Una settimana per non dimenticare

Il Comune di Vezzano, la Regione Liguria, il comitato unitario della Resistenza, hanno dedicato al ricordo del rastrellamento una settimana di iniziative. Insieme a momenti ufficiali, sono stati realizzati eventi culturali, una mostra, la proiezione del film di Spike Lee uscito nelle sale di recente che racconta la strage di Stazzema, una passeggiata attraverso i luoghi della Resistenza e tante altre idee.

E’ questo un modo di ricordare non retorico che coinvolge le persone e raggiunge anche i più giovani.

E’ giusto trasmettere alle nuove generazioni un ricordo vivo di quei fatti tragici, di quegli anni cruciali per la storia del nostro paese.

Il ricordo per rivivere e rileggere il passato

Attraverso il ricordo, il passato rivive e acquista nuovi significati, il lavoro di scavo e ricostruzione per ricomporre gli eventi ci fa rivivere, capire, ci aiuta a far emergere la verità delle cose.

La memoria storica della Resistenza, dei sacrifici, delle morti, della lotta per conquistare libertà e democrazia ha il significato di restituirci l’orgoglio di una rinnovata patria.

Scriveva un grande filosofo ebreo tedesco, Walter Benjamin: “un evento vissuto è finito, o perlomeno è chiuso nella sola sfera dell’esperienza vissuta, mentre un evento ricordato è senza limiti, poichè è la chiave per tutto ciò che è avvenuto prima e dopo di esso”.

Attraverso il ricordo si riaprono le porte del passato. Non possiamo ridare la vita ai morti, ma possiamo rileggere gli avvenimenti, rendere giustizia alla memoria delle vittime, cambiare il presente e guardare diversamente al futuro affinché l’orrore non si ripeta.

Attraverso il ricordo la storia si tramanda di generazione in generazione e non si spezza il filo rosso che le collega l’una all’altra. La storia della nostra collettività deve essere trasmessa e restituita alla collettività che ne è l’erede. La conoscenza del nostro Paese, di come è e come sarà in futuro, passa attraverso la conoscenza della storia di quegli anni.

Siamo grati ai familiari delle vittime, alle associazioni della Resistenza, alle istituzioni locali, a tutte quelle organizzazioni e persone che negli anni hanno con continuità scelto di raccontare di quei giorni tremendi, consentendo così a questa memoria di non disperdersi, di assumere la forza di una memoria nazionale.

Il rastrellamento di Vezzano

Il 7 dicembre del 1944, in una mattinata fredda come questa, Vezzano divenne teatro di uno dei rastrellamenti più terribili della storia della Resistenza italiana. Tutto il paese fu devastato; case, stalle e fienili vennero incendiati. I nazifascisti si impossessarono di circa trecento vezzanesi che furono torturati, ammazzati e spediti nei campi di concentramento. I partigiani furono prelevati nelle case e trasporti lontano con i camion guidati dai fascisti.
Tra le vittime non ci furono soltanto partigiani, ma anche gente comune che si trovava nelle strade. Vie di scampo non ci furono per chi quel giorno incontrava i nazifascisti sul proprio cammino. Dai campi di concentramento tanti non sono più tornati, invano sono stati aspettati dai loro cari, dalle famiglie.

La ferocia dei nazisti sulla linea gotica

La tragedia di quei giorni non è accaduta per caso. L’occupazione nazifascista in Italia fu di una ferocia terribile, in queste terre la violenza si scatenò in modo particolarmente efferato. Non si conta l’enorme quantità di stragi, massacri, violenze, compiute dai nazisti in Liguria e in Toscana, in Emilia, lungo la linea gotica, la linea tracciata dai tedeschi per impedire l’avanzata degli alleati, dove le truppe si erano assestate durante la ritirata. I tedeschi adottarono il criterio della terra bruciata seminando distruzione e morte dappertutto.

In questi luoghi si avverte quanto l’uomo sia capace degli slanci più nobili, delle solidarietà più generose ed insieme delle più basse e orrende nefandezze.

Qui, interi paesi furono del tutto sterminati, le popolazioni evacuate, massacrate, senza nessun risparmio, nessuna pietà per anziani, donne e bambini, sui quali anzi la violenza si manifestava in modo ancora più crudele.

E’ difficili per noi oggi raccontare quelle tragedie ai giovani che neppure riescono ad immaginare tali orrori.

