L’alluvione di Livorno è stata in Italia l’ennesima tragedia legata al maltempo. L’autunno deve ancora arrivare, si prevedono forti piogge, dopo una lunga siccità, e già affrontiamo il dolore per 8 vittime.
Da anni richiamiamo la necessità di interventi risolutivi per affrontare il dissesto idrogeologico: acqua e fango in poche ore si trasformano in flagelli distruttivi. Qualcosa è stato fatto. Ma scopriamo, anche grazie ad alcune denunce giornalistiche, che non stiamo spendendo il denaro disponibile.
Negli ultimi anni si è proceduto ad una ricognizione con le Regioni per individuare le criticità e sono stati stanziati 7,7 miliardi da spendere entro il 2023. Ma da maggio 2014, quando è stato lanciato il programma “Italia sicura”, sono stati spesi appena 114,4 milioni di euro! Meno dell’1,5% del totale.
Su 8.926 interventi “necessari e prioritari” segnalati dalle Regioni pochissimi, appena il 6% sono accompagnati da progetti esecutivi.
Per la città di Livorno sono previsti due interventi, ma in fase preliminare. E non riguardano i corsi d’acqua straripati domenica ma il torrente Ugione. L’intervento costerà 3,5 milioni di euro ma non si sa quando inizierà né quando finirà. Così come non si sa quando partirà un altro lavoro sull’Ugione finanziato da diversi anni dalla Regione Toscana e mai cominciato.
Da un’osservazione complessiva emerge in modo drammatico una mancanza di cooperazione tra istituzioni. Si è perso lo spirito di collaborazione che caratterizzava quegli accordi di programma che sul finire dell’altro secolo legavano risorse nazionali, regionali e locali a priorità condivise e progetti operativi. Si è caduti in un particolarismo in cui ognuno fa il suo e la collaborazione è residuale. Non mi convince l’appello centralistico del ministro dell’Ambiente: non vedo nella storia della Repubblica ministeri che splendano per efficienza e tempestività. L’Italia ha bisogno di un piano che veda come protagonisti lo Stato centrale, le Regioni e i Comuni, per una continuità di stanziamenti almeno nei prossimi cinque anni. Qualunque parte politica sia alla guida del governo, delle Regioni e dei Comuni, abbiamo bisogno di progetti di messa in sicurezza del territorio di medio e lungo periodo, per uscire dal vortice dell’eterna emergenza. Partendo da priorità che segnano oggi un rischio immediato. Dobbiamo poi batterci perché la messa in sicurezza del territorio non sia compresa nei vincoli di spesa europei del Fiscal Compact.