Di Tiziana Gori

«Nessuno vuole mettere in discussione il segretario di un partito uscito vincente dalle primarie. Matteo Renzi è stato eletto segretario del Pd a maggio. Ma vogliamo riflettere? Perché i ceti popolari non guardano più a noi? Sarà che non si sentono ascoltati? Che la presenza nei quartieri popolari, afflitti da mille problemi, è sostituita dalla presenza nei talk show, dove si parla esclusivamente di diritti civili? Questi sono temi reali, che le primarie non hanno fatto magicamente scomparire».
Conferenza programmatica. Dice di non voler mettere in discussione Renzi, il senatore Vannino Chiti, tra i fondatori del Partito Democratico, ma lo invita a convocare una conferenza programmatica: «Parliamo di persone e problemi, non solo di candidature». Altrimenti, alle elezioni politiche «si va verso la sconfitta». Poi una stoccata: «Lo slogan “non disturbate il manovratore” in politica non funziona». Incontri nei circoli, ascolto dei cittadini, discussione dei problemi, definizione delle priorità, alleanze: «Io mi ritrovo perfettamente nelle dichiarazioni di Prodi e Franceschini, dobbiamo ricostruire un centrosinistra coeso, che sia sentito credibile dai cittadini. Questo non dà certezza di vittoria, ma ci può far vincere. Di sicuro, da soli perdiamo. Dalle Europee del 2014 succede in tutti gli appuntamenti importanti».
Il risultato delle amministrative. È a Strasburgo Chiti, ma nella sua attività intensa di parlamentare europeo non ha perso di vista le elezioni amministrative, e gli infausti risultati per la sinistra italiana. La sua città, Pistoia, è passata al centrodestra dopo 71 anni di guida ininterrotta delle sinistre. Carrara ai 5 stelle, Lucca rimasta alla sinistra per un pugno di voti. «È in gioco un patrimonio sociale, ideale, politico. Se il Pd non si riscopre capace di ascoltare i ceti popolari, di alleanze (a sinistra), e coesione, ne usciamo sconfitti. O andiamo al governo con Silvio Berlusconi, il che segnerebbe il declino del partito».
Divisioni nel centrosinistra. Le sconfitte di Carrara e Pistoia, ma anche Genova, consegnano un messaggio di valenza politica nazionale. Il centrosinistra si è presentato frammentato, e lo scotto è stato pagato: «A Pistoia, ad esempio, la lista del renziano Roberto Bartoli ha avuto l’11% delle preferenze al primo turno. Bartoli si è dichiarato neutrale al ballottaggio. Una neutralità che ha incoraggiato i consensi alla destra. In pochi mesi -sostiene – è passato dall’ortodossia renziana alla neutralità benevola verso Fratelli d’Italia. La lista di Bartoli era nata da una contestazione interna al Pd di un sindaco – Samuele Bertinelli – ritenuto troppo di sinistra. Insomma una vera e propria scissione, questa volta animata da esponenti che si erano caratterizzati per super fedeltà a Renzi». Le difficoltà nel rapporto coi ceti popolari, precisa, non riguardano solo Pistoia: «Ma c’è una differenza tra Lucca e Pistoia. A Lucca, nel turno di ballottaggio, si è avuta la capacità di costruire alleanze. La capolista di una lista di centro ha dichiarato il suo sostegno ad Alessandro Tambellini». Anche in Toscana, in queste amministrative, «c’è stata una convergenza dell’elettorato dei 5 stelle verso la destra. È un elemento che non possiamo ignorare. Di questi temi dovremmo parlare. Ci sono persone che stanno lasciando il Pd. Ogni dieci astenuti, 7 sono del centrosinistra. Io ho sempre sostenuto che sarebbe stato utile prima delle primarie dare vita a una conferenza programmatica. Un errore di tutti non farla.».
Allontanamento dalle periferie. Sull’isolamento sociale del Pd, lui che a queste elezioni è andato «porta a porta nel quartiere delle Casermette, a Pistoia, ad ascoltare la gente» Chiti ha idee precise: «siamo scarsamente radicati, pensiamo a ricostruire un legame con il popolo, con chi ogni giorno affronta mille difficoltà, dando ascolto e le migliori risposte possibili».
Combattere la destra reazionaria. E poi rimotivando chi non intende accettare «l’alleanza tra destra moderata, ma pur sempre liberista, e destra reazionaria. Una politica senza valori di riferimento non è concepibile, meno che mai per la sinistra. Come saranno vissuti appuntamenti che fondano la Repubblica, a cominciare dalla Liberazione? A Pistoia il neo sindaco Alessandro Tomasi è stato l’unico candidato che non ha risposto all’Anpi sui valori permanenti dell’antifascismo. Come a Cascina, dovremo vivere questi appuntamenti senza l’amministrazione dei cittadini? Le unioni civili come saranno attuiate? Sarà autorevole Pistoia, ancora per sei mesi Capitali italiana della cultura se apparirà ostile o ambigua nei confronti dell’Unione europea?».
Il voto dei giovani. Chiti non nasconde che in queste amministrative, in tutte le città toscane «c’è stato un voto giovanile significativo per la destra. Naturalmente – aggiunge – al suo interno andrà visto bene, per mettere in luce le contraddizioni e operare, attraverso un confronto serio, i recuperi che sono possibili. Nel voto giovanile c’è una parte, minoritaria ma non irrilevante, che sostiene le ideologie di una destra non pienamente democratica e sicuramente non europeista. Sono i giovani che guardano ai partiti lepenisti italiani: Fratelli d’Italia e Lega Nord. La loro ideologia è quella dell’individualismo egoistico, della chiusura, del maschilismo, del rifiuto del diverso, dell’immigrato. La gran parte dei giovani invece ha votato sedotta dalla prospettiva di un cambiamento profondo, dopo oltre 70 anni di amministrazioni di sinistra e centrosinistra. Questi giovani non sono chiusi all’Europa, non rinnegano i valori della solidarietà. Si riconoscono nei principi della Costituzione. Sui loro orientamenti pesano anche carenze del Pd e della sinistra. L’antifascismo non è solo un periodo storico. Si tratta di valori permanenti, contro ogni totalitarismo».