Cari Colleghi,
il nostro fine, quello che guida la stessa Conferenza, è quello di proseguire sulla strada intrapresa con il rafforzamento dei rapporti di collaborazione tra gli organi dell’Unione, quelli nazionali e quelli delle Regioni e delle Autonomie Locali.
Far vivere e non solo affermare la «sussidiarietà» è il nostro obiettivo. Sono d’accordo con il Presidente Cattaneo: la sussidiarietà rappresenta una rivoluzione copernicana nelle concezioni della statualità. Riguarda dunque non solo le istituzioni europee e le relazioni tra queste, i Parlamenti nazionali, le Regioni, ma al tempo stesso le relazioni tra Stati, autonomie regionali, locali e cittadini. Se la democrazia rappresentativa non saprà dare ai cittadini strumenti e sedi per esprimere anche una partecipazione diretta alla vita delle comunità, vi è il rischio serio di una sua crisi, di un vero e proprio declino. Quattro aspetti sono tra loro connessi e non realizzabili se non tenuti insieme, come valori e come priorità programmatiche.
1) Democrazia federale europea vera e dunque competenza su politica estera, di difesa, di sicurezza; su clima; migrazioni, cooperazione con l’Africa; riequilibrio dello sviluppo e solidarietà tra territori. Un solo esempio: la Siria.
Al tavolo delle trattative per porre fine alla guerra non c’è nessun Paese europeo, non c’è l’Unione: ci sono Russia, Turchia, Iran. In questi anni l’Unione ha visto crescere le sue competenze ma le forme per gestirle non sono state comunitarie, ma intergovernative.
2) Riforma degli Stati nazionali, che non scompaiono, ma devono cambiare profondamente, in relazione al percorso di realizzazione di una democrazia federale.
3) Regioni, Autonomie locali
4) Sussidiarietà anche orizzontale
La sussidiarietà è un’impostazione politico-culturale fondamentale per realizzare una democrazia sovranazionale europea: non si può seguire la strada di un supercentralismo o di una omogeneità culturale. È da affermare non solo nel rapporto tra le istituzioni, ma nella cultura quotidiana, nei nostri comportamenti, nel senso comune, progressivamente nel rapporto tra cittadini e istituzioni.

RAPPORTO TRA ISTITUZIONI NAZIONALI ED EUROPEE
Uno degli strumenti previsti per permettere il contributo dei parlamenti si ricollega al meccanismo di controllo del principio di sussidiarietà. Questo strumento ha avuto l’indubbio vantaggio di aver avvicinato molti parlamenti nazionali all’esame dei dossier europei.
Un punto che mi pare importante sottolineare riguarda il ruolo del Parlamento italiano per quanto concerne il processo di partecipazione alle procedure europee di verifica del principio di sussidiarietà e del dialogo politico, soprattutto successivamente all’entrata in vigore del trattato di Lisbona. Il nostro lavoro non si limita alla verifica del rispetto del principio di sussidiarietà ma si arricchisce di osservazioni di merito. C’è da migliorare e rendere stabile il confronto con le commissioni del Parlamento europeo: le considerazioni di merito dei Parlamenti nazionali devono essere sottoposte alla verifica, al dibattito, conosciute dai parlamentari per l’assunzione delle decisioni.
È chiaro che la partecipazione dei Parlamenti nazionali e delle assemblee regionali contribuisce a migliorare da un lato la democraticità del procedimento legislativo europeo, dall’altro la consapevolezza dei parlamentari nazionali sulla dimensione spesso anche sovranazionale in cui sono inserite le deliberazioni che assumono sul piano interno.
La sussidiarietà resta però uno strumento dalle possibilità limitate che è stato, tra l’altro, interpretato dalla Commissione europea, nei tre casi di cartellino giallo, in modo eccessivamente restrittivo. Inoltre, hanno contribuito ad un suo sostanziale svuotamento sia la farraginosità del meccanismo previsto dal Protocollo sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità sia, soprattutto, la mancanza di una sede politica in cui coordinare le posizioni dei parlamenti nazionali.
Mi riferisco in questo caso ad un ruolo insufficiente svolto dalla COSAC.
