Di: Fabio Calamati

Il ritorno a un sistema bipolare è un’illusione: il risultato al primo turno delle amministrative, che ha fatto registrare nelle città una battuta d’arresto dei Cinque stelle e un forte ritorno dell’appeal del centrodestra, non è trasponibile su scala nazionale. Né è sicuro Vannino Chiti, pistoiese, ex presidente della Regione Toscana, ex ministro, politico di lunghissimo corso e senatore Pd.

Vannino Chiti, in queste elezioni amministrative, in Toscana e non solo, sono riemersi con forza i due poli tradizionali, centrodestra e centrosinistra. È una acquisizione definitiva? «È una lettura giusta per queste elezioni, e soprattutto è giusta a livello locale. Gli ondeggiamenti ideologici dei 5 stelle, le improvvisazioni e le cattive esperienze nel governo locale, da Roma in giù hanno fatto sì che quasi da nessuna parte, in Toscana solo a Carrara, il M5s arriva al ballottaggio. Qui mi fermerei. Non direi che i 5 stelle non ci saranno più come interlocutori e nella sfida delle politiche. Su queste elezioni è così»

La Toscana è divenuta contendibile. Non c’è più un recinto sicuro per il centrosinistra? «Io penso che sia vero ovunque, l’ho sempre detto. Da 15 anni dico che non c’è niente di scontato. Ci sono realtà dove il centrosinistra parte in pole position, altre dove lo fa il centrodestra. Si può partire in pole e non vincere. In democrazia è giusto che sia così. Ma il dato di queste elezioni è un altro, secondo me, e non è solo un fatto toscano. A differenza del resto dell’Europa, il bipolarismo destra sinistra in Italia è caratterizzato da una destra confusa con il lepenismo e la trazione delle aggregazioni di centrodestra appaiono essere le forze che rappresentano il lepenismo. A Pistoia, il candidato sindaco non è di Forza Italia ma di Fratelli d’Italia-An e se vincesse le elezioni, cosa che non penso, la maggioranza in consiglio comunale avrebbe 8 fratelli d’Italia e 4 della Lega su 15. Mentre in Francia i repubblicani, forza di centrodestra, sono alternativi alla Le Pen, come è Macron o i socialisti, in Italia le forze di centrodestra che dicono di essere moderate sono confuse, non alternative, a quelle che sono lepeniste»

Questo comporta anche per il centrosinistra un qualche tipo di rimodulazione dell’offerta politica? «Questo comporta che il centrosinistra debba sollevare come obiettivi i grandi valori dell’Europa, della democrazia, dell’impegno contro le diseguaglianze. La Francia e la Germania non sono in un altro secolo e in un altro continente. Se lì le forze di destra sono alternative a quelle estremiste e da noi no vuol dire che la destra italiana resta meno affidabile. Questo bisogna che sia un punto forte su cui riflettere. Una dinamica che incide anche sui Comuni. La vita di una città si ispira all’inclusione o all’esclusione, alla difesa e al rinnovo del welfare o al premio dei più forti. Quindi l’impostazione dei valori condiziona anche i progetti che si hanno di una città.

La recente guida del Pd, da Renzi ma non solo, ha un po contribuito all’allentamento dell’attenzione sui grandi valori. O no? «I governi Letta, Renzi e Gentiloni hanno posto in Europa un ruolo da protagonisti per allentare la morsa dell’austerità fine a se stessa. Lo stesso per la politica dei migranti. L’accordo di Dublino, che cerchiamo di cambiare, è stato sottoscritto da Berlusconi e Maroni. Ma le destre che allora lo vollero, se ora sono al governo dei Comuni, cercano di prendere pochi migranti, scaricando il peso principale dell’accoglienza sulle città governate dal centrosinistra»