L’obiettivo di quei massacri era l’annientamento totale dell’altro, la distruzione della persona. Donne, bambini, anziani, dovevano essere assassinati per creare terrore, per imporre con la violenza spietata, con crudeltà inimmaginabili, il progetto delle dittature di dominio sul mondo. Per cercare di stroncare ogni volontà di resistenza, ogni sussulto di dignità dell’essere umano. I campi di concentramento erano funzionali a quei sistemi di potere, alla loro preservazione; l’obiettivo era la distruzione totale dell’individualità. Lo scopo di quei regimi totalitari era quello di impadronirsi totalmente dell’uomo, per raggiungere un potere illimitato e assoluto.

Oggi sappiamo con certezza che i comandi tedeschi sollecitavano i massacri e garantivano l’impunità dei responsabili. Rispondevano con le stragi di civili alle azioni di guerra dei partigiani e degli eserciti alleati.
Del resto la paura, il terrore, la repressione, le persecuzioni, nei confronti degli oppositori al regime erano il mezzo seguito non solo nelle nazioni occupate con la guerra, ma prima in Italia e Germania, dove le dittature si erano impadronite del potere.
Antonio Gramsci è morto in carcere, rinchiuso da chi voleva impedirgli di ragionare e di esprimere le proprie idee. Tanti altri furono uccisi: da Matteotti ai fratelli Rosselli, da Amendola a Gobetti e a Don Minzoni; tanti furono costretti all’esilio.

Oggi onoriamo la memoria di Enrico Bucchioni e Pietro Andreani, due partigiani di Vezzano, entrati nella Resistenza giovanissimi che furono arrestati e torturati e in seguito, condannati a morte e trucidati.

Fascismo e nazismo avevano un profondo disprezzo per la persona, per la sua dignità. Vi erano i Capi, i popoli eletti, l’obbedienza cieca o in alternativa l’eliminazione. Gli oppositori, gli ebrei, i nomadi, i diversi dovevano essere uccisi.

I campi di concentramento erano concepiti in maniere tale da togliere completamente significato alla vita delle persone, distruggendo ogni cosa dell’individuo fino alla sua dignità.
Come notò lucidamente una filosofa ebrea tedesca, Hannah Arendt, i campi sottraevano all’uomo persino la sua morte.
“dimostrando che a partire da quel momento niente più gli apparteneva ed egli non apparteneva più a nessuno. La sua morte non faceva altro che suggellare il fatto che egli non era realmente mai esistito. Il vero orrore dei campi di concentramento e di sterminio sta nel fatto che gli internati, anche se per caso riescono a rimanere in vita, sono tagliati fuori dal mondo dei vivi più efficacemente che se fossero morti, perchè il terrore impone l’oblio. Ogni omicidio è impersonale quanto lo schiacciamento di una zanzara. E’ la comparsa del male radicale, precedentemente sconosciuto, che pone fine alle evoluzioni e al trasformarsi di qualità”.

L’orrore dei campi di concentramento fu inimmaginabile. Da quell’orrore, molti abitanti di Vezzano, così come molti italiani, ebrei, oppositori del regime fascista, non hanno fatto più ritorno.

I pochi sopravvissuti che sono riusciti a tornare, hanno raccontato esperienze terrificanti, impossibili per noi da comprendere. In più, spesso, hanno dovuto incontrare l’incredulità e la resistenza degli altri nei confronti delle loro storie, troppo terribili per le nostre orecchie. Pochi discorsi sono più toccanti dei versi che ci ha lasciato Primo Levi per descrivere quello stato d’animo: “Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando a sera il cibo caldo e visi amici: considerate se questo è un uomo che lavora nel fango che non conosce pace che lotta per mezzo pane che muore per un si o per un no. Considerate se questa è una donna, senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare vuoti gli occhi e freddo il grembo come una rana d’inverno. Meditate che questo è stato: vi comando queste parole. Scolpitele nel vostro cuore stando in casa andando per via, coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli”.

