvare il federalismo fiscale, perché ci vuole una cornice finanziaria dove collocare i rapporti tra stato centrale e regioni. Se una regione è più pronta di altre ad iniziare ad assumersi responsabilità in determinate materie non credo che nessuno possa lamentarsi. Quindi dobbiamo approvare rapidamente il federalismo fiscale per poter procedere in questa direzione e poi, mentre il federalismo fiscale sarà in Parlamento, vogliamo definire con le regioni e le autonomie locali dei metodi, che non siano arbitrari, per richiedere competenze accresciute. Su questo il titolo V è carente. Dovremo inoltre stabilire il metodo del confronto a livello nazionale tra governo e regione e poi, non essendoci un Senato che abbia la titolarità dei rapporti con le regioni e le autonomie locali come io auspicavo, dovremo vedere come coinvolgere il Parlamento».
Aurora Lussana