Di: Mauro Bonciani

Ex presidente della regione, Vannino Chiti è da sempre una voce critica e libera all’interno del Pd, rimanendo legato alla Toscana anche se da anni la sua attività politica gravita attorno a Roma.

Senatore, tra pochi giorni ci sarà l’appuntamento del Lingotto, mentre gli scissionisti stanno per aprire il loro primo circolo in Italia: come sta il Pd? «Il Pd certamente in questa fase ha problemi e c’è la necessità di ridiscutere a fondo le nostre impostazioni, in una fase di cambiamenti epocali. Ci sono il populismo, la destra reazionaria, la necessità del rilancio dell’Unione Europa e di cambiamento dell’Italia. Ci sarebbe bisogno di una sinistra plurale, ampia e unita e a maggior ragione occorre rafforzare il Pd che è un pilastro della sinistra nel Paese e in Europa: non condivido la scelta di uscire».

Perché lei ha deciso di appoggiare Orlando per la segreteria? «Ho sostenuto più volte la necessità, per i motivi appena detti, di una conferenza programmatica e il primo elemento della mia decisione è che anche Orlando lo sostiene. Lui poi chiede di cambiare lo statuto, separando il ruolo di segretario da quello di premier e sono d’accordo; un anno fa avrei detto di no ma adesso ci saranno governi di coalizione, non più di partito. Inoltre Renzi ha trascurato il partito, circoli e tesseramenti. Infine mi convince Orlando perché parla di confronti e dialogo a sinistra, non si rassegna alla scissione».

Orlando ricompone l’anima degli ex Ds. Ma non è che ritrovate l’anima e perdete l’unico leader che avete oggi? «Non è così. Dire che Orlando è sostenuto da ex Ds non solo non è vero ma fotografa uno dei mali più gravi del Pd: nei gruppi dirigenti si è continuato a ragionare in termini di ex appartenenze, ma i nostri iscritti sono molto più avanti. Sui 40.000 tesserati toscani, saranno mille quelli che ancora ragionano prima in termini di “ex” e poi sul merito dei problemi».

La sinistra è sempre più divisa. State consegnando il paese a Grillo. «Occorre costruire ponti, non buttarli giù. La divisione è un male, amplifica il rischio di populismi o ambigui autoritarismi come nel caso di Grillo, che sono un problema per il Paese. Il congresso deve servire a questo, a costruire».

Il congresso del Pd rischia di essere però un congresso su una inchiesta, quella sul Consip: è inevitabile? «No. La questione deve essere tenuta al di fuori del congresso. Nella reciproca autonomia la politica non deve essere subalterna alla magistratura, nè la magistratura deve essere condizionata dalla politica. Ci sono momenti, ad esempio per una condanna per corruzione, nei quali le dimissioni sono d’obbligo, altri dove tale richiesta è strumentale. La questione deve stare fuori dal congresso anche per evitare il classico autolesionismo della sinistra che ogni volta accusa il gruppo del segretario di clientelismo: si è parlato del gruppo dei dalemiani, del gruppo romano di Veltroni, del “tortellino” per Bersani, del giglio magico per Renzi… Io non ci sto».

A proposito di autolesionismo a sinistra, Gotor, di Mpd, ha ricordato che Renzi chiese al ministro Cancellieri di lasciare, ci sono state le dimissioni del ministro Lupi… «E quelle della ministra Idem nel governo Letta… Un fatto assolutamente eccessivo. Questo è ciò che accade se cediamo al populismo; e due errori non fanno mai una cosa giusta».

Che idea si è fatto dell’inchiesta? «Nessuna, e forse neppure i magistrati: siamo appena all’inizio. Di certo dal punto di vista mediatico si è alzato un polverone, si “spara” sul Pd, si cerca diu far passare il messaggio “sono tutti uguali” e far guadagnare chi alimenta il voto di protesta: è inacettabile. Servono al contrario la legge sulla democrazia dei partiti, che non a caso M5s non vuole, quella sulla trasparenza delle fondazioni politiche e per impedire ogni commistione tra politica ed affari»

Come giudica la mozione di sfiducia di M5S al ministro Luca Lotti, il loro garantismo a giorni e schieramenti alterni?
«È il massimo della strumentalizzazione. Lotti è già andato dal magistrato, l’inchiesta è appena iniziata, non ci sono fatti nuovi. Il Movimento di Grillo è maestro in queste strumentalizzazioni, nella violenza verso le persone che nasconde la carenza di idee, anche perché pensa di incassare il voto di protesta. Noi siamo sempre stati contro le leggi ad personam di Berlusconi e lo siamo contro gli statuti ad personam di Grillo, che “squalifica” il sindaco di Parma Federico Pizzarotti ed esalta quello di Livorno Filippo Nogarin».

Torniamo al Pd. Sarà possibile ricucire lo strappo con Mdp, magari dopo il congresso?
«Credo che una parte di loro avesse già deciso, ma Matteo Renzi ha sbagliato a non tentare fino in fondo di unire, a non mostrare questa volontà. Magari non cambiava nulla, ma doveva provarci. Detto ciò ci deve essere un rapporto con Mpd, un rapporto che certo dipende anche da loro, dagli obiettivi comuni, dalle questioni di merito, dal sostegno al governo Gentiloni: quando sento la capogruppo di Mpd al Senato, Maria Cecilia Guerra, sono fiducioso, quando sento il senatore Gotor meno…».

Come giudica i tre anni di governo Renzi e la sua leadership nel partito? Le riforme potranno ripartire?
«Come segretario ha trascurato il partito, non ha la passione per seguirlo. Come premier è oggettivo che ha dato dinamismo, ha messo impegno, riportato al suo ruolo l’Italia in Europa. E le riforme sono necessarie. Gentiloni ha davanti un anno di governo, la legislatura andrà a scadenza naturale e si possono fare una buona legge elettorale non proporzionale per evitare un rischio Weimar, e introdurre la sfiducia costruttiva al governo».

Perché secondo lei Rossi non ha corso per la segreteria, come si preparava a fare da un anno, ma ha scelto di uscire?
«Onestamente non lo so, ma è stato un grave errore politico. Serve al contrario il massimo di unità in Italia ed in Europa, Mdp non avrà neppure uno sbocco nel socialismo europeo, e mi auguro un suo e loro ripensamento».

Il Pd adesso rischia di più nella amministrative in Toscana?
«La scissione complica una battaglia non facile. Rossi è l’unico presidente di Regione uscito dal partito che lo ha eletto e lui, il centro sinistra e il Pd devono lavorare insieme, dare un apporto positivo per il non scontato successo nel 2020. E da qui al 2020 si deve intervenire sul peggioramento della sanità ed invertire la rotta sulla Costa, che è in forte crisi».