Non è possibile perdonare

No, nessuno ci chieda di perdonare. Non è possibile. Non ci è consentito. Non è nelle nostre disponibilità.
Il perdono è una grande scelta, ma individuale. Chi lo compie merita non solo rispetto ma ammirazione
Qui non siamo, però di fronte ad atti riconducibili ai rapporti tra alcune persone, nei quali qualcuno abbia patito violenza. Siamo in presenza di crimini contro l’umanità e i crimini contro l’umanità non possono essere né prescritti né archiviati. I crimini contro l’umanità devono essere perseguiti: non per vendetta ma per spirito di giustizia. La condanna inappellabile verso i responsabili di misfatti orrendi, la memoria che deve saper attraversare i secoli, rappresenta un dovere collettivo. Perché per quanto è nelle nostre responsabilità mai più la storia debba ripetersi.

Le tragedie si ripetono

Sappiamo che a volte – come abbiamo visto nei Balcani, nel Kosovo, a Srebrenica, in Darfur – la storia ritorna con le sue tragedie e lo sterminio di innocenti. E il terrorismo che di recente ha colpito l’India è una violenza senza giustificazioni, una barbarie, un attacco ai valori della civiltà.
L’armadio della vergogna. La democrazia non può rinunciare a punire.

Anche per questo siamo grati a quanti hanno testimoniato nei processi, fino a quello più recente a La Spezia, per squarciare veli di protezione e di silenzi, per fare individuare e condannare i responsabili.

Il nostro paese è in debito con le vittime delle stragi. La democrazia non può dimenticare, non può essere indifferente, non deve rinunciare a punire.

Nel 1994 a Palazzo Cesi a Roma, nella sede della Procura Generale militare, furono trovati 685 fascicoli sui crimini nazifascisti. È l’armadio della vergogna.

Per saldare almeno in parte il nostro debito verso le vittime e i loro familiari, occorre fare svolgere tutti i processi che sono possibili; bisogna sostenere una grande operazione – verità, aprendo e mettendo a disposizione degli storici tutti gli archivi; promuovere una Fondazione per la memoria dei crimini nazifascisti, che potrebbe avere sede a Roma presso l’Altare della Patria.

La Resistenza

Non possiamo, non è in nostro potere, restituire la vita alle tante vittime del nazifascismo e della Resistenza: ma possiamo impegnarci affinchè le loro idee, le loro ragioni si affermino definitivamente nella nostra società; affinchè le loro scelte siano sentite da tutti, come quelle che hanno salvato e reso l’onore all’Italia. In questi luoghi in molti scelsero di combattere i tedeschi tra i boschi e sulle colline. Tra di loro tanti uomini e donne di diverse età, provenienze sociali, orientamenti politici. Perché la lotta partigiana ebbe il valore di rappresentare un momento di grande unità per il nostro Paese. Uomini e donne si ritrovarono intorno ai valori della libertà e della giustizia sociale, della democrazia, che unirono tradizioni diverse, come quella socialista, cattolica e liberale.

Noi oggi ricordiamo un uomo come Fausto Bocchi, nato qui a Vezzano, che ha dedicato tutta la vita per la democrazia, con la sua attività nella Resistenza e poi, a partire dagli anni del dopoguerra, con il suo impegno politico al servizio delle istituzioni repubblicane. Onoriamo la memoria di quanti sono morti quella mattina del 7 dicembre a Vezzano e, in seguito, nei campi di sterminio.
Onoriamo i caduti della guerra di Liberazione. Tutti i giovani venuti da altri paesi: Stati Uniti, Gran Bretagna, Brasile e altri ancora, che morirono combattendo perchè noi potessimo tornare ad essere liberi.

I partigiani che presero parte alla Lotta di Liberazione contribuirono personalmente con il loro sacrificio e il loro impegno alla liberazione dell’Italia dal fascismo e dall’occupazione nazista. Le loro scelte sono quelle che hanno salvato e reso l’onore all’Italia.
Chi prese parte alla Resistenza, chi combattè a fianco degli eserciti anglo – americani, compì la scelta di stare dalla parte della patria, quella vera, umiliata e venduta ai nazisti dalla dittatura fascista, devastata dalla guerra e dall’occupazione tedesca, disorientata e stordita dopo l’8 settembre. Fece la scelta di liberare l’Italia e l’Europa dalle dittature e dal nazifascismo. Natalia Ginzburg, che fu una giovane donna che prese parte attiva alla Resistenza, ci descrive le speranze di quella generazione:
“Il pensiero che regnava costante nella mente di ognuno era liberare il mondo da quelle tenebre carcerarie. Giovani cresciuti nel fascismo, cresciuti indifferenti e cinici abbandonarono ad un tratto le spoglie dell’indifferenza e pensarono al prossimo. Persone solitarie, chiuse in se stesse e chiuse nella propria solitudine desiderarono a un tratto mescolarsi alla gente e rassomigliare al prossimo”.
Chi compì questa scelta fece la scelta giusta.
La Resistenza fu un momento straordinario nella storia del nostro paese. I suoi protagonisti portarono nella lotta una grande carica ideale. Quella vitalità, quella tensione verso il futuro, quell’atmosfera piena di speranza, vorremmo che arrivasse ai giovani quando raccontiamo della Lotta di Liberazione.
La Resistenza non fu solo quella combattuta dai partigiani sulle montagne e nelle città, ma fu anche un grande movimento di popolo. Intere popolazioni si sollevarono e si ribellarono, con atti eroici, piccole azione quotidiane, con l’appoggio e il sostegno dato a chi lottava sulle montagne.