E non è corretto, a mio avviso, che per mitigare la sostanziale inefficacia della procedura, si cerchi di forzare il dettato normativo così da includere nell’ambito del controllo di sussidiarietà anche la verifica della base giuridica e il riscontro del principio di proporzionalità.
Penso in ogni caso che, sino ad una pronuncia della Corte di giustizia che faccia chiarezza sul punto, sia più ragionevole continuare ad utilizzare i parametri della “necessità dell’azione europea” e del “valore aggiunto europeo” che costituiscono i due criteri di operatività, generalmente riconosciuti, del principio di sussidiarietà.
Non ci sono tuttavia da mettere in evidenza solo gli aspetti critici. È molto apprezzabile, come modulo concreto per permettere la partecipazione dei parlamenti, il dialogo politico, come il Senato italiano da tempo sostiene.
I parlamenti nazionali hanno infatti mostrato un crescente interesse per l’esame del merito dei dossier europei attraverso il dialogo politico inaugurato dall’allora Presidente della Commissione Barroso. Questo esercizio ha favorito:
– una diffusione più ampia dei contenuti dell’attività europea a livello nazionale e tra i cittadini;
– la possibilità per i parlamenti nazionali di seguire in modo più informato l’attività, tutt’ora poco trasparente, dei governi in Consiglio. Qui in parte supplisce il confronto obbligatorio in alcuni Parlamenti nazionali, come in Italia, con i premier che prima dei Consigli europei, debbano esporre le linee guida che sosteranno, l’approvazione parlamentare, successivamente, alla conclusione del vertice, riferire sulle decisioni assunte.
Si tratta tuttavia di metodologie importanti, ma che si riferiscono ai singoli Stati membri, non ad impostazioni che rendano trasparenti su scala europea i percorsi decisionali.
– una sempre più consapevole trasposizione delle norme europee negli ordinamenti.
Il dialogo politico ha quindi già oggi superato le inefficienze del meccanismo di controllo del principio di sussidiarietà. Si tratta ora di renderlo più efficace. Il Senato italiano ha fin da subito creduto in questo canale di comunicazione politica con la Commissione europea e guarda ora con estremo interesse al potenziamento di un’analoga forma di dialogo con il Parlamento europeo. Ricordo il momento di confronto che abbiamo avuto a maggio, al Parlamento europeo, con l’onorevole Rangel. Ho apprezzato il suo documento di lavoro in cui si fanno importanti affermazioni in merito alla partecipazione dei parlamenti alla vita democratica dell’Unione. Dobbiamo insistere su questa linea.
In aggiunta a quanto ho sottolineato sulla rilevanza dei moduli partecipativi dei parlamenti nazionali, il Senato italiano, insieme ad altre Camere, ha preso parte con convinzione ai primi progetti pilota di cartellino verde sugli sprechi alimentari e sulla responsabilità sociale delle imprese multinazionali.
Al riguardo, ribadisco che la green card dovrebbe riguardare ambiti che ricadano nella competenza della Commissione europea e che abbiano lo scopo di implementare le disposizioni dei trattati.
Ora vi è l’opportunità di un approfondimento di sussidiarietà e proporzionalità nella task force voluta dal Presidente Juncker e poi nei Parlamenti e nelle Assemblee regionali. Questo impegno si accompagna alla proposta del Presidente Macron per Convenzioni democratiche sul futuro dell’Unione. Sono occasioni che potranno definire meglio ciò che deve rientrare nelle competenze dell’Unione e il consenso di popolo che deve essere costruito attorno a queste impostazioni. Entro un numero non lungo di anni, dobbiamo avere una Unione Europea che pesa non solo sul piano economico, ma anche su quello politico e militare. È il futuro che dobbiamo costruire per essere tra i protagonisti del XXI secolo.
Sono occasioni che potranno definire meglio ciò che deve rientrare nelle competenze dell’Unione e il consenso di popolo che deve essere costruito attorno a queste impostazioni. Entro un numero non lungo di anni; dobbiamo aveva una Unione Europea che pesa non solo sul piano l’economia anche su quello politico e militare.
È il futuro che dobbiamo costruire per essere tra i protagonisti del XXI secolo.

