migranti_Grecia_afpI nostri cuori e le nostre menti in queste ore sono prese da dolore e sconcerto. L’emergenza dei migranti lungo i confini dell’Europa assume sempre più i connotati della tragedia epocale. Le immagini atroci del piccolo Aylan, un bimbo siriano di tre anni che giace senza vita in riva al mare turco, e quella dei numeri marchiati sulle braccia di uomini, donne e bambini nella Repubblica ceca sono una sintesi tremendamente efficace di quanto sta avvenendo: la disperazione, la carestia, le guerre stanno portando tante persone a cercare la salvezza nel nostro continente. Ci stiamo abituando ai morti annegati in mare! Un barcone che affonda con dentro centinaia di persone è una notizia come tante altre.
Basta! Mai più!
Per troppo tempo tutta l’Europa ha fatto finta di non vedere. Sembra essersi svegliata adesso che rischiamo di essere travolti, non dal numero di persone che arrivano, che è pienamente gestibile da 28 paesi uniti nella cooperazione e nella solidarietà, ma dalla disumanità a cui stiamo assistendo.
Finalmente notiamo una maggiore consapevolezza da parte della Germania e di altri paesi europei alla luce dei recenti arrivi dall’area dei Balcani.
Nel dibattito politico alle diverse opinioni e analisi si aggiungono ignobili speculazioni propagandistiche che segnano lo spessore di chi le pronuncia.
Ritengo indispensabile tenere fermi due punti essenziali.
L’accoglienza è un dovere da parte di chi rivendica di far parte di una civiltà evoluta: chi ha diritto all’asilo politico deve trovare posto in Europa.
La stessa immigrazione – che è da affrontare in modo diverso – ha bisogno di politiche europee.
L’Unione Europea è in primo luogo chiamata a dar prova di sé, a dotarsi di un’unica politica estera e di cooperazione, a costruire intese reciprocamente convenienti per lo sviluppo, a saper varare progetti quali quelli, come il Piano Marshall, che misero in campo, dopo il secondo conflitto mondiale, gli Stati Uniti nei confronti dell’Europa Occidentale.
Il ruolo dell’Unione Europea nel mondo parte da qui, davanti a noi abbiamo due strade possibili: una leadership per la diffusione della pace e del benessere; un futuro di progressiva irrilevanza e disfacimento politico e sociale.
Mi auguro che al vertice europeo del 14 settembre si assumano politiche all’altezza delle responsabilità dell’Ue.