La Resistenza radice essenziale della Costituzione

Quest’anno ricorre il 60° Anniversario della nostra Costituzione.
Uno dei grandi padri costituenti Piero Calamandrei disse nel gennaio del 1955, parlando a Milano ad un gruppo di studenti universitari e medi: “se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati, dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate là… col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione”
La nostra Costituzione contiene quei valori di libertà, giustizia sociale, uguaglianza, pace, amore per la patria, che nascono dall’esperienza della Lotta di Liberazione.
La nostra Costituzione nasce nel solco tracciato in tutta Europa dalla lotta contro il fascismo, il nazismo, contro ogni totalitarismo. Per la prima volta tutti gli italiani – non solo gli uomini ma anche le donne – scelgono con il voto la Repubblica ed eleggono l’Assemblea Costituente.
Fecero parte di quella assemblea tutte le forze politiche che avevano preso parte alla Resistenza. Forze che esprimevano orientamenti e concezioni del mondo, della società e del nostro paese, assai differenti.

I padri costituenti

In anni di duri scontri, di forti contrapposizioni i padri costituenti seppero trovare un’intesa guardando all’Italia, al suo interesse generale, al suo futuro. Vittorio Foa in una delle sue ultime interviste ci ha lasciato una significativa testimonianza del clima che regnava nella Costituente: “C’erano dei conflitti forti, con accenti duri, spesso personali. Ma la cosa che mi colpì subito è che mentre al mattino si discuteva della politica di governo, con toni aspri tra destra e sinistra, nel pomeriggio si lavorava, serenamente, per le regole. Questo clima, questa ricerca continua di una coesistenza tra le diverse forze presenti nell’Assemblea, mi pare si sia largamente perduto. E ciò è molto triste”.

La Costituzione è antifascista

Il nesso tra Resistenza e Costituzione non è solo una verità storica, ma qualcosa di più: un nesso di natura ideale, culturale, d’ispirazione. La Costituzione è antifascista e lo scrive in modo indelebile. Il fascismo è stato la dittatura che ha conosciuto l’Italia. La Costituzione è contro ogni totalitarismo: al suo centro è la persona, la sua dignità, la sua libertà, la sua responsabilità. La Costituzione assume come suoi valori guida la democrazia, la giustizia e la pace.

Fascismo

Il nostro giudizio di condanna sul fascismo deve essere fermo e netto. Fin dall’esordio le squadre fasciste seminarono terrore e morte in tutto il paese. Il fascismo abolì la libertà di stampa, soppresse i giornali, istituì il Tribunale speciale e il confino di polizia. Il Tribunale eseguì migliaia di processi, con circa 4.600 condanne di cui 697 riguardavano minorenni. Vennero condannati soprattutto giovani: operai, artigiani, oppositori al regime.
Nel ’38 il fascismo promulgò le leggi razziali. Agli italiani ebrei vennero vietati tutti gli incarichi pubblici, le scuole statali, il contatto stesso con gli altri, i cosiddetti “ariani”e l’esercizio di molte attività commerciali. Il fascismo si è macchiato di uno dei più grandi crimini dell’umanità, quello della Shoah, con la deportazione di tantissimi ebrei italiani nei campi di sterminio. Il fascismo ha trascinato il nostro Paese in una guerra terribile e devastante al fianco di Hitler.
Le stragi di civili compiute dai tedeschi in ritirata, che hanno prodotto circa 15.000 vittime, hanno avuto il sostegno e quasi sempre la partecipazione diretta dei fascisti e dei militari della Repubblica di Salò.

