La formazione della persona e la determinazione del proprio futuro sono un diritto fondamentale di tutti e in particolare di chi deve ancora costruire la propria vita, i giovani. Per questo l’inizio dell’anno scolastico è un momento simbolico tra i più significativi e importanti, non solo per gli studenti e i professori, ma per tutto il Paese.
La scuola svolge un ruolo determinante per la realizzazione della persona e del percorso di vita; un buon sistema d’insegnamento crea nuove generazioni di cittadini consapevoli – pur nella stimolante diversità di opinioni – della storia che ci sta alle spalle, della realtà che ci vede come protagonisti attivi e dei problemi da affrontare per costruire un futuro che risponda il più possibile alle aspettative di ognuno. Oltre ad apprendere conoscenze, durante il loro cammino di crescita i giovani si formano anche nella personalità e nella sensibilità individuale; e in questo giocano un ruolo essenziale gli insegnanti, oltre che le famiglie. Tocca a loro aiutare i ragazzi a far maturare dentro di loro aspirazioni, opinioni e idee. Tanti di noi hanno tra i ricordi più cari gli anni della scuola, soprattutto chi ha avuto la fortuna di crescere con insegnanti preparati, appassionati, che hanno saputo interpretare la loro professione come una missione sociale.
La responsabilità dei docenti è pertanto altissima, così come il senso di gratitudine che la società deve nutrire verso di loro. Altrettanta responsabilità spetta alla politica, che al sistema dell’istruzione deve garantire l’organizzazione, le risorse e gli elevati standard qualitativi di docenti e strutture, necessari affinché esso possa assolvere al meglio il suo compito. La politica deve impegnarsi a fondo per sconfiggere l’evasione scolastica, il cui tasso in Italia è su livelli allarmanti e inaccettabili. Questa piaga trova la sua genesi in drammi sociali di enorme portata: il degrado, la povertà, la sottovalutazione dell’importanza della formazione anche in zone ricche del Paese, la scarsa integrazione degli immigrati; tutti fattori che impongono a tante famiglie priorità diverse dalla scuola per i loro figli che diventano fonte di reddito, talora in tenera età, privati del diritto di scegliere il loro futuro. Per eliminare o alleviare questi profondi disagi la politica può molto, così come molto si può agire nell’abito strettamente scolastico e normativo.
Questo purtroppo non è quello che l’attuale governo sta facendo; più in generale non sembra quella appena illustrata la visione della scuola di chi ci governa. In particolare la manovra triennale varata dal ministro Tremonti col decreto n. 112 e i recenti provvedimenti del ministro Gelmini incidono negativamente sul sistema scolastico italiano. Sono previsti tagli di finanziamenti per circa 7,8 miliardi di euro nel triennio 2009-11 e tagli di personale per 130.000 unità di cui 87.000 docenti. Si comincia con il ritorno al maestro unico nelle elementari, invece dei tre ogni due classi: un bel salto all’indietro, mentre proprio le elementari rappresentano il meglio della scuola italiana. Altre conseguenze più evidenti e immediate saranno: il venir meno del tempo pieno come attività scolastica importante e la sua riduzione, nel migliore dei casi, a doposcuola, con un danno per i giovani e un aggravio di spesa per le famiglie; la chiusura di scuole nei piccoli comuni, nelle isole minori e nelle comunità montane con un aggravio dei costi per i comuni; l’aumento del numero di alunni per classe, il che comporta un probabile aumento dell’abbandono scolastico e le inevitabili maggiori difficoltà di integrazione dei bambini immigrati. Si penalizza così il lavoro degli insegnanti, dei precari in particolare, e a pagare il prezzo più alto saranno le donne, perché costituiscono il grosso del corpo docente e perché le donne mamme dovranno affrontare la riduzione del tempo pieno e prolungato. Il netto taglio che colpisce il corpo docente comporta inoltre la riduzione del numero degli insegnanti di sostegno.
La scuola non può essere considerata un capitolo di spesa su cui operare insensati e indiscriminati tagli per rastrellare risorse, non è questa la via per riqualificare la spesa pubblica. Al contrario deve essere considerato un settore strategico a cui dedicare politiche responsabili. Dobbiamo assicurare, almeno a tutti i ragazzi fino ai sedici anni, un buon risultato educativo, portare al diploma almeno l’85% dei nostri ragazzi e comunque fare sì che nessuno lasci i percorsi di istruzione senza una qualifica spendibile sul mercato del lavoro.
In questi giorni in cui in tutta Italia le scuole tornano a riempirsi, ai ragazzi dico: sentite come vostra la scuola, ricordate ogni giorno che costituisce una formidabile palestra di vita, un laboratorio di idee e il miglior luogo di conoscenza e integrazione sociale. E’ nella scuola che si costruisce gran parte del nostro futuro di vita. Ai professori rivolgo il mio ringraziamento per il delicatissimo ruolo che hanno scelto di ricoprire e ricordo loro quanto sia determinante per la società il rapporto quotidiano che instaurano coi nostri figli. Saremo con voi perché la scuola italiana rafforzi il suo ruolo di formazione.

Vannino Chiti