“Serve un approccio che non impedisca ai governi di andare avanti in aree specifiche, pur lasciando la porta aperta a chi si vorrà unire successivamente. L’unità non può essere una scusa per la stagnazione, ma al tempo stesso l’ambizione non può portare a divisioni”.
Lo ha scritto il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk che, dopo alcune settimane di consultazioni, ha inviato una lettera ai leader europei in vista del Consiglio di oggi e domani. All’ordine del giorno c’è l’Europa a due velocità: in caso di veto da parte di alcuni Paesi, gli altri saranno liberi di andare avanti con la “cooperazione rafforzata”. Chi rimane fuori potrà unirsi in futuro.
È la strada da seguire per procedere nell’integrazione: chi ha più visione del futuro, deve incamminarsi nella prospettiva degli Stati Uniti d’Europa. Chi intende frenare non può avere un potere di veto. L’unità dei 27 è fondamentale, ma non può essere un impedimento all’ambizione. Sono d’accordo con il presidente del Consiglio Gentiloni che ha fatto questa osservazione nelle aule della Camera e del Senato.
L’Austria purtroppo ha appena preso una strada sbagliata: hanno vinto le elezioni i Popolari, dopo una campagna elettorale che li ha visti svoltare decisamente a destra con la leadership di Christian Kern, inseguendo le posizioni del partito nazionalista, islamofobo ed euroscettico di Strache, arrivato secondo. Se L’Austria deciderà di unirsi al ”gruppo di Visegrad” all’insegna della chiusura, dell’egoismo e dell’intolleranza, la risposta dell’Ue dovrà essere il coraggio di più avanzate condivisioni di sovranità. Chi decide di rimanere indietro, sono convinto che col tempo apprezzerà i risultati realizzati e chiederà di partecipare pienamente a politiche comuni su difesa, sicurezza, relazioni internazionali, migrazioni. Nessuno Stato europeo da solo è in grado di far pesare i suoi interessi sullo scenario mondiale. Se ne sta rendendo conto anche il Regno Unito, dopo la Brexit.
La road map dell’Unione prevede per dicembre le prime cooperazioni nella Difesa; a febbraio un summit per discutere su come ripartire i seggi lasciati liberi all’Europarlamento dalla Gran Bretagna e la formalizzazione dei candidati di ogni famiglia politica alla guida della Commissione Ue, in base al risultato delle europee del 2019; a marzo si parlerà di web tax, su cui è probabile una cooperazione rafforzata; a giugno 2018 le decisioni sulla riforma dell’euro e sui migranti, dossier fondamentali.
L’Italia in questi anni è stata in prima fila per rilanciare e cambiare l’Unione: dobbiamo continuare ad esserne protagonisti.