chiti1CHITI (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CHITI (PD). Signor Presidente, vorrei dire subito una parola di rammarico. Abbiamo purtroppo avuto oggi una nuova prova della civiltà politica con cui si affrontano i nostri dibattiti. Andando avanti con le offese, è difficile poi ritenere che ci sia la possibilità di un confronto nel merito. Vorrei dire anche – non è retorica – che mi dispiace per l’immagine che abbiamo dato a quei bambini che assistevano alla nostra seduta. Vorrei dire subito una cosa al collega De Cristofaro, che ha fatto un intervento chiedendosi perché non c’è stato un confronto di merito. Ti chiedo una cosa, da compagno a compagno. Non ci vergogniamo di questo e potete stare zitti.
CHITI (PD). Se SEL ha dato una qualche differenziazione che si sia fatta in questo dibattito apprezzare, per diversificare il confronto rispetto ad un rassemblement delle opposizioni in cui non mi sembra che siate stati egemoni sui contenuti. E poi ci verrò un momento dopo, perché, vedi, io sono tra quelli che ritengono che il centrosinistra sia ancora una coalizione plurale, però poi è fatta di comportamenti e di coerenze, contano i toni e contano le dislocazioni, non contano soltanto i pronunciamenti e le dichiarazioni di principio.
La collega Doris Lo Moro e poi la signora Ministro hanno chiarito gli aspetti che sono dentro questo articolo e l’emendamento sulle norme di attuazione della legge che stiamo aggiungendo al termine del suo esame. Stamattina ho ascoltato un’altra valutazione dal Presidente del Senato (non so se interpretiamo in modo diverso le stesse parole). Io ho ascoltato dal Presidente del Senato questa valutazione: l’emendamento, al di là della collocazione e degli aspetti lessicali, dà un’interpretazione precisa e un criterio vincolante per attuare le norme innovative introdotte in particolare al comma 5 dell’articolo 2. Il Ministro l’ha confermato, su richiesta della collega Lo Moro. Allora mi chiedo questo: essendoci anche un’assunzione esplicita di responsabilità politica del Gruppo del Partito Democratico e del Governo, della maggioranza e del Governo, essendoci un’assunzione di responsabilità politica che ci prendiamo qui e di fronte al Paese, questa responsabilità politica vale, è una sfida anche per voi oppure vi nascondete dietro ai cavilli?
Quando ci sono aspetti che si ritengono giusti in una Costituzione e c’è il dubbio se si potevano formulare meglio, se potevano essere più precisi, se si potevano collocare in un altro comma, non si nega che ci siano, ma si rafforza l’interpretazione che siano presenti. Così invece non è stato. Io non ho capito sinceramente dove stanno andando e dove sono andate in questo confronto le opposizioni. Da una parte, per alcuni giorni si è detto: voi non le attuerete mai, non attuerete mai queste disposizioni – nel 2030 o non so quando – perché c’è scritto entro sei mesi dalle elezioni. Poi, quando si è scritto che questo Parlamento, in questa legislatura, dovrà attuare la legge quadro nazionale elettorale e che le Regioni dovranno adempiere, si dice che così non va bene. Infatti all’inizio avete chiesto ed avete votato la soppressione di questo emendamento e di questo articolo. Se questo è un modo per affrontare il referendum, vi ringraziamo, perché certo non so cosa capiranno i cittadini, ma penso che capiranno che non si sa cosa vogliono le opposizioni su questa riforma. Avanti e indietro: è la strategia del gambero, più che essere una strategia politica. Quando un collega senatore – mi sembra che fosse Calderoli – attribuendola al senatore Quagliariello, che in realtà poneva una questione sulla chiusura dell’elezione del Presidente della Repubblica, ha detto che non ci sono norme e clausole di chiusura, mi chiedo: ma quali sono le clausole di chiusura per mantenere un adempimento scritto in Costituzione? Lo scioglimento del Parlamento? Se non si adempie si scioglie il Parlamento, così non si adempie? Ma ci si rende conto di cosa si dice? Qual era la norma nella Costituzione del 1948? Avete voi richiamato il fatto che sono serviti vent’anni per dare attuazione all’ordinamento regionale. Che cosa facevano coloro che volevano le Regioni? Dicevano di abolire quell’articolo o si battevano nel Parlamento e nel Paese perché venisse attuata la prescrizione costituzionale? Con noi non avrete ragione di