Il dato positivo emerso dalle elezioni presidenziali in Francia è che i cittadini non si sono fatti piegare dalla paura e dall’irrazionalità: non ci sarà un ballottaggio tra opposti estremismi uniti nell’antieuropeismo, seppur molto diversi tra loro perché uno, quello di destra, è una formazione neofascista e razzista. Una Francia guidata da Le Pen, lo scenario peggiore, o Melenchon avrebbe costituito un pericolo per la stessa esistenza dell’Unione Europea e dunque per il nostro futuro.
Ha vinto Macron che prevarrà, ho fiducia nel popolo francese, con un distacco maggiore al secondo turno. Non è naturalmente scontato: bisogna che su di lui si sposti la gran parte di quel mondo di sinistra che aveva scelto proprio Melenchon. È possibile offrendo agli elettori una proposta politica chiara senza essere, esplicitamente o in modo ambiguo, “antisistema”. Macron è un europeista convinto, ma mette in evidenza i limiti attuali dell’Unione e propone profondi cambiamenti. È la visione che sostiene da noi il Partito Democratico. Si tratta di portare avanti questo impegno, che ridislocherà in Europa e nelle sue nazioni il centrosinistra e le destre, senza scendere su terreni propri all’antieuropeismo. Dalla Francia è dunque venuto un messaggio di fiducia nella democrazia, nei diritti umani, nella libertà e nell’Unione Europea.
Veniamo alle note dolenti: la sinistra ha disperso i suoi voti su tre candidati. Molti hanno scelto Macron, ex socialista; altri hanno condiviso le posizioni di Melenchon; una parte minoritaria ha sostenuto il candidato socialista Hamon, che aveva vinto le primarie nel partito. Per la prima volta nessun candidato ha superato il 25% dei consensi. Il 41% dei francesi che sono andati alle urne ha fatto una scelta di protesta con Le Pen o con Melenchon.
Emerge un quadro di frammentazione, sfiducia, rabbia, delusione. La sinistra si conferma incapace di svolgere il suo ruolo storico: dare risposte anche a chi è rimasto indietro.
Anche in Italia il Partito Democratico vive una fase di incertezza. Anche noi dobbiamo ridefinire l’identità, di una sinistra plurale, vicina ai più deboli, ai lavoratori, impegnata per superare povertà e disuguaglianze, per uno sviluppo sostenibile, per gli Stati Uniti d’Europa: questa sfida deve unire le sinistre europee. Questa è la piattaforma politica di Andrea Orlando. Scegliere lui come nuovo segretario del Pd alle primarie di domenica prossima, significa dare al nostro partito una guida che dedicherà 4 anni alla costruzione di un rapporto vero con i cittadini, con i luoghi di lavoro e di studio, con quanti si impegnano per un paese più moderno e giusto.