IL RAPPORTO CON LE REGIONI
Vi è la necessità di coinvolgere adeguatamente la dimensione regionale nel quadro non solo degli Stati nazionali, ma della costruzione di una nuova fase dell’Unione Europea. L’articolo 5 del Trattato sull’Unione europea fornisce una definizione del principio di sussidiarietà che tiene conto delle autonomie locali e regionali. Perché l’Unione possa intervenire nelle materie che non sono oggetto di una sua competenza esclusiva, è necessario che gli obiettivi dell’azione prevista non siano sufficientemente realizzati né a livello statale né a livello regionale o locale. L’articolo 6 del Protocollo sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità afferma che «spetta a ciascun Parlamento nazionale o a ciascuna Camera consultare all’occorrenza i Parlamenti regionali con poteri legislativi».
Come sa il presidente Iacop, la cooperazione tra la commissione Affari Europei del Senato e la Conferenza delle Assemblee legislative regionali italiane è diventata più proficua e costante negli anni della attuale legislatura. La ragione risiede in alcuni accorgimenti legislativi e regolamentari che hanno creato maggiori condizioni per la partecipazione delle Regioni ai lavori del Parlamento italiano.
Mi riferisco soprattutto all’attivazione della partecipazione delle Assemblee legislative regionali nella verifica del principio di sussidiarietà.
Con la nostra legislazione interna si è previsto che la partecipazione regionale è possibile indipendentemente da una richiesta espressa da parte delle Camere.
Ciò risulta confermato, dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, dallo sviluppo e dal consolidamento della prassi della diretta trasmissione da parte delle Assemblee di risoluzioni concernenti questioni europee, sia relative a progetti di atti legislativi sottoposti alla verifica del principio di sussidiarietà che agli altri atti dell’Unione.
La legislazione italiana è andata oltre la lettera del Trattato, poiché si è previsto che le Regioni possano far pervenire le loro risoluzioni al Parlamento anche nell’ambito del dialogo politico, e quindi a prescindere dalla presenza di una procedura legislativa.
Al fine di dare ancora maggiore risalto alla dimensione regionale, all’interno della commissione Affari Europei del Senato, è stata costituita una Sottocommissione permanente per i rapporti con le Regioni, incaricata di esaminare, in funzione istruttoria, le questioni inerenti alle Politiche dell’Unione in rapporto alle competenze delle Regioni e delle Province autonome.
Abbiamo approvato un protocollo di collaborazione tra Commissioni Politiche dell’U.E. del Senato e Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative regionali. Un punto fermo è il confronto annuale sulle priorità poste dalla Commissione europea e linee dell’Italia. Vengono dalle Regioni contributi di grande rilievo, che diventano parte integrante della MOZIONE parlamentare.
La collaborazione tra la nostra commissione al Senato e le Assemblee regionali ha toccato diversi ambiti.
Nello scorso mese di maggio una delegazione di membri della 14ª commissione e di 6 presidenti di Consigli Regionali, insieme a europarlamentari italiani e rappresentanti delle commissioni Affari Europei di 20 parlamenti, ha visitato l’hotspot di Pozzallo, in Sicilia, per contribuire a creare una maggiore presa di coscienza del fenomeno delle migrazioni, della sua drammatica attualità, della necessità di affrontarlo in chiave europea, perché si è di fronte ad una crisi umanitaria con quei valori di solidarietà e difesa dei diritti fondamentali della Persona che costituiscono le fondamenta su cui è sorta e può progredire l’Unione.
Sempre grazie a questo rapporto di collaborazione, è stato approvato dall’Assemblea generale della Conferenza dei Presidenti delle Assemblee regionali europee il progetto “Minori stranieri non accompagnati”. La ratifica è avvenuta da parte dei rappresentanti delle Regioni europee a Siviglia, la relazione approvata in Andalusia ha avuto l’avallo del governo italiano, in seguito al parere positivo espresso dalla XIV Commissione al Senato, ed è stata in gran parte recepita dalla legge nazionale n° 47 del 2017 “Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati”.
che riconosce al minore straniero gli stessi diritti dei minori italiani.
Con le Assemblee regionali in questi anni abbiamo costruito diverse occasioni di incontro per discutere delle riforme istituzionali necessarie in Italia.
