In che anni ha frequentato la Leonardo?
«La prima media nel ‘58-59. Ho finito nel 60-61».

Dove era ubicata?
«Nell’attuale Palazzo Fabroni, in via Sant’Andrea. Il cortile da dove entravamo noi ragazzi – vi era una separazione tra maschi e femmine – era in via Santa».

Quali erano i mezzi di trasporto per andare a scuola?
«Autobus. Io abitavo a Le Grazie».

Come era organizzata la scuola in quegli anni?
«Esisteva – il mio fu l’ultimo anno – un esame di ammissione, dopo la V° elementare, per poter frequentare le medie».

Quali erano al suo tempo gli strumenti didattici più diffusi?
«Lo studio era di tipo tradizionale: lavagna, libri, quaderni, carte geografiche. A volte appunti dettati dai professori».

Qual era il rapporto con i professori?
«Molto distaccato. I professori erano molto bravi e preparati ma l’insegnamento era improntato ad una forte dose di autorità».

Le classi erano miste?
«No».

Nella composizione delle classi quali criteri venivano usati?
«Non sono in grado di ricordarlo. Io ero nella sezione C dove molti venivano da centri intorno a Pistoia, non dalla città, e vi erano condizioni familiari modeste. Ma potevano essere coincidenze».

Qual era il livello di preparazione degli studenti? Erano omogenei oppure no?
«No. Non erano omogenei. La scuola media era ancora molto selettiva. Incideva molto sulla preparazione iniziale il tipo di famiglia dalla quale si proveniva e le scuole elementari che si erano frequentate. Allora, purtroppo, erano molto diffuse le pluriclassi».

La scuola era impegnativa dal punto di vista dello studio?
«Sì molto. Lo studio era individuale e chi come me, veniva da pluriclassi alle elementari, doveva cavarsela da solo».

Lo studio della lingua latina era obbligatorio?
«Si».

In generale qual era la percentuale dei respinti a fine anno scolastico?
«Molto alta tanto che io, guardando le fotografie degli anni delle medie, non riconosco più molti dei miei compagni. Il fatto è che dalla prima alla terza media saremo arrivati in 5 o 6 tra quanti avevano iniziato insieme le classi allora erano circa di 30 studenti».

Il voto in condotta incideva nella bocciatura?
«Sì».

Esisteva il tempo prolungato?
«No».

Come venivano punite le in frazioni al regolamento della scuola?
«Con note di disciplina da far firmare ai genitori. Nei casi più gravi con la sospensione dalle lezioni per alcuni giorni».

Come giudica, rispetto a quelli attuali, i metodi d’insegnamento dei suoi tempi? Come si trovava?
«Erano metodi molto severi. La scuola, come ho detto, era fortemente selettiva. Non si teneva conto né di punti di partenza né delle condizioni sociali delle famiglie. Non vi era una fase per mettere tutti gli studenti su un terreno di uguaglianza rispetto ai punti di partenza ed alle conoscenze possedute».

Quante ore rimaneva a scuola?
«Quattro giorni alla settimana dalle 8,05 alle 12,30, due giorni uscivamo alle 13,15 con una ricreazione di 10 minuti».

Come utilizzava il suo tempo libero?
«Andando al cinema – mi piace molto -, leggendo libri, stando con gli amici nel mio paese. Molti dopo la V° elementare avevano smesso di studiare ed erano andati a lavorare; una parte si era iscritta all’Istituto di Avviamento Professionale. Di quelli che frequentavano la V° alle Grazie, solo in due eravamo andati alle medie».

Come si vestiva per andare a scuola?
«Normalmente, con pantaloni e giacca o maglione».

Esistevano forme di «bullismo» in classe? Se si quali e come venivano punite?
«No».

Facevate degli scherzi tra voi? Che tipo di scherzi?
«Si. Erano scherzi semplici, tra ragazzi di 11-13 anni. Fare sparire e poi riapparire la merenda. Far credere che uno sarebbe stato interrogato se era stato assente, fargli credere che c’erano più compiti da fare a casa».

Ci può raccontare un episodio della sua vita di studente che ritiene significativo?
«Per comprarmi i libri – che prendevo usati in una bancarella del mercato in Piazza del Duomo – e per non pesare sulla mia famiglia, che già faceva molti sacrifici per farmi studiare, utilizzavo i soldi che mi venivano dati per la merenda o per il pranzo, quando dovevo restare a Pistoia anche nel pomeriggio. Mia madre lo venne a sapere, per caso, anni dopo, quando ormai ero adolescente e frequentavo il Liceo classico».

Gli alunni di oggi della scuola Leonardo da Vinci