Porre da parte del governo la questione di fiducia sulla legge elettorale è stata una scelta sbagliata. Vengono colpiti principi importanti della vita democratica. Dopo la fiducia sull’italicum, si consolida una prassi non corretta. Sulle regole di funzionamento delle istituzioni non è giusto ricorrere a forzature che umiliano il Parlamento. Domani questa strada potrà essere percorsa da maggioranze reazionarie, per colpire aspetti fondamentali della democrazia.
La legge elettorale in discussione a mio avviso ha dei difetti, ma in ogni caso è migliore di quella che risulta dalle sentenze della Consulta. Non si può andare a votare con due leggi eterogenee: quella per la Camera con uno sbarramento del 3%, preferenze, premio di maggioranza alla lista che superi il 40% di consensi; quella per il Senato con sbarramento dell’8% su base regionale, collegi enormi attorno ai 3 milioni di abitanti, senza preferenza di genere e senza premio di maggioranza. Norme diverse, contraddittorie tra loro, per Camera e Senato; distorsioni della rappresentanza; nessuna governabilità possibile.
Il testo attuale ha il pregio di introdurre regole uniformi e un incentivo, seppur insufficiente, per la formazione di maggioranze di governo. Purtroppo però ha anche dei difetti significativi: solo il 36% degli eletti sarà selezionato con i collegi uninominali; il restante 64% sarà scelto con un sistema proporzionale e listini bloccati. Una modifica necessaria sarebbe l’introduzione del voto disgiunto o di una doppia scheda, per consentire all’elettore di dare due indicazioni separate per il candidato nel collegio e per la lista nella parte proporzionale. Ciò limita fortemente anche la libertà dei cittadini di scegliere, dopo tre elezioni svolte con il porcellum, i propri rappresentanti in Parlamento. La politica italiana, incapace di realizzare le riforme istituzionali, che attendono da anni, si rifugia in meccanismi di controllo degli eletti. Così, forse, si governano le istituzioni, non certo la società.
Questa legislatura verrà ricordata come quella delle occasioni mancate per rinnovare la nostra democrazia. Almeno alla sua conclusione avremmo potuto varare una legge elettorale più condivisa e frutto di un confronto aperto. Invece chiuderemo facendo un grande regalo alla destra: un centro-sinistra a pezzi; una legge che la destra incassa, lasciando al Pd la responsabilità di chiedere la fiducia, al suo governo di metterla, a quel che resta della maggioranza di votarla; Articolo 1 – Mdp, risucchiato da estremismi che sembrano farne una sinistra del passato, ideologicamente chiusa, né di testimonianza né di governo.