battervi, perché adempiremo al dettato costituzionale. Ci impegniamo ad adempierlo. Mi stupisce vedere questo atteggiamento soprattutto negli esponenti della Lega Nord e nel collega Calderoli, con cui ormai ci conosciamo da una vita. La Lega Nord ricopre la presidenza di due grandi Regioni italiane. Si può dire davvero – nel caso, facciamolo dire ad altri – che i consiglieri regionali o comunali siano una casta di gente venduta che, in assenza di una legge, appena viene qui tradisce la Costituzione? Ma si sta scherzando davvero? Assumo come convinzione l’onorabilità degli amministratori locali e regionali. Bisogna farla finita perché noi siamo stati sempre tra coloro che quando c’era una macchia non l’abbiamo coperta. Tuttavia, se c’è una macchia c’è tra alcuni consiglieri regionali o assessori non si può dire che essa appartenga a tutti gli amministratori locali e regionali. Se così fosse, anche tutto il Parlamento sarebbe coinvolto in scelte negative che invece non ci coinvolgono. Chi pensa che si possa ricostruire la fiducia tra i cittadini facendo funzionare a compartimenti stagni la vita democratica e istituzionale: salvo un gruppo e non gli altri – bella democrazia! – salvo il Parlamento e non i Consigli regionali o le amministrazioni locali. Ma così si va poco lontano, non è in questo modo che si affrontano i problemi del Paese e la ricostruzione di un rapporto di fiducia. La norma contenuta nell’articolo in esame è un passo in avanti concreto che il Partito Democratico vota con convinzione.
Abbiamo parlato di compromesso – sì, di compromesso – che è una parola nobile. In che cosa consiste questo compromesso? Nel fatto che i futuri senatori saranno un sindaco per Regione e i consiglieri regionali, scelti direttamente dai cittadini. Vi dispiace tanto? Sarà così, è scritto in Costituzione e lo metteremo in legge. L’ha detto il Ministro, l’ha detto il Gruppo del Partito Democratico… Noi daremo attuazione a ciò e questa è la nostra sfida. Guardate che la vostra sfida – mi dispiace dirvelo – è più difficile perché voi dovrete sfidare i cittadini a dire che in Costituzione c’è scritta un’altra cosa e poi dovrete sfidarli a dire che non eleggeranno i senatori. Ma siccome li eleggeranno, quale prezzo di credibilità pagherete? È questo che dovete valutare. Noi ci assumiamo le nostre responsabilità qui in Parlamento e di fronte al Paese. Fate però attenzione: la norma è scritta e prevede che i cittadini votino e che i Consigli regionali prendono atto. Se si dice che quella è una falsità e una truffa mentre non lo è, si è passibili dei reati di truffa e falsità e si perde credibilità. Attenzione, questa è la nostra sfida e diamo a voi il compito di gestire l’altra. Con questa riforma superiamo il bicameralismo paritario – ciò è un dovere per chi vuole difendere e rinnovare il ruolo del Parlamento nella democrazia di oggi – e lo si sarebbe anzi dovuto già fare. Superare il bicameralismo paritario vuol dire che ci sarà una sola Camera che darà la fiducia al Governo e che avrà l’ultima parola sulle leggi che non sono bicamerali. Questo è il superamento del bicameralismo su cui noi ci ritroviamo non a parole, ma con i fatti. Abbiamo determinato anche l’esito che il bicameralismo paritario si superi conservando in capo ai cittadini il diritto di scegliere i propri rappresentanti anche nel Senato. Senatore Calderoli, oggi mi rivolgo spesso a lei, ma credo si possa fare. Lei parla di piatto di lenticchie. Stamane ha detto «piatto di lenticchie» e può controllare il Resoconto stenografico. Non in privato – perché i colloqui privati sono un fatto personale, che non ho mai tirato in ballo e mai lo farò, perché sono legittime le posizioni e le valutazioni diverse – ma in seminari organizzati in modo pubblico, aveva proposto una soluzione, che vedeva i sindaci eletti dai Consigli regionali, e i consiglieri regionali eletti in Senato, esattamente come noi facciamo. Noi vorremmo fare qualcosa di più e vorremmo che anche i senatori fossero indicati in un altro modo. Almeno da questo punto di vista, penso che non siano lenticchie, ma qualcosa di positivo, di cui ci si possa assumere, con dignità, la responsabilità. Non torno perché voglio concludere, sul fatto che oltre a questo aspetto, nella riforma ci sono elementi importanti, che riguardano le competenze e le funzioni del Senato, in materia di rapporti