Penso che questi esempi confermino come il circuito della rappresentanza politica costituisca il vero snodo di un’applicazione efficace del principio di sussidiarietà. Si dà voce così ai rappresentanti dei cittadini al livello più vicino alle loro esigenze. Si introducono così nel processo decisionale europeo elementi informativi e di conoscenza altrimenti non acquisibili; con vantaggi conoscitivi importanti soprattutto per il Parlamento europeo, in cui giustamente le rappresentanze politiche non sono organizzate sulla base degli Stati, ma delle famiglie politiche.

SUSSIDIARIETA’ ORIZZONTALE
La sussidiarietà è un principio da valorizzare anche nella cosiddetta dimensione “orizzontale”. È un principio contenuto nella nostra Costituzione, nei valori guida e negli indirizzi dell’Unione Europea. Con essa i cittadini non delegano la loro responsabilità di operare per il bene comune alle sole istituzioni, ma diventano protagonisti, nell’insieme della vita collettiva, non soltanto nelle attività del sociale.
Oggi non è più pensabile che tutto gravi sullo Stato e a tutto pensi lo Stato, nelle sue articolazioni anche territoriali. Non tutto quello che è pubblico deve inevitabilmente essere istituzionale. Non si tratta certo di riproporre un dibattito ideologico su meno Stato e più mercato. È un dibattito ideologico secondo me datato. Dobbiamo uscire dalla cultura che vede il privato sociale, cioè associazionismo, volontariato, ruolo diretto dei cittadini e delle loro organizzazioni, come residuale o sostitutivo dell’assenza dello Stato. Per noi le istituzioni devono programmare, controllare i risultati, garantire l’universalità del welfare, saper gestire con efficacia in particolare istruzione e sanità. Non essere gli esclusivi titolari della gestione, mentre senza dubbio devono essere gli esclusivi soggetti che fissano gli indirizzi e sono i responsabili della valutazione.
Si tratta quindi di disegnare uno Stato diverso, capace di programmare, definire obiettivi, controllare le azioni per realizzarli, svolte da una pluralità di soggetti.
In questo quadro è decisivo il ruolo di Regioni e Autonomie locali. Senza di esse non è neppure ipotizzabile una riforma del welfare né un rafforzamento della democrazia, che deve saper tenere unite, non contrapporre, partecipazione diretta e rappresentanza. Un pilastro del nuovo welfare è costituito da noi dall’impegno delle organizzazioni del Terzo settore che operano nel sociale per la tutela dei diritti, la risposta ai bisogni essenziali, l’assistenza, il contrasto ai fenomeni di esclusione ed alla povertà.
Il terzo Settore rappresenta una ricchezza della società italiana.
Già da molti anni il suo ruolo è decisivo per assicurare un welfare più efficiente e universale. Senza l’impegno quotidiano delle associazioni, la sanità e l’assistenza non potrebbero assicurare gli attuali standard, né vi sarebbe efficacia nel recupero di chi ha ceduto alle tossicodipendenze. Nella società moderna alcune prestazioni di welfare devono essere “personalizzate”: per questo sono fondamentali esperienze compiute da cooperative sociali, ma anche il lavoro volontario di associazioni che operano realizzando concretamente i valori della solidarietà. Tuttavia, quando si parla di sussidiarietà orizzontale non ci si riferisce solo al Welfare. Vi sono spazi nell’economia e nella stessa finanza per esperienze di mutualità. È questa oggi la nuova frontiera del pluralismo. Un esempio soltanto.
Un’esperienza innovativa di sussidiarietà orizzontale è la finanza etica. In essa si condensano l’attuazione del principio, sancito dalla Costituzione italiana, della funzione sociale delle imprese; la mutualità tra cittadini, banca, imprese, manager, dipendenti; il sostegno al lavoro, all’economia reale, alla produzione.
Saper valorizzare la capacità e l’esperienza di fare impresa sociale è una potenzialità positiva per il futuro dell’Europa, rappresenta un collante tra i cittadini che fa progredire anche la democrazia sovranazionale e al tempo stesso un profondo rinnovamento degli Stati nazionali, delle Regioni e dei Comuni.
È la risposta per rafforzare la democrazia, sconfiggere gli avventurismi reazionari dei populismi e gli egoismi nazionalistici che sfidano nel nostro tempo la convivenza, la civiltà, la pace.