Dibattito su fascismo e antifascismo

Qualche commentatore si stupisce che 65 anni dopo la fine della guerra vi sia ancora in Italia un dibattito sul fascismo e sull’antifascismo.
In realtà di altro dovrebbe stupirsi e cioé del fatto che in questi decenni nel nostro Paese, a differenza del resto dell’Europa, la destra nel suo insieme non abbia ancora fatto i conti con l’antifascismo.

Alcuni suoi settori restano ambigui, altri mostrano una specie di convincimento tattico, di adesione per necessità avvolta al fondo in una preoccupante indifferenza. Voglio essere chiaro, anche se so che non tutti o su tutto siamo d’accordo. E’ non soltanto giusta ma doverosa la pietà verso i morti. Ma la pietà verso i morti non è né potrà mai essere indifferenza o neutralità nei confronti delle cause per le quali si combatteva.
Libertà e dittatura; democrazia e totalitarismo; aggressione e difesa della patria; dignità della persona e suo disprezzo non sono termini tra loro scambiabili.
Di recente sono arrivate parole importanti, parole di condanna del fascismo da parte del Presidente della Camera Fini.
Sono parole che ho apprezzato. Quando tutta la destra italiana si ritroverà con convinzione, senza incertezza e non per obbedienza, su queste impostazioni sarà un grande giorno per il nostro paese.

La Costituzione contiene diritti e doveri. Articoli

La nostra è una grande Costituzione. E’ la Costituzione degli italiani. In essa – che è la Carta della nostra dignità e della nostra libertà – sono scritti i nostri diritti e i nostri doveri, quelli che ci fanno essere cittadini e ci fanno vivere come popolo.
La Costituzione contiene obiettivi permanenti – diritto alla istruzione, alla cultura, alla salute, al lavoro (un lavoro nel quale non si muoia come troppo spesso avviene da noi), alla giustizia sociale, partecipazione di tutti alla vita democratica – che mai saranno definitivamente acquisiti.
Indica i grandi riferimenti, la bussola per la navigazione del paese: non sostituisce certo la politica, le sue scelte, le sue responsabilità. La Costituzione lega indissolubilmente diritti e doveri: afferma il dovere della solidarietà; di impegno nello studio e nel lavoro; della partecipazione alla vita delle istituzioni; la responsabilità sociale delle imprese.
I confini della Costituzione segnano il discrimine tra ciò che nel confronto politico è per sua natura negoziabile e ciò che deve essere salvaguardato con intransigenza perché non lo è.
Stupendo è l’articolo 3: “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana”. La Costituzione mette al bando la guerra e impegna l’Italia a “consentire, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le nazioni…”. È su questo articolo 11 che si fonda la nostra scelta di costruire l’ Unione Europea e la nostra collaborazione, sotto l’egida dell’ONU, alla lotta contro il terrorismo e per affermare ovunque i diritti umani.
Con la Costituzione e la Repubblica l’Italia ha progredito come mai nella sua storia. Come ha detto il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nel messaggio alle Camere nel giorno di insediamento alla suprema carica dello Stato, si può parlare di “memoria condivisa” come premessa di una comune identità nazionale, che ha “il suo fondamento nei valori della Costituzione”, il cui richiamo “trae forza dalla loro vitalità, che resiste, intatta, ad ogni controversia”.

La Costituzione è attuale. Oggi c’è ancora più bisogno della Costituzione

Oggi, di fronte all’esplosione in ogni paese e anche da noi di tante diversità (politiche, territoriali, sociali, personali, religiose, etniche, linguistiche); nel venir meno dei partiti che avevano stipulato il “patto costituente”, di questa nostra Costituzione c’è ancor più bisogno. Essa rende possibile la pacifica convivenza del pluralismo, divenendo ancor più cemento unificante, principio di coesione e di identità.

La Costituzione è attuale quando ci sollecita a non arrenderci di fronte al riarmo di tanti paesi, alla corsa che è ripresa alla diffusione delle armi nucleari, ai tanti conflitti che ancora insanguinano il mondo, allo spreco ingiusto di risorse che servirebbero per vincere la fame, la povertà, la sfida del clima e dell’ambiente.
La Costituzione è attuale quando ci indica la scelta senza alternative della legalità e ci chiede un impegno contro la criminalità organizzata, perchè mafia, camorra, ‘ndrangheta, siano – come è possibile – sconfitte e debellate.

