Devo una precisazione al professor Salvatore Vassallo che nell’articolo pubblicato sul Corriere del 15 novembre e dedicato al dibattito su referendum elettorale e riforme, mi attribuisce intenzione di voler mantenere inalterato, anche in presenza di una nuova legge elettorale, il modello attuale di bicameralismo perfetto, che tanti danni e lentezze porta al nostro sistema istituzionale. Ci tengo a precisare che per quanto mi riguarda auspico un Senato vicino al modello tedesco del Bundesrat, ma con in più la rappresentanza delle autonomie locali, attraverso ad esempio la presenza dei sindaci e dei presidenti delle province capoluogo di Regione.
Infatti un Paese che sia organizzato con una forte impronta regionalistica e autonomistica ha la necessità, se vuole evitare frammentazioni e il prevalere di localismi, di prevedere nel sistema parlamentare una Camera di tipo federale. L’unico aspetto dell’attuale elezione del Senato, se e fin quando sarà affidata al voto dei cittadini, che andrebbe parificato alla Camera è quello del requisito dell’età nell’elettorato attivo e passivo. Ossia, si tratterebbe di scendere da 25 anni a 18 anni per poter eleggere, e da 40 anni a 25 anni per essere eleggibili. Per il resto ho sempre pensato e penso a una chiara distinzione di funzioni tra le due Camere: l’ipotesi più percorribile potrebbe essere quella di una differenziazione del procedimento legislativo a seconda delle materie.
Sono convinto che la nuova legge elettorale dovrebbe dare una risposta esauriente anche a questo problema, tutto italiano, del bicameralismo perfetto.
Il tema, come ormai è chiaro, è tornato prepotentemente d’attualità con il referendum abrogativo dell’attuale legge elettorale ma merita un approfondimento che non può limitarsi a una semplice puntualizzazione. Come detto più volte il referendum promosso dal professor Guzzetta e altri giuristi, costituisce uno sprone utile al Parlamento e al Governo per cambiare una legge che tutti considerano un disastro, e che non a caso viene ormai comunemente definita «il porcellum». L’obiettivo del referendum è cancellare le storture della norma attuale secondo una impostazione che però non può contenere elementi di mediazione. Da un successo referendario non uscirebbe altro che un meccanismo elettorale -di non facile applicazione- depurato di alcuni difetti vistosi ma privo della forza e della sistematicità che deve possedere una nuova legge. La politica, per evitare una soluzione incerta, deve quindi agire in fretta con risposte puntuali e tempestive.
Da qui in prima battuta l’ipotesi, suggerita dal professor D’Alimonte, di cercare di correggere le storture più evidenti dell’attuale legge elettorale: impedendo quindi le candidature plurime, abolendo la clausola che permette il recupero del miglior perdente, eliminando l’assurda esclusione della Val d’Aosta dal computo delle coalizioni nazionali.
In alternativa si tratta di verificare l’esistenza di un consenso sufficiente per riscrivere la legge elettorale, individuando un modello diverso. Ad esempio quello con il quale si eleggeva il Senato nel 2001. Sulle varie ipotesi stiamo lavorando e personalmente cercherò di avere elementi più precisi di valutazione, in seguito agli incontri con i Gruppi parlamentari di maggioranza odi opposizione che mi riprometto di fare da qui alla fine di dicembre.

Vannino Chiti