Il terremoto ha colpito di nuovo e in modo duro l’Italia. Più di metà del nostro Paese ha tremato domenica mattina. Tanti centri, tra Umbria, Marche e Lazio, hanno visto sbriciolarsi case, cadere monumenti storici, religiosi e civili, che fondano una identità collettiva. La nuova terribile scossa di domenica scorsa, che fa seguito a quella dello scorso 24 agosto e al sommarsi di migliaia di altre scosse ora dopo ora, ha ulteriormente aggravato il quadro dei danni, moltiplicato il numero degli sfollati. Per fortuna in questa circostanza nessuno ha perso la vita. È un risultato importante, dovuto anche alla qualità, efficienza, abnegazione della nostra Protezione civile.
La risposta che possiamo dare guardando al nostro futuro è un grande impegno collettivo, che veda uniti istituzioni e cittadini.
Sull’emergenza il governo e le istituzioni regionali e locali stanno facendo un grande e positivo sforzo da sostenere. Voglio ribadire una proposta già avanzata in passato: mettiamo in campo un piano pluriennale che nasca da un accordo tra governo e Regioni, della durata di un paio di legislature, quali che siano le maggioranze politiche. Gli obiettivi devono essere il consolidamento antisismico degli immobili pubblici e privati, il loro adeguamento al risparmio energetico, la messa in sicurezza del territorio, martoriato dal dissesto idrogeologico. Tutta l’Italia deve vivere una nuova stagione di sicurezza, entro i limiti stabiliti dalle tecniche a disposizione dell’uomo. Il piano deve prevedere una prima rigorosa ricognizione regione per regione, stanziamenti precisi e tempi certi di realizzazione dei lavori. Tutto entro parametri di legalità e trasparenza.
Servono risorse economiche consistenti. Nel bilancio pubblico, pianificando questo lavoro nell’arco di alcuni anni, è possibile reperirne una parte. Del resto il rischio è di spenderne di più per far fronte a distruzioni anziché per prevenirle. La questione preliminare è però quella che queste risorse siano al di fuori dei vincoli del Patto di stabilità e crescita dell’Unione Europea. La sicurezza dei cittadini, un futuro degno, uno sviluppo basato sull’ecologia e sui diritti della persona, rappresentano il cardine, non un aspetto marginale della democrazia sovranazionale europea. Su questi aspetti dobbiamo concentrarci, governi e parlamenti, se vogliamo che la politica torni ad essere credibile.