«Le parole di Martini esprimono auspici di unità e rafforzamento della funzione del partito», scrive il segretario regionale del Pd, Andrea Manciulli. Che però, forse contagiato dal vento di protesta che deve aver avvolto anche il suo ufficio, proprio durante una riunione dei segretari di federazione di tutta la Toscana, prudentemente riafferma «con convinzione la scelta delle primarie».

Le parole del presidente della Regione hanno sollevato perplessità anche nel gruppo Pd in consiglio regionale, dove le primarie sono considerate quasi inviolabile tabù da chi, nel 2004, volle la cancellazione delle preferenze. E per raggiungere il risultato arrivò ad accettare l’aumento di 15 seggi chiesto dal centrodestra. E fu l’inciucio. Molti sussurri, ieri, e poche grida. Fra queste la dichiarazione di Paolo Tognocchi: «In un colpo solo, Martini ha cancellato primarie, limiti di mandato e statuto del Pd. Dove c’è scritto che il Partito Democratico ‘assume le primarie come elemento costitutivo della propria rappresentanza’. Mettere tutto in discussione, significa mettere in discussione il progetto del Pd». Ma forti critiche, non senza veli di ironia, arrivano anche da fuori. Marco Carraresi (Udc): «Che Martini abbia un’idea strana dei metodi di selezione dei candidati non meraviglia. In fondo fu fra i responsabili dell’inciucio che, 4 anni fa, in Toscana, trasformò gli eletti in nominati. Senza preferenze. Trovo normale che sia turbato dopo lo ‘tsunami’ di Firenze. La soluzione? Primarie a risultato garantito. Se questa è l’intenzione, ci sentiamo rafforzati nella battaglia per il ripristino delle preferenze». Alberto Magnolfi, capogruppo di Forza Italia-Pdl, sorride: «Martini ipoteca un terzo mandato da presidente? E se gli toccasse l’opposizione? Quanto alle primarie, penso che quelle del Pd, ‘fatte in casa’, servano solo a delegittimare partiti e gruppi dirigenti, come a Firenze. Ora anche Martini la pensa così».

IL PD HA NELLE primarie uno strumento di partecipazione serio e giusto. Secondo me non c’è nessuno che possa avere l’autorità di metterlo in discussione, se non la scelta responsabile di un congresso». Vannino Chiti legge i giornali nel suo ufficio di vicepresidente del Senato, a Palazzo Madama, e rimane stupito dalle dichiarazioni di Claudio Martini, suo successore sulla poltrona di presidente della Toscana. Un successore che lui, Vannino, volle con forza nel 2000, quando si trattò di scegliere fra Martini e un altro nome autorevole, Michele Ventura. Ma allora c’erano i Diesse. Oggi, col Pd, le cose sono cambiate. Così come si sussurra che abbiano preso una piega diversa i rapporti fra Chiti e l’attuale governatore. Lo stupore di ieri non è racchiuso tanto nella possibile aspirazione di Martini al terzo mandato, quanto nell’affermazione di non volere primarie di partito per la candidatura a presidente della Regione. «Le mie perplessità non riguardano soltanto il caso Firenze, ma tutto quello che è avvenuto anche nelle altre province e perfino in altre Regioni», aveva detto Martini lunedì, durante il briefing con i giornalisti. Aggiungendo con decisione: «Mi battero in direzione regionale perché non ci siano primarie di partito. Si potranno fare, se le vorrà la coalizione, ma con un solo candidato del Pd».

Presidente Chiti, che cosa la sorprende?
«Il fatto che non si può violare lo Statuto del Pd. Il quale recita che possono essere candidati ufficiali del partito alle primarie di coalizione coloro che hanno un sostegno pari al 35%. E’ ovvio che possano esserci due candidati e non capisco la ragione di un’uscita come quella di Martini».

E’ dettata dalla volontà di evitare frantumazioni dramma tiche nel partito come quella di Firenze, alla quale anche lei ha dovuto assistere…
«Io sono sempre stato contrario a associazioni e correnti. Nel partito si deve discutere, ma la scelta deve essere fatta dagli iscritti, dai cittadini. Non mi pare il caso di assegnare cariche istituzionali attraverso nomine…».

Martini non vuole più guerre interne…
«Ma le scelte vanno fatte. Il Pd si è dato delle regole statutarie molto precise: è nato dicendo che le primarie erano lo strumento da usare per selezionare i candidati alle cari che istituzionali, compreso il presidente della Regione. Negare o svilire le primarie mi sembra francamente sbagliato».

Ma anche lei, quando fu inviato da Firenze da Walter Veltroni per cercare di limitare i danni della spaccatura tra cinque candidati, che poi diventarono quattro, ebbe delle perplessità…
«Vidi una situazione difficile. Ma dalle difficoltà si esce usando le regole. Che ci sono e prevedono perfino il ballottaggio. A Firenze la regola del 35% delle firme venne superata da un accordo fra i candidati, ma io credo che, per esempio per la presidenza della Regione, si possano applicare senza se e senza ma».

E se Martini volesse insistere nella designazione senza votazioni all’interno del partito?
«Non è possibile. Ripeto: solo il congresso può cambiare le regole».

Che cosa pensa dell’eventuale terzo mandato? E della volontà di Martini di pilotare la scelta del successore se non fosse candidato lui?
«Tutto dovrà passare dalle primarie. Non si può decidere nel chiuso di una stanza. Eviterei, soprattutto in Toscana, i due estremi: il viva, viva le primarie del passato e l’abbasso, abbasso le primarie di oggi».

Sandro Bennucci