La Costituzione è attuale quando afferma che il mercato, l’economia non sono divinità assolute di questo nostro tempo, ma devono essere sottoposti a regole, perché il fine è la persona, la sua dignità e promozione.

La Costituzione è attuale quando ci parla di democrazia, di centralità del Parlamento, cuore del sistema della rappresentanza, del ruolo delle istituzioni regionali e locali.
In questo campo, è vero, occorrono riforme. Sono urgenti. Devono essere realizzate con uno schieramento ampio, non dalla sola maggioranza del momento.
La Costituzione è dei cittadini italiani, non della sinistra o della destra.

Le riforme

È giusto differenziare i compiti di Camera e Senato; ridurre il numero dei parlamentari; rafforzare insieme il ruolo dei governi, che devono però restare di tipo parlamentare.
Comuni, Provincie e Regioni devono assolvere funzioni accresciute, avere una più ampia autonomia e responsabilità finanziaria. Non abbiamo paura a parlare di federalismo ma federalismo è solidarietà, più forte coesione del Paese, non sua divisione. Mai ci presteremo ad uno smembramento della nostra patria. Mai. Il compito è quello di rendere l’Italia protagonista della costruzione dell’Europa, non quello di tornare agli staterelli dell’Ottocento.
Anche le leggi elettorali devono essere cambiate, non a colpi di maggioranza ma con una grande e trasparente convergenza: si tratta delle regole per la Casa comune; devono garantire – a differenza di quanto accade oggi – che i cittadini scelgano con il voto le maggioranze di governo, ma al tempo stesso le donne e gli uomini che li rappresenteranno in Parlamento.
E devono consentire che intanto alle elezioni amministrative votino anche gli immigrati che da anni vivono legalmente in Italia e sono ancora privati della pienezza dei diritti di cittadinanza.
Vogliamo una democrazia capace di fare partecipare e di saper prendere decisioni.
Queste innovazioni sono del tutto coerenti con la Costituzione: anzi consentono di farla vivere con più efficacia nel presente.
Piero Calamandrei – lo cito ancora – diceva: “la Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, lo lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile. Bisogna metterci dentro l’impegno…, la propria responsabilità… Per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indiffernza alla politica…”.

Oggi il nostro impegno per i valori

Dobbiamo impegnarci per far vivere e attuare ogni giorno i valori della Costituzione. I valori portanti, fondamentali della nostra società. I valori non sbocciano spontaneamente, con il sole o la pioggia, si condividono, si mettono in pratica, si trasmettono.
Negli Stati Uniti i bambini alle elementari studiano il Preambolo della loro Costituzione, dovremmo farlo anche noi in Italia.
Nelle scuole e prima nelle famiglie si devono incontrare il rispetto verso gli altri, la responsabilità, la solidarietà, l’amore per la libertà e la democrazia.
Ancora nella scuola si deve incontrare l’Europa, sentirla come il nostro destino, viverla con quella passione anche ideale che animò i momenti più alti della nostra storia quali il Risorgimento e la Resistenza.

Può ancora accadere

“E’ avvenuto, quindi può accadere di nuovo”, scrisse Primo Levi.
Solo rafforzando la democrazia e non rinunciando a costruire la pace possiamo impedire che le tragedie si ripetano. Dobbiamo continuare a costruire e a guardare al futuro. La speranza è propria dell’essere umano. Voglio concludere questo discorso ancora con le parole della filosofa ebrea Hannah Arendt:
….ogni fine nella storia contiene necessariamente un nuovo inizio; questo inizio è la promessa, l’unico «messaggio» che la fine possa presentare. L’inizio, prima di diventare avvenimento storico, è la suprema capacità dell’uomo….Questo inizio è garantito da ogni nuova nascita; è in verità ogni uomo…
Ecco, occorre ribadire da parte di ognuno di noi, sempre, la fiducia nella persona; la speranza con la quale affrontare il futuro; l’impegno, che dà un senso più pieno alla nostra vita, per lasciare il mondo che abbiamo trovato migliore per quelli che verranno dopo di noi. Non è detto che ci riusciremo ma il nostro dovere è provare a farlo, mettercela tutta per riuscirci.
E’ così che viviamo i principi guida della nostra Costituzione e la rendiamo presente, capace di orientare la nostra società, la nostra convivenza.