A pochi giorni dal suo insediamento, il presidente degli Usa Donald Trump ha rilasciato dichiarazioni che mi appaiono non solo discutibili, ma rischiose per gli equilibri internazionali. Si preannuncia una presidenza spigolosa, che non si propone di governare la globalizzazione, bensì di affermare in modo unilaterale l’interesse degli Stati Uniti, in una riedizione, illusoria e pericolosa, del protezionismo.
Gli stessi rapporti con la Russia sembrano orientarsi non in un pieno recupero di cooperazione e distensione, ma in una suddivisione di “area di influenza”: in questo quadro l’Unione Europea è di ostacolo, vista al massimo come partner subalterno.
Trump ha affermato che la Germania avrebbe “commesso un errore catastrofico scegliendo di accogliere tutti i rifugiati, tutti i clandestini”. Trump – ed è grave – non distingue tra migranti economici e rifugiati, che hanno diritto all’asilo.
Ha aggiunto che “Brexit sarà un successo, altri paesi abbandoneranno l’Unione Europea”. Cambiando in modo esplicito linea rispetto alle amministrazioni repubblicane e democratiche, sembra auspicare la disgregazione dell’Unione. Annuncia addirittura limitazioni per gli europei che intendono viaggiare negli Stati Uniti.
I paesi europei, se vogliono essere tra i protagonisti del XXI secolo, devono contare su loro stessi e rendere l’Unione una vera democrazia sovranazionale. Le istituzioni europee devono essere responsabili di politica estera, sicurezza, clima, macro-economia, migranti. Non basta dirlo: va fatto. Il tempo delle deleghe è finito.
Gli Usa restano per noi un partner politico ed economico privilegiato, ma dobbiamo camminare sulle nostre gambe. Gli Usa mettono al centro la competizione con la Cina: noi dobbiamo saper decidere sul nostro futuro. Mentre i Paesi europei litigano e indeboliscono solidarietà e valori che li uniscono, il mondo corre. Immigrazione, Mediterraneo, pace in Medio Oriente, lotta al terrorismo internazionale, nuove politiche economiche ambientalmente e socialmente sostenibili sono i temi dell’agenda 2020-2030. Può affrontarli l’Unione Europea, se supera per le sue decisioni il metodo intergovernativo, non i singoli Stati, nani economici, politici e militari.
Trump, in modo brutale, ce lo ricorda. A noi la scelta.