Sabato “Il Dubbio” ha titolato così: “La bozza Chiti piace a tutti, ma forse è incostituzionale”. Il senatore Chiti ci ha scritto per dissentire. Pubblichiamo la sua lettera e una nostra risposta.

Caro Sansonetti,

è del tutto legittimo, ovviamente, concordare o dissentire da una proposta sia di riforma costituzionale che di legge elettorale. Non mi pare però che sia oggettivamente possibile sollevare anche soltanto dubbi di costituzionalità sul disegno di legge elettorale per i nuovi consiglieri regionali-senatori sottoscritta, insieme a me, da Fornaro e da oltre 20 componenti del gruppo Pd al Senato. Siamo tutti d’accordo sul fatto che sarebbe stato preferibile inserire, nel progetto di riforma costituzionale, la norma relativa all’elettività al comma 2 dell’articolo 2: la presidenza del Senato non l’ha consentilo, cosicché è stato possibile inserirla al comma 5. L’interpretazione tuttavia non si presta ari alcun dubbio o equivoco: al comma 5 è detto che i nuovi senatori/consiglieri regionali dovranno essere eletti “in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi”, secondo le modalità stabilite da una legge ordinaria. È evidente che i cittadini per scegliere dovranno esprimere un loro voto sui candidati: la discussione allora non verte né sulla necessità di una legge né sul suo carattere di proporzionalità, ma casomai sull’eterna discussione tra collegi uninominali e preferenze. Noi abbiamo scelto i collegi, ma in ogni caso è fuor di discussione che i cittadini scelgono direttamente i propri rappresentanti in Senato e che i Consigli regionali dovranno limitarsi ad una pura funzione di ratifica. Del resto non si tratta di qualcosa di inedito: nel 1995 avvenne esattamente così in occasione dell’elezione dei presidenti delle Regioni. Ho più volte detto che non si tratta di sottoporre a verifica il tasso di maggiore o minore democraticità delle elezioni comunali, regionali o nazionali: il problema è quello che, con leggi regionali che hanno tutte alti premi di maggioranza, non vi sarebbe stata automaticità nella scelta dei consiglieri senatori, ma inevitabili trattative tra maggioranza e opposizioni, nella maggioranza e nelle opposizioni, con esiti diversi da Regione a Regione. In conclusione domani, se il referendum approverà la riforma costituzionale, i cittadini continueranno come prima a eleggere i propri senatori: unica differenza sarà che i candidati al Senato dovranno esserlo anche per i rispettivi consigli regionali.

VANNINO CHITI

A me pare di sì

Caro Chiti,

io apprezzo moltissimo il vostro tentativo di svelenire una campagna elettorale che sta assumendo toni da crociata. Anche perché mi pare che questa crociata mascheri, in realtà, una povertà di argomenti e di vera passione politica. È certamente cosa ottima e lodevole cercare di riportare la discussione alla questione vera (che non è né l’alternativa tra democrazia o dittatura, come sostengono quelli del No, né tra futuro radioso e medioevo, come sostengono quelli del Si) e cioè il meccanismo della democrazia parlamentare e il sistema elettorale che lo determina. Tuttavia le parole sono parole e in genere hanno un solo significato. Trascrivo allora il secondo paragrafo del nuovo articolo 57 della Costituzione (quello che approveremo con un Sì o bocceremo con un No, al referendum di dicembre): «I Consigli regionali eleggono, con metodo proporzionale, i senatori tra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno, tra i sindaci dei Comuni dei rispettivi territori». Mi pare indiscutibile il significato: il potere di eleggere i senatori (e non di ratificare le scelte fatte in altra sede) spetta ai consigli regionali e solo ai consigli regionali. A me la questione sembra chiusa qui. Se poi nell’articolo 57 è contenuto anche un altro paragrafo, successivo (il quinto paragrafo), che parla di scelta “in conformità con le indicazioni degli elettori”, le possibilità sono due: o questa precisazione si riferisce alla ripartizione dei seggi tra i partiti che si sono presentati alle elezioni regionali, e allora il secondo comma resta valido e chiaro. Oppure che – come voi dite – si riferisce alla possibilità che gli elettori scelgano il nome dei senatori e poi i consigli regionali debbano solo ratificare: in questo caso i due paragrafi dell’articolo 57 sono in contrasto clamoroso tra loro. E allora – potrei azzardare – la nuova Costituzione è incostituzionale… Caro Chiti, tu scrivi che sarebbe stato meglio modificare il secondo paragrafo, ma che non è stato possibile e così si è deciso di modificare il quinto paragrafo. Praticamente, se capisco bene, la scelta è stata quella di una voluta e premeditata ambiguità e confusione nel testo costituzionale. Non mi pare che sia una buona cosa. Né che aiuti a ridurre il baratro che oggi separa opinione pubblica e mondo politico. Sono quasi sicuro che sei d’accordo con me, su questo.

PIERO SANSONETTI