con l’Unione europea, con il sistema delle Regioni e delle autonomie, di controllo delle politiche pubbliche, e l’elezione di due giudici della Corte costituzionale e poi c’è anche la questione del Presidente della Repubblica. Il confronto interno al Partito Democratico è legittimo. Per noi è un dovere, ma voi pensate davvero che una maggioranza di Governo e un Paese vadano avanti se il partito più grande, oltre a confrontarsi, non trova momenti di unità? Lo si può vedere qui, in questo dibattito: pensate che se il Partito Democratico, invece di essere unito, fosse diviso e lacerato, ne verrebbe qualcosa di meglio per il nostro Paese? Non dico a noi, ma al nostro Paese e all’Italia in Europa. Noi sentiamo una responsabilità verso il sistema politico, ma non si possono far passare le conclusioni a cui siamo arrivati, di cui la presidente Finocchiaro si diceva giustamente orgogliosa per l’unità ritrovata, come un’imposizione alla maggioranza. Anche in questo caso parlano i testi. Un anno fa, fui critico con degli esponenti del Nuovo centrodestra e, in parte, in un’altra fase, anche delle Autonomie e di Azione popolare, quindi nei confronti di esponenti della maggioranza di Governo, perché si erano autolimitati, rispetto a convinzioni su cui oggi ci troviamo uniti e che erano state anche loro. Non so quindi dove stia la forzatura: mi pare che qui ci sia la maggioranza che si è trovata realmente d’accordo. Credo che questo sia un fatto positivo: più positivo sarebbe stato un confronto più aperto anche con gli altri, ma di questo ho già detto. Concludo con una considerazione: chi lo scorso anno non aveva votato la riforma, come avevo fatto io, può dirci legittimamente che ciò che abbiamo fatto e i progressi che consideriamo fondamentali, sono in realtà insufficienti: lo può dire, ha un fondamento di legittimità. Io non credo sia così, ma lo può dire. Naturalmente, come ho detto prima, dovrebbe fare in modo, se i progressi sono insufficienti, di spingere sull’acceleratore e non sul freno, oppure una volta sul freno e un’altra sull’acceleratore, perché così deragliano i treni e anche le macchine. Meno comprendo quanti lo scorso anno hanno invece votato a favore. Lei, senatore D’Alì, non votò a favore, ma è in un Gruppo politico, quello di Forza Italia. Lei oggi, anche in un modo un po’ esagerato, ha voluto sanzionare la collega Lo Moro e poi, in questi giorni, ha sanzionato un po’ tutti. Non ci ha spiegato però, ce lo possono spiegare i senatori Malan e Gasparri, perché un anno fa avete votato la riforma e oggi non la voterete? Ce lo spiegate, per favore? Spiegatecelo in dichiarazione di voto. Dove stanno i passi indietro? Il senatore Malan dice che il ruolo dei cittadini è incerto, ma voi, nel testo votato in prima lettura non lo avevate previsto. Avete votato il testo quando questo ruolo non c’era e ora criticate perché c’è, ma non è sufficiente e quindi, siccome prima non c’era per niente, si preferisce che non ci sa per niente. Ma che logica politica è questa?
Cosa dire poi della norma sull’elezione del Presidente della Repubblica? Voi avevate accettato un’impostazione. Intendiamoci, avrei auspicato che sull’elezione del Presidente della Repubblica ci fosse stato un allargamento ampio della platea e una norma di chiusura: in questo penso di essere assai vicino al senatore Quagliariello. In ogni caso oggi c’è una norma sull’elezione del Presidente della Repubblica, che dà spazio vincolante al fatto che chi vince le elezioni non faccia come vuole. Ma voi, lo scorso anno, avete accettato che si potesse eleggere il Presidente della Repubblica con 366 voti, considerando che vince le elezioni, alla Camera ne può avere 370. Allora, ci volete spiegare, oltre a darci lezioni, qual è la vostra logica politica? Cos’è cambiato e perché voi, oggi, non votate? Per che cosa, perché c’è stato un Presidente della Repubblica eletto in modo diverso? Ma qui non si discute del Presidente della Repubblica, si discute del merito della Costituzione. Allora, questa è la questione. In conclusione, passi avanti seri su aspetti di fondo sono stati fatti, ne siamo convinti e ce ne assumiamo la responsabilità, che starà non solo nel votare come PD per quest’articolo, il quale contiene quest’emendamento importante, come ho cercato di spiegare, ma anche per quanto riguarda il disegno di legge sulla riforma.