• Lettera pubblicata su Quotidiano Avvenire in data 4 Dicembre 2015

00220068Caro direttore,
inizio da una considerazione: è urgente realizzare una legge sulle unioni civili. Hanno richiamato questa esigenza Corte Costituzionale, Corte di Cassazione, Corte europea dei diritti umani. A mio parere fu un errore non aver approvato otto anni fa una legge equilibrata come i Dico, elaborata, durante il Governo Prodi, da Rosy Bindi e Barbara Pollastrini. Ormai il tempo è diverso e dobbiamo prenderne atto. Lo è anche per la Chiesa di Papa Francesco. Già molti anni fa, di fronte al divorzio, Aldo Moro aveva intuito che era venuto un tempo che chiedeva, ai cristiani e alla Chiesa, di dare priorità alla formazione nella società di comportamenti coerenti con i propri valori, piuttosto che affidarsi agli Stati, tenuti a garantire il pluralismo di fedi e culture. Lo è per le forze politiche, che devono evitate pregiudiziali che non consentono di ascoltarsi, ostruzionismi incapaci di proposte, strappi velleitari. Non servono toni assoluti, se si vogliono trovare soluzioni giuste. Le unioni civili non rientrano in accordi di governo: ciò non può attenuare lo sforzo per soluzioni condivise nella maggioranza. Ampliare le convergenze è utile: giocare con le sostituzioni sarebbe leggerezza. Ci sono aspetti della legge che uniscono un vasto arco di forze: penso che sia giusto garantire i diritti delle coppie di fatto, sia eterosessuali che omosessuali; le norme giuridiche per assicurare il rispetto di quei diritti devono essere diverse dal matrimonio, così come previsto nell’articolo 29 della Costituzione. La Costituzione non può essere chiamata in causa a seconda che piaccia o meno. Considerare l’insieme delle famiglie, come oggi sono presenti nella società, non significa non sottolineare l’importanza primaria del nucleo familiare tradizionale, in cui vive la maggior parte dei cittadini e non dotarlo dei sostegni indispensabili. Il tema più difficile riguarda l’adozione del figlio, già esistente, di un convivente delle coppie gay. Qui si scontrano tradizioni e sentimenti, aspirazioni e preoccupazioni di abusi, assicurati magari da disponibilità di denaro. Occorre riconoscere che non sono state ancora individuate norme che mettano un desiderio al riparo da questo rischio. Sarebbe stato meglio, come in Germania nel 2001, approvare prima una legge sulle unioni civili e successivamente, dopo una fase di confronto nella società, valutare come affrontare la questione dell’adozione dei figli. Oppure inserire questa problematica nella revisione complessiva delle adozioni, all’attenzione anch’essa del Parlamento. Temo sia tardi per scelte più sagge ma ormai travolte dal corso della politica.
Di fronte a noi, stanno realisticamente due vie: trovare una convergenza, a partire dalla maggioranza di governo, sullo strumento giuridico dell’affido – come in Germania – rendendolo continuativo e prevedendo, a 18 anni, il diritto del ragazzo o della ragazza a decidere per l’adozione. In caso contrario, se prevarrà la scelta dello scontro ideologico, la strada sarà quella dei voti segreti e della libertà di coscienza. Preferirei un confronto trasparente e chiare assunzioni di responsabilità. Per riuscirci bisogna ampliare la prospettiva dei nostri punti di vista: non mettere in contrapposizione adulti che compongono una coppia di fatto e bambini, ma riuscire a farsi carico dei bisogni, diritti, doveri e aspirazioni, degli uni e degli altri, dando priorità ai più deboli. Non limitarci a tenere presente il solo Parlamento, le tattiche e i numeri per varare una legge. Quella sulle unioni civili sarà quasi certamente sottoposta a referendum: è legittimo, anche se in questo caso si rivela l’importanza che avrebbe disporre non solo di quello abrogativo, ma di quello di indirizzo. La politica tuttavia dovrebbe operare perché la consultazione dei cittadini si fondi su un confronto di merito, capace di far crescere l’intera società, non su scontri laceranti che lasciano dietro di sé divisioni e spesso macerie.

Vannino Chiti
Presidente della Commissione
Politiche dell’Unione Europea del Senato