Ecco perché ho deciso di non votare la legge elettorale e dunque non partecipare ai voti di fiducia né al voto finale sulla legge. Di questa legge non mi convince la quota esigua dei collegi uninominali. Una prima, ampia intesa era stata raggiunta sul 50% di collegi uninominali e 50% di proporzionale. Non era dunque inverosimile questo obiettivo. Ancora meno mi convince il voto unico che impedisce una piena scelta da parte dei cittadini dei loro rappresentanti in Parlamento. Fu uno dei motivi che determinarono la mia decisione di non votare l’Italicum. Non mi convince la pluralità delle soglie per l’accesso ai seggi, vizio tutto italiano: 3%; 10% per le coalizioni; ripescaggio dei voti di chi nelle coalizioni superi l’1%. Uno stimolo al moltiplicare le liste e a dar vita a schieramenti elettorali, non di governo. Non mi convince che si mantenga in vita l’ambiguità dell’indicazione del capo della forza politica, quasi che si dovesse eleggere il premier. Non mi convince infine la previsione che si possa essere residenti in Italia e candidati nelle circoscrizioni all’estero. Si dice: bisogna votare questa legge, altrimenti c’è il consultellum. Nella vita degli uomini e in quella politica gli “stati di necessità” si verificano a seguito di scelte. Per mesi si è perso tempo; si è cullata proprio l’idea di andare a votare con le due leggi eterogenee, si è voluto evitare un confronto, una discussione vera che costruisse una buona legge. Penso che la fiducia, sia un serio errore: mi colpisce la sottovalutazione della gravità della scelta. Non era nel programma di governo, lo aveva esplicitamente dichiarato il presidente del Consiglio, nel suo discorso di insediamento alle Camere. Non si giustifica, per me, la fiducia su leggi elettorali o sulla Costituzione. Sono principi astratti? No, sono valori da tenere fermi, oggi e domani, come ieri.   La fiducia che i governi pongono, fin troppo spesso, per attuare il loro programma, e – va riconosciuto – anche per la mancata riforma delle nostre istituzioni, questa volta è stata invocata dal Parlamento per ridurre il suo ruolo, la sua funzione, limitare, anzi annullare il confronto al suo interno. È difficile pensare che una maggioranza così ampia non sarebbe stata capace di sostenere ed orientare un confronto parlamentare serio e battere le sortite strumentali di quanti volessero assumersi la responsabilità di trucchetti per imporre voti segreti non dovuti. Quello che ha più pesato, a mio giudizio, è piuttosto la volontà di far approvare ad ogni costo questa legge elettorale prima del voto in Sicilia. Ancora una volta si è davanti ad un’ossessione per le scadenze, già vista in un recente passato. È difficile illudersi che i ripetuti voti di fiducia, posti in questa legislatura dai governi sulle leggi elettorali, non costituiscano un grave precedente che peserà nel futuro della nostra democrazia.