L’astensionismo è ancora una volta tra i protagonisti delle elezioni in Italia. In questo nuovo turno di comunali ha votato il 60,1% degli aventi diritto, contro il 66,8% del 2012, quando si andò a votare negli stessi comuni.
È una tendenza ormai in corso da alcuni anni: le cause sono certamente più di una e metterle a fuoco, rimuoverle non sarà facile. Occorre però intanto non sottovalutarla, discuterne, porla al centro della politica. Un aspetto, a mio avviso, è questo: i cittadini credono sempre meno nella possibilità di incidere sulle scelte pubbliche e di scegliere tra alternative di governo. Non vogliono dare una delega in bianco a persone e partiti.
Non si va a votare per sfiducia nella politica, per identità confuse tra destra e sinistra, per la convinzione che la politica non abbia gli strumenti per attuare le decisioni e i cambiamenti. Non sono ragioni prive di fondamento: il deficit di progetti e programmi viene giustificato dichiarando ormai anacronistica, scomparsa, nel XXI secolo, la differenza tra destra e sinistra. E questo, mentre disuguaglianze e ingiustizie aumentano e la solidarietà si indebolisce. Questo nostro tempo vedrà impoverirsi democrazia e diritti umani, se non sapremo affermarli su scala sovranazionale e globale. Sì, siamo in presenza di un rischio non banale di crisi per la democrazia nel mondo. La distanza tra istituzioni e cittadini non è mai stata così ampia. Le istituzioni sono chiuse in sé stesse, danno l’impressione di autoreferenzialità.
Per riaccendere nei cittadini voglia e passione servono programmi chiari e alternativi: chi crede nel liberismo, nel sovranismo si proponga così agli elettori; chi, come noi di sinistra, crede nella dignità di ogni persona, in uno sviluppo socialmente e ambientalmente sostenibile, nella costruzione di una democrazia sovranazionale europea, nell’inseparabilità di libertà e uguaglianza, faccia altrettanto.
Un altro aspetto importante, da noi, è la legge elettorale. Da più di 10 anni non è possibile scegliere chi deve rappresentarci e adesso rischiamo anche di impedire che si possa conoscere e contribuire a determinare la maggioranza di governo. Dopo le sentenze della Consulta sembriamo rassegnarci al proporzionale puro o, peggio ancora, al nulla di fatto. Abbiamo sei mesi di tempo per dare all’Italia una legge elettorale che consenta davvero ai cittadini di scegliere gli eletti e le alleanze di governo. È il presupposto per il resto: scelte per il lavoro, lo sviluppo, la sicurezza, le migrazioni, l’Europa.